All’inizio dell’anno pastorale, fissato convenzionalmente per l’8 settembre, l’Arcivescovo traccia le linee fondamentali dell’azione delle comunità cristiane della diocesi.
Quest’anno il testo – pubblicato già all’inizio dell’estate – riprende le tre parole non italiane che utilizziamo spesso nella liturgia. Infatti noi professiamo la fede nel Signore risorto e lo invochiamo Kyrie. Gioiamo della sua vittoria sulla morte e sciogliamo il canto gioioso dell’Alleluia. E la nostra fede si fa vissuto quotidiano nell’adesione dell’Amen: crediamo in Gesù vivo e le nostre scelte si ispirano a Lui, al suo stile di vita e alla sua Parola.
L’Arcivescovo però indica come realizzazione piena di questo programma la riscoperta della
preghiera. Infatti il sottotitolo della sua proposta afferma: Pregare per vivere, nella Chiesa come
discepoli di Gesù. Si può perciò parafrasare un noto proverbio, senza paura di apparire irriverenti: non si vive per pregare, ma si prega per vivere.
Ricordando così che non c’è vita vera se non si apre all’incontro con Dio; alla considerazione con
Colui che è stato definito Totalmente Altro, ma che in Gesù è divenuto fratello, amico, compagno del cammino.
C’è ancora molta gente che prega, che sa pregare, disposta a imparare a pregare. Altri purtroppo non hanno ricevuto questa educazione e, pur ricchi di sensibilità umana, non hanno questa apertura. Che la Chiesa insista a far pregare non è un atto dovuto, ma un’opera di promozione umana. Come diceva san Giovanni Crisostomo: “Chi prega ha le mani sul timone della storia”.
don Gianni