“…Ma c’è uno strumento musicale che è proprio della Chiesa e che viene dagli antenati, l’organo, il quale per la sua meravigliosa grandiosità e maestà, fu ritenuto degno di associarsi ai riti liturgici, sia accompagnando il canto, sia durante i silenzi del coro, secondo le prescrizioni della Chiesa, diffondendo armonie soavissime…”
Non sapevo che questa citazione, tratta dalla Bolla papale “Divinis cultis” redatta nel 1928 dall’allora papa desiano Pio XI avrebbe segnato la mia vita. Ero un bambino che in braccio alla mamma ascoltava con meraviglia lo storico organo Serassi della cattedrale di Sant’Andrea della città di Asola, esempio mirabile di perfetto stile gotico-lombardo. Avevo solo tre anni, ma ricordo visivamente e uditivamente quei momenti con mamma e papà, nonni, zii e cugini recarsi in chiesa per il solenne pontificale della domenica.
Questi ricordi d’infanzia si sono poi trasferiti a Desio, all’oratorio, oggi B.V. come piccolo cantore, e poi via, verso studi musicali accademici. La musica sacra, il canto sacro, l’organo, non mi avrebbero più abbandonato. La musica è un ausilio determinante per avere un aiuto verso il mistero della fede. Quando la parola finisce il proprio compito di esplorare l’infinito e l’irrazionale, ecco che la musica, quella vera, dischiude mondi sconosciuti che si aprono alla contemplazione e alla preghiera.
La Chiesa conosce bene il ruolo sociale dell’arte, e la musica è sempre stata il mezzo privilegiato per avvicinare l’Uomo al mistero divino, ma ad una condizione; che sia vera musica.
“…Si curi la formazione e la pratica musicale nei seminari, … Si abbia in grande onore l’organo a canne, il cui suono è in grado di aggiungere splendore alle cerimonie della Chiesa e di elevare gli animi a Dio…
I compositori compongano melodie che abbiano le caratteristiche della vera musica sacra…”
Questi sono solo pochi spunti del capitolo IV dedicato alla musica sacra dal Concilio Vaticano II nel documento che riguarda la liturgia (1963).
Facciamone tesoro!
Enrico Balestreri