«Lungo il sentiero ripido e pietroso ho incontrato una bambina che saliva lentamente, portando sulla schiena il fratellino. Mi sono fermato e le ho detto: Stai portando un pesante fardello! Lei mi ha risposto: Non è un fardello; è mio fratello».
Questa testimonianza mostra come ciò che si fa per la propria famiglia trasforma un sacrificio in un gesto d’amore. Questo stile di vita ce l’ha dimostrato Gesù, che ha detto: “Io sono in mezzo a voi come colui che serve”.
Infatti la famiglia è una necessaria combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri, sempre nel cammino dell’amicizia, che spinge gli sposi a prendersi cura gli uni degli altri.
In realtà spesso corriamo il rischio di farci travolgere dalla frenesia e dalla superficialità, come ci ricorda David Weatheford in una sua poesia:
“Percorri ogni giorno in volo? Quante volte chiedi: “Come stai?”, e ascolti la risposta? Quando alle sera ti stendi sul letto, quante questioni ti passano ancora per la testa? Hai mai detto a tuo figlio: “Lo faremo domani”, senza notare il suo dispiacere? Hai mai perso il contatto con una buona amicizia, che poi è finita, perchè non hai avuto il tempo di chiamare e di dire: “Ciao”? Faresti meglio a rallentare. Non danzare così veloce. Il tempo è breve. La musica non durerà”.
Educare alla pace in famiglia significa vivere gesti di solidarietà, di riconciliazione, di prossimità e di servizio. Occorre insegnare parole di bontà, perdono, comprensione, stima, fiducia e benevolenza.
Educare alla speranza significa che è sbagliato arrendersi di fronte alle difficoltà; occorre saper vedere le sfide quotidiane come opportunità per crescere meglio insieme. Proprio l’affetto per i propri cari aguzza l’ingegno, perché si possa sperimentare anche in alcune situazioni complicate.
“La direttrice di una scuola elementare, durante una riunione con i genitori, ricordò loro come fosse importante che dedicassero molto tempo per parlare con i figli.
Un papà intervenne dicendo che lui aveva questa opportunità solo alla domenica. Infatti gli altri giorni usciva di casa all’alba, mentre il figlio dormiva ancora; alla sera rientrava dal lavoro molto tardi, quando il figlio era già addormentato. Però ogni notte andava accanto al letto del bambino e lo baciava sulla fronte; poi faceva un nodo alla punta del lenzuolo. Quando al mattino il figlio si svegliava e trovava il nodo, capiva che suo padre era venuto a baciarlo. Quel nodo manteneva viva la comunicazione tra loro due!”
Don Sandro
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