Adesso è il momento di cambiare!

Riassumiamo in queste pagine i punti
principali della predicazione che i sacerdoti della nostra Comunità hanno fatto durante i giorni dedicati agli Esercizi Spirituali che si sono appena conclusi.

Prima serata: Fratelli senza frontiere

don Paolo

Nella prima sera degli esercizi spirituali quaresimali sono proposti alla nostra riflessione due testi: dal Vangelo di Marco (12,28-31) e dall’enciclica di Papa Francesco Fratelli Tutti (n. 2 e 4).

Riflessione sul Vangelo Amare il Signore più di tutto e tutti i fratelli conduce ad amare i fratelli più e meglio di prima perché è proprio questo che ha vissuto Gesù, il suo amore preferenziale per il Padre lo ha portato a rimanere nel tempio dodicenne, a lasciare la sua casa ed i suoi affetti, lo ha
condotto ad amare gli uomini fino al dono della vita perché portato per mano da quello Spirito che è il segno dell’amore del Padre per noi e che spinge il nostro cuore verso Dio e, di rimando, verso i fratelli. Dio non è geloso dell’amore che gli portiamo, ma se chiede di essere amato con la medesima intensità è perché sa che lo Spirito compie in noi questa trasformazione e che nella forza sua, il nostro amore per gli altri viene totalmente rivitalizzato, purificato da ogni egoismo e scandito dalla
totale gratuità. In tal modo, amare Dio al di sopra di ogni cosa porta a vivere la bellezza dell’amore anche con le persone che ci sono accanto perché queste saranno amate in Dio, in quell’amore suo che nessuno esclude e tutti accoglie.

Riflessione su “Fratelli Tutti”. Questa lettera affonda le sue radici in un preciso incontro interseconda serata religioso e mostra senza reticenze il suo carattere religioso e il suo appello. Una verità trascendente non costituisce un fardello, bensì un dono che rende più stabili le radici del nostro comune agire. La fede è la nostra sorgente, è parte di come noi possiamo nominare la realtà e andare oltre la desolante indifferenza della nostra epoca. Per questa ragione, l’enciclica ha ben chiaro il peso della responsabilità che grava sulle comunità religiose. In modo non scusabile, i leader religiosi hanno tardato a condannare le pratiche ingiuste,
passate e presenti. Anche le religioni hanno bisogno di pentimento e di rinnovamento. Fratelli tutti le esorta a essere modelli di dialogo, mediatrici di pace e portatrici di un messaggio d’amore trascendente ad un mondo affamato, cinico e senza radici. Occorre promuovere una paziente educazione a scoprire come il dialogo interreligioso non sia questione riservata ai soli competenti, ma riguardi la vita di fede di ciascuno, chiamato a vivere nell’esistenza quotidiana fianco a fianco di persone di altre fedi, sul lavoro, nella scuola e nel quartiere. Le comunità cristiane, pur evitando ogni occasione di confusione o sincretismo, sono così chiamate ad essere accoglienti verso i fedeli di altre religioni, anche organizzando in
propri spazi e/o strutture attività di conoscenza e socializzazione.

Seconda serata: Un estraneo sulla strada

don Marco

Il passaggio tra “il mondo chiuso” descritto nel primo capitolo della Fratelli tutti ed il “mondo aperto” delineato successivamente, è segnato dalla parabola evangelica del “buon samaritano”.
Come dire: il passaggio dalle “ombre” di questo mondo alla “fratellanza universale” è un’utopia astratta ed ideologica o una morale etico-sociale impossibile, se non passa dall’accoglienza di una Parola (per grazia!) che tocca la nostra coscienza.
Parrebbe cosa abbastanza ovvia che un papa fondi sul vangelo un suo discorso; eppure, in questa lettera enciclica, papa Francesco riesce a superare già i “confini” dell’appartenenza religiosa cristiana; realizza il contenuto di quanto scrive già nella forma della sua lettera. Il papa cattolico, proprio perché fonda la sua anima e la sua missione nel vangelo di Gesù, apre la lettura della parabola del “buon samaritano” alla comprensione di tutti.
Va premesso che la parabola del buon samaritano presenta già una situazione di carità che va al di là dell’appartenenza o della classificazione etnica e religiosa (motivo per cui già lo stesso Gesù, che la raccontò, non fu capito da tutti; anzi poteva creare un certo imbarazzo o scandalo tra gli uditori intransigenti).
Nel contesto del vangelo noi cristiani sappiamo che il vero “buon samaritano” è Gesù, un Dio che si fa a noi vicino. Tuttavia, nel contesto dell’enciclica Fratelli tutti, la parabola assume un significato universale.
Mi fermo ad alcune espressioni contenute nei paragafi 66-68:
• “Il testo ci invita a far risorgere la nostra vocazione di cittadini”.
• “L’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri”.
• Quella del buon samaritano è “l’unica via di uscita” di fronte a tanto dolore.

