“Questa pandemia è giunta all’improvviso e ci ha colto impreparati, lasciando un grande senso di disorientamento e impotenza. La mano tesa verso il povero, tuttavia, non è giunta improvvisa. Essa, piuttosto, offre la testimonianza di come ci si prepara a riconoscere il povero per sostenerlo nel tempo della necessità. Non ci si improvvisa strumenti di misericordia. È necessario un allenamento quotidiano, che parte dalla consapevolezza di quanto noi per primi abbiamo bisogno di una mano tesa verso di noi”: così scrive papa Francesco in questa Giornata dei Poveri.
Quando la nave sembra andare a fondo, sorge la tentazione di dire “Si salvi chi può!” e di pensare a se stessi, invece di tendere una mano al vicino, minacciato nello stesso modo.
La considerazione del disagio economico che angoscia intere categorie di lavoratori, artigiani e imprenditori, non può essere disgiunta dalla ricerca di un’efficace tutela della salute. E d’altra parte comportamenti irresponsabili, dettati dalla legge del divertimento a ogni costo, lasciano intravedere un problema più ampio, la supremazia dell’Io a scapito della solidarietà.
Quando è difficile equilibrare scelte e atteggiamenti, la cartina di tornasole, come sempre, è guardare a chi sta in fondo alla classifica e già nella normalità rischia di restare indietro. Sono i popoli poveri del mondo, ma anche la schiera degli invisibili e degli scartati di casa nostra, che si presenta a chiedere un aiuto. Lo si fa a nome di una comunità credente, purché essa si lasci allenare quotidianamente al senso vero e permanente della carità: “Si salvi chi non può!”.
don Gianni