San Materno e le sue immagini nella nostra basilica

I patroni della chiesa pre­po­si­tu­ra­le di Desio sono san Si­ro e San Ma­ter­no; la tradizione vorrebbe che il secondo sia stato “aggiunto” per­ché la sua festa liturgica ca­de­va il 18 luglio, giorno in cui sa­reb­be stata consacrata la Basilica.

San Materno fu il settimo vescovo di Milano. Non pos­sediamo in­for­mazioni sicure sulla sua figu­ra sto­ri­ca; sap­piamo che resse la diocesi do­po San Mirocle e che il suo epi­sco­­pato andrebbe collocato dopo il 314 e sarebbe ter­minato prima del 342. Sarebbe stato sepolto nella chiesa di San Nabore e poi forse tra­slato tra San Celso e Sant’Eustorgio. Alcuni testi a ca­rat­tere leg­­gen­da­rio lo col­lo­ca­no nel periodo delle per­se­cuzioni di Diocleziano o di Massimiano. Alcuni autori indulgono nel descrivere le sue virtù nel difendere la propria fede nei confronti dell’im­pe­ratore. Avrebbe inviato i santi Carpoforo e Fedele a pre­dicare Gesù Cristo nella città di Como e avrebbe affidato a San Vittore l’incarico di evangelizzare i fedeli nei dintorni di Milano. Secondo questi racconti, i suoi resti riposerebbero nella Ba­si­li­ca Ambrosiana.

La più antica immagine di Ma­ter­no è un mosaico nella basilica di Sant’Ambrogio, che risale alla fine del V secolo. Il san­to è rappresentato con la barba e vestito con una dal­ma­ti­ca tra i santi Nabore e Felice.
Nella chiesa di Desio troviamo diverse immagini del Santo che normalmente è raffigurato insieme a San Siro. A Desio compare senza il suo “compagno” in tre occasioni: nella statua posta a lato della facciata e nella vetrata dell’abside. L’immagine più importante che lo raffigura è collocata nel transetto sud della Basilica e lo presenta in catene davanti all’im­peratore Massimiano. L’affresco fu eseguito da Giuseppe Riva nel 1911. Il Santo in catene è presentato all’imperatore che lo invita a bruciare incenso davanti ad una divinità pagana.

L’affresco è molto puntuale e vor­rebbe riproporre in mo­do det­tagliato costumi ed arredi riferiti ad un’an­ti­chi­tà decisamente im­maginata più che reale. Irreale è anche la scena che mescola per­sonaggi vis­suti in epo­che diverse; l’imperatore Galerio Massimiano go­ver­nò dal 305 al 311, dunque precedentemente all’epi­sco­pa­to di Materno. Va inoltre sottolineato che Galerio fu il vero artefice dell’editto di tolleranza verso i Cri­stia­ni, per­tanto la traduzione in catene del­l’arcivescovo davanti al­l’im­pe­ra­to­re, in quel periodo, risulta un as­sur­do storico. L’insegna retta dal sol­da­to sulla destra della com­posizione in realtà è uno spor­tel­lo in legno che funge da spioncino. Dietro l’af­fresco è col­locata la stanza del cu­stode notturno che in passato poteva con­trol­lare eventuali intrusioni. Da ultimo va an­che ri­cor­dato che San Materno appare effigiato (sen­za San Si­ro) nella croce del Carcassola che ab­bia­mo già visto.

Massimo Brioschi