Qualche riflessione sul mondo del lavoro

La festa di S. Giuseppe lavoratore è occasione per riflettere sui problemi del mondo del lavoro nel nostro Paese.

Mi focalizzo su tre temi.

Anzitutto il divario di genere.

Un’indagine sulla disparità salariale di genere condotta dalle ACLI nazionali e pubblicata il 28 marzo scorso dal Corriere della sera, rivela che tra quanti si trovano in una condizione di “povertà relativa”, cioè con un reddito annuo compreso fra 9.000 e 11.000 euro, le donne sono più del doppio degli uomini (6,5% vs 2,7%). Inoltre a parità d’inquadramento la donna guadagna tendenzialmente meno dell’uomo. Inoltre il tasso di disoccupazione delle donne è ancora maggiore di quello degli uomini (9,5% vs 6,7%). Infine, le domande di disoccupazione di donne che interrompono il rapporto di lavoro non per propria volontà sono quasi il doppio di quelle degli uomini (64,55% vs 35,45%). Le politiche di sostegno alla natalità non si fanno solo con proclami di sostegno al reddito familiare o con politiche fiscali, ma con la tutela effettiva – e non solo sulla carta, neppure quella della Gazzetta Ufficiale – del posto di lavoro delle lavoratrici madri.

In secondo luogo – ma è una questione primaria del mondo del lavoro – merita la massima attenzione il tema dei NEET: i giovani da 15 a 34 anni che oggi non lavorano e hanno cessato di formarsi sono ormai più di 3 milioni in Italia, pari al 30,5% (quasi uno su 3). La situazione non ha paragoni con gli altri Paesi d’Europa: la Grecia, che occupa la seconda posizione, ha un tasso di NEET pari al 17,3% (pari a quello della Lombardia). Sarebbe oltremodo miope da parte degli adulti etichettare il mondo giovanile come generazione superficiale e disinteressata. Spesso sono i giovani più sensibili e più intelligenti a incorrere in questi blocchi. Il tasso di laureati italiani è fra i più bassi d’Europa e, checché se ne dica, il titolo di studio garantisce – stando alle statistiche – ancora una maggiore possibilità d’impiego. C’è da chiedersi se gli studenti sottoposti a programmi BES (Bisogni educativi speciali) che non presentano gravi disabilità e che nel mondo del lavoro perdono le tutele che la scuola garantisce loro, non vivano il percorso scolastico con modalità protettive tali da ingessarli nella paura del brutto voto o della bocciatura, invece di essere aiutati in modo personalizzato a sviluppare le loro potenzialità in vista dell’inserimento nell’ambito lavorativo a loro più consono.

Infine desta sicuramente preoccupazione, anche in ordine ai problemi appena trattati, la progressiva perdita di solidarietà nel mondo del lavoro, soprattutto fra lavoratori.

Quasi contasse solo salvaguardare il proprio posto di lavoro senza verificare la possibilità di soluzioni che tutelino l’interesse collettivo dei lavoratori. Un tutti contro tutti che indebolisce le maestranze.

Spesso i più giovani, ma anche gli adulti hanno completamente smarrito la necessità di partecipare attivamente al sindacato. Ciò determina una frammentazione dei lavoratori che non può che indebolire la loro posizione collettiva. Inoltre favorisce una fragilità ancora maggiore quanto più vasta è la fetta di mercato del lavoro colonizzata dai giganti del web, in un mondo in cui il consumatore-cliente soddisfa il suo bisogno con una app. Infine il rapporto di lavoro si spersonalizza e diventa sempre più una faccenda che riguarda l’individuo lavoratore e un’entità astratta che a volte nemmeno dispone di una sede operativa o di un magazzino e ha una sede legale in qualche Stato europeo o persino extraeuropeo.

Francesco Pasquali