Quale pace?

Dopo il segno di croce, il Kyrie e il salmo, mi soffermo sullo scambio della pace. Un gesto talvolta vissuto frettolosamente. La pandemia ne ha anche ridotto la dinamica, coinvolgendo per ora solo lo sguardo e non anche le mani.

In rito ambrosiano il gesto della pace è posizionato prima della presentazione del pane e del vino, in fedeltà alla parola di Gesù nel vangelo di Matteo (5,23-24): «Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono». E infatti il celebrante o il diacono secondo la formula del messale possono dire: «Secondo
l’ammonimento del Signore, prima di presentare i nostri doni all’altare, scambiamoci il dono della
pace».

I più anziani ricorderanno che ai tempi della messa in latino questo gesto non c’era, anche se le parole corrispondenti venivano pronunciate (Offerte vobis pacem).

Scambiarsi un gesto di pace spinge anzitutto i partecipanti alla messa a sentire e vedere che non sono presenti al rito come singoli, slegati e staccati tra loro, ma come comunità: la prima carità cristiana è proprio quella di edificare una comunità concreta, un’assemblea di preghiera, un’unica famiglia di Dio, durante la santa liturgia. Altrimenti anche la carità verso i poveri sarà segnata da
una mentalità di competizione e di efficienza, più per affermare se stessi e le proprie realizzazioni che per servire chi è nel bisogno.

Scambiarsi un gesto di pace spinge a interrogarsi interiormente se il nostro animo è in pace, se non ci sia qualcuno che ci vede come nemici, se noi stessi coltiviamo sentimenti di inimicizia. Desiderando che non prevalgano rancori e risentimenti, ma emergano desideri di riconciliazione.

Scambiarsi un gesto di pace è lanciare una profezia: sono cristiano e questo gesto per me riassume il progetto del Vangelo, di Gesù, sul mondo: un mondo di Fratelli tutti, come direbbe papa Francesco.

Un gesto davvero rivoluzionario: annunciare e costruire pace per i popoli, specialmente di fronte a conflitti sanguinosi, come quello cui assistiamo in queste settimane, e come quelli che i nostri tempi non ci hanno risparmiato ovunque nel mondo.

Stringendosi la mano, sorridendo con lo sguardo, abbracciandosi: sia pace tra noi.

Un tesoro da custodire e sfruttare, da ascoltare e ripetere.

don Gianni