La giornata inizia presto, verso le 7.00 sono già in strada ed un silenzio abita il tragitto che porta verso la stazione, poche persone sul binario in attesa del treno ma una luce abita i loro occhi, la luce di chi sa che quella sarà una giornata speciale. La gioia dell’attesa che nasce quando stiamo per vivere un incontro atteso da molto.
Nel vagone ci sono poche persone ma tutte lì per lo stesso motivo, appena arrivati a Milano il rischio di sbagliare strada è nullo, perché la meta è la stessa per tutti. La piazza del Duomo si sta lentamente riempiendo, le persone instradate in maniera calma e ordinata, noi preti avremo l’occasione di gustare delle parole di Francesco prima di quella folla. Certamente il desiderio di quell’incontro è grande per tutti, per le famiglie della piazza così come per i preti e i consacrati, tant’è che le navate della Cattedrale sono piene e le panche vuote si possono contare a vista d’occhio. Dopo un momento di preghiera dei presenti, finalmente ecco comparire sugli schermi la papamobile: chi ha la fortuna di essere nella navata centrale si alza e si accalca vicino alle transenne che delimitano il cammino che conduce all’altare. Quando entra Francesco nella chiesa i volti dei presenti si illuminano come quelli dei bambini che accolgono il papà la sera dopo il lavoro. Un lungo applauso, accompagnato dai continui scatti degli smartphone, riempie lo spazio, finché il Santo Padre raggiunge la sacrestia. Prima di iniziare il dialogo con noi, c’è il tempo dell’adorazione di fronte al Santissimo, minuti di intensa preghiera che paiono ancora più pregnanti in quei pochi istanti in cui Francesco socchiude gli occhi, minuti che precedono ogni saluto, anche il più delicato fra tutti, quello col Card. Dionigi Tettamanzi. Il tempo sembra rallentarsi quando a stringere le mani del Papa sono gli ammalati, come a dimostrare che la carità non ha mai fretta, non può essere chiusa tra gli stretti blocchi di un programma di un’intensa giornata.
Un prete, una suora e un diacono sostengono il dialogo e le risposte del Papa, che ammette di averle preparate prima, ma hanno il sapore delle parole dette col cuore, con totale libertà, con la capacità di correggere tipica di un padre amoroso. Saremo capaci di farne tesoro e lasciarci cambiare? Non c’è tempo per abbozzare una risposta, perché è arrivato il momento dell’angelus con i fedeli presenti in piazza.
Mentre Francesco accoglie le parole dei detenuti di San Vittore e condivide con loro il pranzo; come diversi fiumi che alimentano un lago, serpenti di persone si dirigono verso il punto del parco di Monza dove si svolgerà la celebrazione eucaristica. Non è solo il numero dei presenti a colpire, ma la ricchezza di una massa di persone completamente eterogenea, le famiglie, gli anziani, i gruppi di giovani che di primo acchito sembrano lontani da ogni cosa che potrebbe essere accostato alla parola “chiesa”. È questa la forza di Francesco, riuscire a parlare a tutte le persone, testimone credibile del messaggio che porta, al punto tale da saper muovere e interessare ogni uomo che non si chiuda in se stesso.
Prevedibile la standing ovation e le urla di gioia non appena il Santo Padre entra nell’area e passa attraverso i corridoi che dividono i vari settori salutando tutti col consueto sorriso; successivamente la papamobile si dirige nell’area dietro al palco per permettere al celebrante di indossare i paramenti. Il canto d’ingresso protratto per circa venti minuti inizia a preoccuparmi, che sia successo qualcosa? Ma ecco che l’odore dell’incenso si diffonde per l’aria e, di lì a poco, fa la sua comparsa la lunga processione dei concelebranti. Sono le prime parole del Pontefice a far trasparire una grande stanchezza, quel segno di croce recitato con un filo di voce che permette di intuire il peso di una giornata senza sosta. Fortunatamente, col trascorrere della celebrazione le cose sembrano migliorare e la voce ritorna forte e chiara nel momento dell’omelia, nella quale ci viene ricordato che Dio sceglie di inserirsi nelle nostre sfide quotidiane, che non bisogna approfittarsi del momentaneo smarrimento che può sorgere di fronte al manifestarsi del Suo progetto su di noi, che siamo chiamati a vivere in pienezza la gioia del Vangelo.
Un sole caldo e luminoso accompagna l’intera visita di Francesco, che dopo aver imposto la benedizione a quasi un milione di pellegrini presenti a Monza, si dirige verso lo stadio di San Siro dove 80000 cresimandi accompagnati dai loro catechisti e genitori lo accolgono con un’esplosione di vitalità e colori.
La sera, quando il sole ha abbandonato il cielo, un breve temporale fa compagnia ai pellegrini che stanno rientrando nelle loro case: dopo una giornata così intensa pare che anche il cielo abbia bisogno di lasciarsi andare dopo aver dato il meglio di sé, di scaricarsi con questo acquazzone!
don Pietro