Ogni anno il 17 gennaio ricorre la Giornata per il dialogo ebraico-cristiano. Certamente un’occasione per esperti e super specialisti, mentre per la gente comune l’enunciazione dice poco.
Un richiamo tuttavia si apre nella vita quotidiana di ogni cristiano: la Bibbia – che noi leggiamo come Parola di Dio – in gran parte è costituita da quello che chiamiamo Antico o Primo Testamento. Nelle Messe spesso la prima lettura proviene da uno dei 46 libri della prima parte della Bibbia: libri storici, testi profetici e sapienziali, poesie e preghiere dei Salmi.
Da sempre questi scritti suscitano perplessità: Dio si compiace della sua creazione – vide che era cosa buona –, ma con ira distrugge l’umanità infedele come nel diluvio o a Sodoma e Gomorra.
Si alternano promesse di alleanza tramite l’annientamento del nemico (l’esercito del Faraone, per es.) e pagine di intensa tenerezza come nel Cantico dei Cantici. I Salmi scavano nel profondo dell’animo di chi vive tutte le esperienze umane: malattie, persecuzioni, tradimenti, ma anche la ricerca di sicurezza in Colui che sempre è pastore e guida in una valle oscura.
Gesù cita spesso l’Antico Testamento per ricordare che in Lui si trovano la pienezza dell’annuncio divino e la definitiva immagine di Dio, capace di misericordia senza condizioni. I profeti ne parlavano come di Colui che avrebbe inaugurato un tempo di grazia e di pace. Senza Gesù, l’Antico Testamento resta enigmatico; solo con Lui la rivelazione di Dio è completa. Alla luce di Gesù possiamo ascoltarlo e leggerlo con interesse e curiosità, senza timore.
don Gianni