Oggi nella diocesi di Milano e nella nostra città viviamo la festa di apertura degli Oratori.
Per moltissimi di noi l’Oratorio è stata una seconda casa dove incontrarsi, giocare, fare sport o musica o teatro, soprattutto sperimentare le basi della fede cristiana, cioè vita comunitaria e preghiera.
In un passato, magari anche recente, l’Oratorio assomigliava a un cortile, sempre aperto, con la presenza rassicurate di un sacerdote o di una suora, percepiti come fratello o sorella più grandi di età, ma vicini per condivisione del tempo, delle confidenze, delle attività.
Oggi si arriva a leggere – la scorsa settimana in Italia Centrale – che un Oratorio viene chiuso perché non c’è nessun senso di appartenenza e può diventare luogo di sfogo di giovani, e talvolta anche adulti, maleducati, arroganti, minacciosi. Ci siamo arrivati tempo fa pure a Desio. Questo anche perché è difficile trovare figure educative qualificate e sufficienti per presidiare gli Oratori.
Il pensiero però non deve andare all’oratorio, ma ai giovani e ai piccoli: chi pensa a loro? Soprattutto chi pensa al loro percorso interiore? Bastano le ore di scuola, di sport, di danza, di inglese ecc. a farne persone mature? E quando la considerazione di Dio presente nella vita e l’incontro con Gesù vengono proposti alla loro vita? Basta una striminzita – e non sempre frequentata – ora di catechesi settimanale?
E, infine: bastano il prete, la suora, i catechisti, gli educatori, o è questione di un’intera comunità?
don Gianni