«Beati i costruttori di pace» proclama Gesù.
Il Natale si lega alla pace, perché la invocano gli Angeli nel canto di Gloria e perché l’inerme Bambino non è certo animato da propositi di guerra o di violenza.
Eppure questo Natale porta l’ombra pesantissima di una guerra crudele, di un’aggressione insensata, di milioni di persone prive delle condizioni elementari di vita, per non parlare del numero elevato di morti, di feriti e soprattutto di cuori resi capaci di odiare.
Cosa fanno i costruttori di pace? Anzitutto non dimenticano. Davanti al presepio non dimenticano il popolo ucraino, le madri russe in lutto, i popoli di Iran, Siria, Afghanistan, Yemen, Congo e tanti altri. La bellezza della festa mette al centro la fragilità del Bambino, della famiglia lontana da casa perché partita da Nazaret per Betlemme, del popolo contato in un censimento che è segno di sottomissione. La festa è bella perché quel Bambino è il Dio-con-noi: un dono insperato, che nessun potente della terra può immaginare e incarnare (e infatti lo perseguiteranno).
I costruttori di pace pregano: insistono con Dio, che conosce i nostri drammi, affinché conceda ai responsabili (tanti!) il cambiamento del cuore e faccia crollare le loro certezze omicide.
I costruttori di pace cercano di convertire prima se stessi ed esaminano le loro parole, i loro comportamenti, il loro stile di vita ed evitano di ferire il prossimo, di ignorarlo, di scartarlo.
I costruttori di pace si impegnano a realizzare la parola del profeta Isaia: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra».
Buon Natale ai costruttori di pace.
don Gianni