Terza serata: Nel Mondo

don Alberto

Ci accompagna nella meditazione ancora la parabola del Samaritano: ci ricorda che non dobbiamo fare un elenco del prossimo d’amare, ma di farci prossimi di tutte le persone che il Signore ci fa incontrare sulla strada. Il Papa, nella sua Enciclica, distingue così i personaggi del racconto. Da una parte il sacerdote e il levita che avendo un ruolo importante da svolgere, non degnano di uno sguardo il malcapitato che per loro è un “Signor nessuno”. Dall’altra parte il Samaritano che, libero dalle strutture, è disponibile a venire incontro al poveraccio, anche se giudeo. Spesso -ricorda Francesco- la funzione sociale, la struttura del gruppo di appartenenza, la difesa della propria identità porta alla chiusura verso il prossimo, quando questo non conta socialmente o per i propri interessi economici o politici. Il Card. Martini, nella sua Lettera Pastorale “Farsi prossimo” elenca alcune cause di questo disinteresse: la fretta (non si ha tempo per fermarsi a guardare in faccia chi si aiuta), la paura di rimanere coinvolti e, infine, la delega a chi si ritiene più preparato e adatto al compito …per non scomodarci, per non sporcarci le mani.
Ma riflettiamo anche sul Vangelo di Mt. 25 che riporta il Giudizio finale. Il giudizio positivo o negativo dipende dal fatto che si sia stati capaci di riscoprire il volto di Gesù nell’affamato, nel nudo, nel forestiero, nel carcerato. Il peccato più grave è la “distrazione”.
Ma allora la preghiera, la Parola, l’Eucarestia a che cosa servono? A essere in comunione con Gesù che è sempre stato attento ai poveri (materialmente e spiritualmente) rivelando loro con “compassione” l’amore del Padre. In comunione con il Signore, tocca a noi, ora, rivelare questo amore a tutti i livelli : familiare, sociale, economico e politico.

Quarta serata: COSTRUIRE LA PACE DELLA UNICA E COMUNE UMANITÀ

Il dialogo interreligioso e la tolleranza sono al centro della conclusione degli esercizi quaresimali.
“Cercare Dio con cuore sincero” è il percorso tracciato da papa Francesco, incastonato perfettamente nel messaggio che Padre Emmanuel, ha voluto testimoniare. Ha parlato di un’educazione alla logica del dialogo, dell’incontro tra religioni e culture diverse per fare risplendere la testimonianza dell’amore di Dio di cui siamo portatori. “Se si vuole promuovere il dialogo interreligioso è urgente e fondamentale spostare l’accento dalla superficialità causata da ignoranza, pregiudizi e, di conseguenza, dalla cristallizzazione di paure verso la profondità, lo stupore, la stima e la curiosità. Tutti elementi capaci di scrutare il Mistero nascosto in ogni religione”. Ha ripreso le parole del teologo gesuita Christoph Théobald: il punto di partenza per la comprensione della persona non è la dottrina, la teoria su Dio e la religione, bensì l’esperienza concreta, l’amicizia, il vissuto quotidiano avendo la capacità di apprendere l’identità più profonda dell’altro. “L’esperienza del dialogo a Desio è un esempio concreto – ha aggiunto – Pakistani, bengalesi, indiani, marocchini, tunisini, italiani si sono presi per mano per dire no al terrorismo, agli attentati, alle violenze, ad ogni forma di pratica che disumanizza l’umano. La bellezza del percorso del dialogo a Desio sta nel perseverare, nel cercare di custodire, curare la comune fratellanza umana già macchiata da tante violenze”. L’umano è capace di terribili atti, ma è possibile cercare di educare alla convivenza pacifica, che parte in primis da noi, che siamo parte dell’unica e unita comune umanità, l’Ubuntu per gli africani.