Nella nostra tradizione, oltre che nel calendario, i giorni dei Santi e dei Defunti sono inseparabili: già il 1° novembre si visitano le tombe nei cimiteri e il 2 novembre è dedicato espressamente – nella dizione liturgica ed ecclesiastica – alla Commemorazione di tutti i fedeli defunti.
La vicinanza delle due ricorrenze suggerisce di considerare non separatamente i traguardi di ogni essere umano: c’è una fine di carattere storico, terreno, indicato da una data, che chiamiamo morte; e c’è un punto di arrivo, un fine, più alto e più vero, che la parola eternità descrive solo in modo incompleto e che sarebbe meglio definire santità.
Che in questi giorni si ricordino tutti i santi, senza ulteriori specificazioni, comprendendo tra essi non solo quelli definiti ufficialmente come tali dalla Chiesa perché beatificati o canonizzati, ma anche quelli che papa Francesco chiama santi della porta accanto, tra cui annoverare familiari, amici, conoscenti, libera da una visione retorica e sostanzialmente falsa della santità, per avvicinarla alle vicende di tutti, al modo semplice di essere discepoli di Gesù nella vita quotidiana, alla pratica umile del comandamento dell’amore.
Una santità che è sì frutto di conquista e di disciplina, ma soprattutto è un dono: Dio è vicino e resta vicino a tutti con la Croce di Gesù, anche nel momento doloroso e supremo della morte. E la santità diventa quel rapporto permanente con Dio con la morte non distrugge e che addirittura rende i nostri defunti inseparabili da noi.
don Gianni