Ciò che temo di più in certe celebrazioni è quel brusio di sottofondo che accompagna alcune occasioni, specialmente durante battesimi, matrimoni, prime comunioni e cresime (qualche volta causato anche dagli stessi collaboratori presenti sull’altare).
Forse non è una malattia grave, ma un sintomo sì. Lo avverto – ma forse esagero – come un essere non del tutto in sintonia con l’azione che il Signore sta svolgendo, come un estraniarsi rispetto all’impegno di preghiera e di relazione con Dio che il momento esige, come una disabitudine a fare silenzio per cercare il volto di Gesù.
Il nostro tempo è costantemente abitato da rumori e induce alla fretta e alla
superficialità: chiedere un istante di silenzio, di preghiera, di ascolto, di raccoglimento – raccogliere i pensieri e le forze, per poi agire bene – rasenta lo scandalo. Il prete lo chiede, ma a me che importa?
Forse c’è anche una sottile paura: e se poi Dio mi parlasse davvero e mi spingesse a mettere maggiore impegno ad evitare gli sbagli miei che ben conosco? O mi invitasse a rinnovare scelte e comportamenti nella logica dell’amore e non dell’egoismo? O mi chiedesse di rinnovare in modo più convinto il mio cammino di fede?
Il silenzio: che pericolo! Però non ce n’è mai abbastanza.
don Gianni