Per chi lo ricorda, le tre kappa sono un riferimento problematico, perché evocano il movimento Ku Klux Klan che ha ispirato, non senza conseguenze, violenti e spesso criminali fenomeni di razzismo e discriminazione negli Stati Uniti.
Ma ci sono tre kappa “buone”, tre parole che incontriamo nel greco del Nuovo Testamento e che suggeriscono, come fosse una mappa del tesoro, regole fondamentali di vita cristiana.
Anzitutto kérygma: letteralmente significa “predicazione”. Ricorda che il punto di partenza del credere è un annuncio, una rivelazione: Gesù proclama la verità su Dio e sull’uomo e la Chiesa prolunga questo annuncio nel tempo. Questo ci apre alla gratitudine alle generazioni che ce lo hanno trasmesso e impegna a coltivare la fede autentica, che non sottostà a opinioni soggettive o alle mentalità correnti, ma sempre cerca la freschezza della persona e della parola di Gesù.
La seconda è kairòs, che indica il tempo non tanto nel suo scorrere in ore, giorni, anni, ma nella sua qualità di tempo “favorevole”, tempo in cui Dio è all’opera. Non viviamo tempi brutti, ma l’oggi di Dio, la certezza della sua azione attuale, provvidente e creativa, che ci dà sicurezza anche nelle paure e incertezze di fronte alle sfide della modernità.
Infine koinonìa, comunione. È la legge suprema del cristiano, perché Dio per primo ha fatto comunione con l’essere umano e vuole che tutti sappiano di essere suoi figli e vivano come tali, moltiplicando relazioni di profonda fraternità e solidarietà.
don Gianni
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.