Presentiamo il secondo appuntamento di “Tre passi di danza” con il quale la Dottoressa Stefania Cagliani ci aiuta a mettere a fuoco gli atteggiamenti della crescita educativa nelle sue varie fasi.
Michele frequenta la Scuola dell’infanzia. La mamma è andata a prenderlo nel pomeriggio e gli ha anticipato che potranno godersi una super merenda con yogurt e biscotti. Michele si mostra felice della proposta: adora quei momenti speciali con la sua mamma…
Dopo la merenda, Michele si dedica al suo gioco preferito: le costruzioni.
In men che non si dica realizza scenari per le sue storie con gli animali. Pochi minuti di paradiso.
Poi arriva la sorella, di 2 anni. Cammina accanto alla costruzione di Michele e – chissà se con intenzione o per sbaglio – la butta a terra: Michele urla, lei scappa, lui la rincorre, la raggiunge e la spinge, lei cade e piange, lui se ne torna su tappeto con le sue costruzioni.
Eccole: sono le emozioni.
Apparentemente grandi disturbatrici del nostro equilibrio e della nostra serenità, sono in realtà una straordinaria energia che ci fa avvicinare o allontanare da una situazione, a seconda che il nostro cervello la valuti piacevole o sgradita.
Le emozioni consentono al bambino di raccontare il proprio mondo interiore: è la gioia di fronte alla visita dei nonni, è la rabbia scaturita dal compagno che strappa dalle sue mani un gioco, è la tristezza del non essere preso sul serio, è il disgusto di fronte ai piselli, è la sorpresa di una visita inattesa, è la paura dello sconosciuto a 9 mesi, dei ragni a 3 anni e del buio a 5 anni…
Possiamo pensare che ogni bambino abbia le sue specifiche emozioni, in realtà ci sono alcune emozioni primarie che sono universalmente presenti già in ogni neonato (gioia, rabbia, tristezza, disgusto, paura, sorpresa). Certamente ciò che contraddistingue e rende unico il bambino è il suo specifico modo di esprimere le sue emozioni.
Ricordiamo due concetti fondamentali:
➊ Non esistono emozioni positive ed emozioni negative: ci sono piuttosto emozioni adeguate o non adeguate al contesto (sarebbe adeguato il comportamento di Michele che, di fronte alla frustrazione della distruzione del suo gioco, si dimostrasse pieno di gioia?)
➋ Nessuna emozione va negata, derisa, repressa, poiché ciascuna ha una sua ragione d’essere, anche quando non ci è chiara nell’immediato (per noi adulti il gioco di Michele non è una questione così rilevante, ma per lui in quel momento è tutto)
Possiamo affermare che una intelligenza emotiva stabile e strutturale si sviluppa grazie a tre passi:
● 1 Alfabetizzazione: è quel processo che porta a conoscere le emozioni, a saper dare loro un nome ben preciso. L’alfabetizzazione emotiva si impara lentamente e occorre dedicarle attenzione e cura, iniziando sin dall’infanzia.
(“Michele, mi sembra che tu sia davvero molto arrabbiato”)
● 2 Gestione: le emozioni spingono per manifestarsi. È bene permettere a questa energia di rivelarsi affinché non si incancrenisca all’interno della persona e le impedisca di dare credito a ciò che vive, crede e sente vero. Certo, la manifestazione deve essere fatta in un modo socialmente accettabile, che mai lede la dignità dell’altro o fa del male alla relazione (“Michele, anche quando sei molto arrabbiato non ti è permesso spingere tua sorella. Devi proprio trovare un altro modo per farle capire che sei molto arrabbiato”)
● 3 Trasformazione: le emozioni possono rappresentare una opportunità straordinaria per la crescita. Se, sin dall’infanzia, si allena il bambino a manifestarle in modo costruttivo, si arriverà a riconoscere che anche le emozioni più difficili possono trasformarsi in una esperienza utile alla crescita
(Michele imparerà nel tempo che è bene talvolta usare tutta l’energia dell’emozione rabbia per lottare contro un’ingiustizia).
Sono tre tra i passi più importanti del nostro cammino di crescita.
Dott.ssa Stefania Cagliani
pedagogista