La festa di Cristo Re sembra un po’ strana, sia per il titolo dato a Gesù, sia perché il brano di Vangelo non parla (come ci si aspetterebbe) dell’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, ma racconta la Croce.
Nel passo evangelico non compare nessuno che crede nella sua regalità, la folla è indifferente, i capi religiosi, i soldati, uno dei due malfattori sono tutti concordi nell’insultarlo: se sei il Cristo, se sei il Figlio di Dio, se sei re, scendi dalla croce.
L’unico che fa un atto di fede nella regalità di Gesù è il ladrone.
Gesù è il primo tra i re, sia per la sua natura di Figlio di Dio, sia perché ha vissuto fino in fondo sulla croce la sua missione di Figlio che rivela l’amore del Padre. Proprio perché è Figlio di Dio non è sceso dalla croce.
Ha accettato il titolo di re solo lassù, sulla Croce: la scritta che siamo abituati a vedere sopra il crocifisso
(INRI) lo dichiara. Così Gesù vive il suo essere re come colui che ama i suoi sudditi, fino a morire per loro.
Chi sono i sudditi?
Non sono definiti in base a un territorio, ma sono coloro che rispondono volontariamente e in modo positivo all’invito che Gesù pone a ciascuno: se vuoi.
Che cosa è il Regno di Dio?
È Gesù stesso insieme a tutti quelli che agiscono come lui, che si sentono amati dal Padre, che vivono la vita come dono. Coloro che, se occupano posizioni di comando, vedono il loro potere come servizio. Quelli che sanno perdonare chi li mette in croce; che sanno scoprire il volto di Gesù nel volto deturpato di
un crocifisso, di un poveraccio e che, se hanno una preferenza, l’hanno per gli ultimi.