Leggere nel cuore dell’estate che è ora di tornare può infastidire qualcuno che ha appena iniziato le sue ferie o desidera un po’ di sollievo lontano dai consueti panorami quotidiani.
Altri penseranno che per lungo tempo la partecipazione alle celebrazioni religiose è stata limitata non solo da esigenze di sicurezza, ma anche da desideri di autotutela dettati da paura del contagio o sfiducia verso l’effettiva immunità del prossimo o necessità di non trasmettere il virus a piccoli o anziani. Le nostre chiese, pur avendo dichiarato capienze abbastanza ampie, non hanno quasi mai registrato il pieno se non in rare occasioni legate al Natale e alla Pasqua oppure per qualche funerale significativo. Quasi dappertutto si lamentano la diminuzione di praticanti e l’assenza allarmante dei più piccoli. L’asserzione è ora di tornare può essere interpretata come l’invito a ridare regolarità e stabilità alla nostra presenza specialmente all’Eucaristia domenicale; ormai, nonostante dati ballerini, sappiamo convivere con il virus e possiamo “tornare” in Chiesa.
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E, tuttavia, proprio il periodo estivo suggerisce maggiore profondità: è ora di tornare soprattutto dentro noi stessi, per non disperdere la memoria dei momenti difficili, per non cancellare il riconoscimento di ciò che è essenziale per vivere, ben distinto da ciò che è accessorio, provvisorio, secondario. E, soprattutto per ascoltare noi stessi e, attraverso la voce della nostra coscienza, Dio e la Parola che ci rivolge attraverso Gesù: tornare a Lui è molto più che compiere gesti di culto, ma è cercare e trovare nuovo slancio per tutta la nostra vita.
don Gianni
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