Senza accorgerci siamo già arrivati alla fine della seconda settimana d’Avvento, questo tempo forte che ci prepara alla festa del Natale, a fare memoria della scelta straordinaria di Dio di incarnarsi in un fragile bambino in una mangiatoia.
Avvento vuol dire attesa, ma per chi –come il sottoscritto- è prete ambrosiano Avvento fa rima con benedizioni, in queste sei settimane siamo chiamati a portare la benedizione del Signore in tutte le famiglie che vorranno accoglierla. Allora ecco che mi viene alla mente il versetto dell’ Apocalisse “sto alla porta e busso” Ap 3,20; le serate spese da un campanello all’altro, da una villetta ad un palazzo, da un sorriso che ti invita ad entrare al silenzio di chi finge di non essere in casa pur di non risponderti. Devo dire grazie, e devo farlo ad alta voce, perché nonostante il freddo, nonostante l’entusiasmo non sempre al top le benedizioni natalizie sono più di una semplice tradizione: sono una testimonianza, sono l’occasione per sentire ancora più forte sulla pelle il dovere di rappresentare il Signore davanti agli uomini.
Attraverso la scelta dell’incarnazione Dio ci ha indicato la Sua volontà di farsi prossimo all’uomo, anzi di farsi uno di noi; Egli ha scelto di venire incontro a ciascuno di noi diminuendo fino all’inverosimile la distanza tra il Creatore e la creatura; non ha aspettato che l’uomo fosse pronto, ha fato Lui il primo passo per darci la forza di compiere gli altri. Ogni sera nel semplice gesto di bussare alla porta che si trova di fronte, la Chiesa rinnova il suo impegno a farsi prossima in maniera indistinta, pronta a rispettare chi rifiuterà la possibilità dell’incontro.
Dietro ogni porta c’è una storia, ci sono gioie e sofferenze, calore o solitudine, fede o indifferenza, il fatto straordinario è l’esigenza impellente del Signore di incontrare ogni singolo uomo, di rendersi presente, senza temere le situazioni più disagiate, i rifiuti carichi di rancore, le scelte che sviliscono la bellezza dell’umano. Le visite di questi giorni diventano un richiamo alla preghiera, un’invocazione alla carità sacerdotale, uno stimolo per impegnarsi sempre più nella sequela di Cristo; per tutto questo bisogna ringraziare, voglio ringraziare… ciascuno di voi, chi ha aperto la sua porta e chi ha rifiutato, chi mi ha offerto un sorriso e chi ha condiviso il dolore che abita la sua esistenza.
don Pietro