In questa domenica incontriamo di nuovo Giovanni il Battista. Ci è stato presentato nel deserto come il predicatore austero e radicale nelle sue richieste; lo abbiamo visto, poi, in carcere, mentre si domanda se Gesù sia veramente il Messia o si debba aspettarne un altro; oggi lo ritroviamo nell’atto di battezzare presso il Giordano quando Gesù inizia il suo ministero. Il fatto suscita gelosia nei discepoli di Giovanni, ma lui, da una parte li aiuta a riscoprire il primato di Gesù, “lo sposo che viene“, e dall’altra ricorda che il suo compito è quello di prepararne la venuta, di essere l’amico dello sposo e che, quindi mentre Gesù cresce in importanza, lui deve diminuire. Ciascuno di noi deve, come il Battista, preparare la strada all’incontro con Gesù, in particolare se siamo genitori, educatori, catechisti e sacerdoti: quali insegnamenti ci vengono in questo compito, dal comportamento di Giovanni? L’annuncio riguarda la persona di Gesù e non le nostre idee e chi ci ascolta deve essere affascinato dal Vangelo, non dalla nostra persona. Questo non è facile perché ciascuno di noi ha una sua personalità, sensibilità, formazione e un modo di vedere Gesù che siamo tentati di ritenere il migliore. Spesso si instaura tra chi educa e chi viene educato un rapporto di comunione profonda con il pericolo di una dipendenza che non lascia più libero l’educando dal suo educatore. Noi, al contrario, dobbiamo essere aperti come Giovanni Battista e Paolo ricordando che è il Signore da conoscere e da amare e che gli altri sono solo strumento.
Giovanni ci insegna che dobbiamo essere capaci di metterci da parte. Ogni educatore deve saper portare chi gli è affidato a fare scelte libere e responsabili. Anche un genitore verso i figli passa da uno stato di autorità a uno di sempre maggiore libertà. Come educatori chiediamo allora di essere come Giovanni, alla continua ricerca del progetto di Dio su chi ci è affidato, pronti ad aiutarlo.