A fine anno, nel Natale 2024, entreremo nell’Anno Santo.
Dopo l’atteso Anno Santo del 2000, torna un tempo in cui guardare con più attenzione ai segni della presenza di Dio nella storia e a considerare gli altri come fratelli.
Si può obiettare che non sono molti i segni della presenza di Dio nella storia e, ancor meno, lo è la considerazione del prossimo come fratello e amico.
Da più parti, come un ritornello ininterrotto, si parla di necessità di “prepararsi a scenari peggiori”.
Ormai, da un po’ di tempo a questa parte, c’è chi fa il tifo per la guerra e indica chi cerca vie di pace come un illuso sognatore, incapace di prendere coscienza della situazione in cui si trova il mondo.
Con tutta probabilità, i profeti di sventura sono molto più cercati dei seminatori di speranza. Eppure, i “seminatore di speranza” hanno qualcosa di costruttivo da offrire, mentre i “profeti di sventura” hanno solo azioni distruttive da alimentare.
Anni fa, un seminatore di speranza, il cardinale Carlo Maria Martini, affermava:
“Se ciascun popolo guarderà solo al proprio dolore, allora prevarrà sempre la ragione del risentimento, della rappresaglia, della vendetta. Ma se la memoria del dolore sarà anche memoria della sofferenza dell’altro, dell’estraneo e persino del nemico, allora essa può rappresentare l’inizio di un processo di comprensione”.
Chi è l’uomo perché te ne ricordi?
Dentro domanda c’è l’urgenza di una risposta che sa offrire le ragioni del perdono, che sa offrire percorsi di pace, che ragionevolmente fanno il tifo per la riconciliazione.