L’affresco della nostra Basilica
Ai lati dell’altare maggiore della Basilica sono collocati i due affreschi che risultano di qualità nettamente superiore a tutti quelli che decorano l’edificio sacro. Questi due pezzi, Gesù ed i fanciulli e Ingresso di Gesù in Gerusalemme hanno una ricca storia alle spalle che merita di essere conosciuta.
Dal 1850 al 1856 la parrocchia di Desio fu retta da un parroco dall’enorme spessore culturale, il milanese don Filippo De Bernardi, autore di parecchi testi religiosi e promotore in Lombardia dell’istituzione degli asili d’infanzia.
Alla sua morte, nel 1856, il sacerdote stabilì che tutto il ricavato della vendita dei suoi beni fosse destinato alla realizzazione di due affreschi da collocare ai lati dell’altare maggiore. Alla scomparsa del parroco, i suoi beni furono messi all’asta. Raccolta la somma delle vendite, fu indetto un concorso che vide partecipare i principali nomi tra i pittori dell’epoca.
La gara fu vinta da uno dei migliori pittori dell’Ottocento lombardo, il milanese Mauro Conconi, che aveva appena terminato a Desio la realizzazione della parte pittorica nella volta della sala neogotica della Villa Traversi.
D’intesa con i familiari del defunto parroco e con la Fabbriceria, i soggetti delle due “medaglie”, come si diceva allora, furono trovati in Gesù che benedice i fanciulli ed inizialmente in Gesù che scaccia i mercanti dal tempio. Considerato che il secondo soggetto risultava troppo “forte” si decise di passare ad un Ingresso di Gesù in Gerusalemme. Iniziato il lavoro nel 1858, il secondo soggetto fu completato dal Conconi nel 1860 con il compenso complessivo di 7.000 lire.
Va ricordato che i due affreschi erano originariamente collocati a fianco dell’altare prima dell’ampliamento della Basilica. In quell’occasione si ritenne che i due dipinti andassero necessariamente conservati, per cui, quando la chiesa fu allargata, i due affreschi furono strappati dalla sede originaria, trasportati su tela dallo Stefanoni, e ricollocati nel 1891 nella nuova sede in cui ancora oggi li ammiriamo. A questo intervento seguirono i restauri curati dal conte Pallavicini nel 1934 e da Verga e Savelli nel 1996.Ancora oggi queste opere ci lasciano meravigliati per la loro naturalezza e, specie nel dipinto dui cui parliamo, cercano di riportare nei dettagli un contesto storico che vorrebbe idealmente riproporre l’ambiente della Gerusalemme di duemila anni fa.
Massimo Brioschi