Nel tempo estivo possono moltiplicarsi occasioni di svago e, a volte, di “chiasso” ma anche opportunità di “gustare nel silenzio” la voce di Dio. E’ l’esperienza della preghiera. Offro qualche nota, tratta da un libretto di don G.Forlai, sul ‘silenzio, culla della preghiera’, seguita dal decalogo dell’orante, cioè dell’uomo e della donna che cercano Dio nel silenzio. Buona meditazione.
Don Mauro
Il silenzio non è solo la porta d’ingresso alla preghiera o il clima abituale in cui essa si svolge. Il silenzio è già la preghiera, la lode più gradita al Signore (cfr. Sal 65,2). È l’atteggiamento specifico dell’umile che conosce molto bene la vacuità dei ragionamenti umani e confida solo nella parola di Dio. Il silenzio è l’abito del discepolo, sempre pronto ad ascoltare il Maestro. Dio non ama il chiasso e conduce Israele nel deserto, dove le parole umane non servono, proprio per iniziare un dialogo con lui: «Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui» (Sal 37,7).
Il silenzio, dunque, è la culla della Parola, non il vuoto del significato; è l’inizio della sapienza, mentre l’abbondanza di parole procede sovente da un cuore superficiale. Il tacere è segno di profondità, il molto parlare di stoltezza. Vale la pena rileggere qualche versetto del bellissimo capitolo 6 della Regoladi Benedetto da Norcia:
Quindi, a causa della gravità del silenzio, anche ai migliori discepoli si conceda raramente la facoltà di parlare sia pure di argomenti buoni e santi ed edificanti; perché è scritto: «Nei molti discorsi non eviterai il peccato»; e altrove: «La morte e la vita sono in potere della lingua». Parlare e insegnare appartiene al Maestro, tacere e ascoltare spetta al discepolo.
Ciò posto, è bene ricordare che mettersi calmi, da soli, seduti e in silenzio per amore di Dio è già preghiera… e che preghiera! Se lo facessimo anche solo dieci minuti ogni giorno, la nostra vita sarebbe un tantino diversa. Non bisogna dire nulla, pensare nulla, leggere nulla, fare nulla. Stare lì, congedandosi dal chiacchiericcio mentale, sapendo Dio presente, dicendogli: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta» (cfr. 1Sam 3,10), credendo che egli mi scruta con amore, come guardò il giovane ricco o la Maddalena nel giardino della risurrezione.
Decalogo dell’orante
- La contemplazione è la meta dell’esistenza cristiana: un giorno vedremo Dio faccia a faccia e lo conosceremo come siamo conosciuti. La contemplazione di Dio che godremo nell’eternità è preparata già da oggi dalla preghiera continua.
- La preghiera non è solo un atto, ma un modo di essere che coinvolge lo spirito, la psiche e il corpo. Per pregare con frutto è necessario cambiare stile di vita.
- L’orante tratta il corpo con amore e sobrietà, rispettando prima di tutto il ciclo veglia/sonno: né pigrizia né ore piccole. L’orante è moderato nel mangiare e nel bere, nel vestire e nel possedere. Ha bisogno di poche cose per vivere e ne gode profondamente.
- L’orante dedica tempo al lavoro manuale e alla contemplazione dell’opera di Dio che risplende nella creazione.
- L’orante è una persona mite, che tratta tutti con bontà e misericordia. Non si impone e non è interessato ad aver ragione, ha un’attenzione particolare per i più poveri, dei quali si sente familiare.
- L’orante respinge sia i pensieri viziosi sia quelli belli ma inutili, non anticipa con ansia il futuro, non si preoccupa del domani. Accoglie nel cuore grandi desideri in ordine al regno di Dio, ma senza farsi illusioni.
- L’orante non è interessato alle carriere umane, al dominio, alla competi- zione. Vede nel cuore dei fratelli, piuttosto che i difetti e i peccati, l’opera dello Spirito.
- L’orante coltiva l’attenzione amorosa verso Dio durante tutto il corso della giornata; non va mai di fretta, fa una cosa alla volta, termina ciò che ha iniziato, persevera in poche ed essenziali imprese.
- L’orante attende con gioia la morte corporale come l’apice della ricerca del Padre celeste su questa terra.
- L’orante ama la Chiesa più della sua stessa preghiera.