Non è solo violenza

La vita dei detenuti del carcere minorile raccontata da don Claudio Burgio

Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, ha raccontato ai giovani come spesso, dietro situazioni di violenza dei ragazzi detenuti, ci siano situazioni di disagio, ingiustizie o paure. Ha invitato i giovani a prendere in mano la propria vita, a fare delle scelte e a domandarsi come possono comportarsi di fronte alle ingiustizie.

Chi è don Claudio?

Don Claudio Burgio, sacerdote della diocesi di Milano, è il fondatore dell’associazione Kayros, che si occupa di comunità di accoglienza per minori, ed è il
cappellano dell’Istituto Penale per i Minorenni di Milano “Beccaria”. L’istituto
accoglie detenuti dai 14 ai 20 anni che hanno commesso dei reati prima della
maggiore età.

Sabato 21 gennaio don Claudio era presente a Desio presso “IL CENTRO”, invitato dall’Azione Cattolica, per raccontare ai giovani la violenza vissuta dai loro coetanei e il tema della scelta.

Cosa si nasconde dietro la violenza minorile?

Tanti sono i giovani che hanno vissuto episodi di violenza o situazioni difficili
prima di entrare nel carcere. Don Claudio racconta che molto spesso la violenza che questi ragazzi manifestano nasce da un’ingiustizia che hanno vissuto, diventa strumento per nascondere una propria debolezza, come sfogo per la rabbia di non essere capiti, di non essere ascoltati, di non avere dei luoghi adatti in cui poter vivere serenamente. Dietro queste storie ci sono delle persone da incontrare, conoscere e aiutare; don Claudio ha fissato questo scopo: conoscere, capire e andare in profondità nella vita dei ragazzi che gli sono affidati.

Cosa possono fare i giovani?

Il percorso di riabilitazione dei ragazzi detenuti è una loro scelta. Don Claudio racconta che all’interno del carcere la riabilitazione viene a partire dai ragazzi stessi, che hanno il coraggio di farsi domande, prendere in mano la propria vita, fare delle scelte, cosa che può anche richiedere molto tempo.

Così come loro anche tutti i giovani devono scegliere cosa fare della propria vita.
Troppo spesso la paura di non essere all’altezza o di quello che potrebbe capitare porta ad essere, come dice il papa “giovani-divano”, giovani che non prendono decisioni e non scelgono.

Cosa può fare la Chiesa?

Don Claudio ha lasciato anche qualche provocazione, per riflettere sulle situazioni difficili che alcuni giovani vivono da cui poi può scaturire la violenza. Noi cristiani siamo solo teoria e morale o sappiamo applicare ciò che professiamo nella vita di tutti i giorni? La comunità cristiana come si comporta di fronte alle situazioni di ingiustizia e alla violenza? Cosa concretamente è possibile fare?

Alessio Malberti