Quando ero in terza media, in occasione di una visita a una casa di riposo per anziani con la mia classe, fummo incaricati di “guidare” la Via Crucis commentando ciascuno una stazione. Mi aspettavo l’assegnazione di un tema importante – l’incontro con la Madre, il Cireneo, la morte di Gesù – e invece ebbi l’incarico della nona stazione: Gesù cade per la terza volta. Non ricordo quale fu la mia riflessione di allora. Ma da lì in poi, quando partecipo alla Via Crucis, do un valore
particolare alla nona stazione. È probabile che Gesù sia caduto anche più di tre volte durante la
salita al Calvario (il dislivello è scarso, ma erano le irregolarità del tracciato e soprattutto le conseguenze dei colpi patiti nella flagellazione a farlo vacillare), provocando l’ira dei soldati e la compassione di qualche spettatore.
Ma la terza caduta porta in sé una sorta di compimento: tre è numero di perfezione, di sintesi. È come dire che cadere in basso è l’identità stessa di Gesù, come scrive Paolo nella lettera ai Filippesi: «non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini; umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce».
Umiliò, svuotò: la lingua originale sottolinea l’abbassamento, il farsi nulla agli occhi di tutti, quasi la vergogna di chi cade perché non sa più stare in piedi.
In questo Gesù diventa simile agli uomini. Simile a uomini e donne sofferenti nei letti di casa o di ospedale, immobilizzati fisicamente per l’età o per incidenti, o sfigurati da malattie
degenerative. Simile a chi fatica a far accettare le sue diverse abilità, con tutte le sfaccettature che esse comportano, o con l’aggiunta di quei mali oscuri o interiori quali le depressioni, gli autismi, le patologie rare, poco o niente curabili. Simile alle numerose vittime delle guerre, delle violenze, dei terrorismi e delle criminalità organizzate, ma anche di catastrofi o cataclismi, per alcuni dei quali sono evidenti le responsabilità dei cambiamenti climatici e della devastazione dell’ambiente. Simile – si può dirlo? – alle donne che prestano il loro utero per un figlio già venduto, il cui prezzo va in tasca a mediatori senza scrupoli. Simile a chi ho dimenticato in questa lista di “cadute e caduti”, e così simile a me peccatore, che Lui rialzerà con la tenerezza del perdono
don Gianni