I personaggi che popolano il presepe sono tanti! Ognuno ne può aggiungere altri al punto che, in alcuni luoghi, ogni anno viene proposta una nuova statuina da collocare tra quelle già esistenti.
Alcuni personaggi sono indispensabili.
Non c’è racconto della nascita senza Maria e Giuseppe che, stupiti, si lasciano interrogare da quanto sta accadendo. Non c’è presepe senza i pastori che, accogliendo il canto degli angeli, si dirigono con il gregge verso Betlemme; senza chi porta frutti della terra e del lavoro al Bambino; senza i Re partiti da lontano che, guidati da una stella, si dirigono, tra momenti di sicurezza e altri di incertezza, verso l’oscura città di Betlemme. Non c’è presepe senza Erode che, con un esercizio spietato del potere, vorrebbe spegnere ogni luce del racconto natalizio. Non c’è presepe senza l’asino, il bue e tanti altri personaggi.
Con un po’ di attenzione si può affermare che non c’è presepe senza di noi, senza di te e di me. In fondo è condivisibile quanto afferma don Primo Mazzolari, profeta negli anni ’50 di una Chiesa ancora popolare: “Il mondo è in cerca di gioia, ha diritto di accorgersi che, con il Natale di Gesù, la gioia è entrata nel mondo… Coloro che credono in Lui, essendo capaci di gioia, lasciano intravedere la sorgente inesauribile della perfetta letizia”.
In altre parole, tutti i personaggi del presepe sono attratti dal protagonista del Natale, dall’Emmanuele, il Dio con noi che, nel segno povero di un Bambino deposto in una mangiatoia si fa presenza.
Dal riconoscimento di questa presenza nasce il popolo degli uomini e donne lieti. Lieti non perché senza problemi, affanni, fatiche e solitudini, ma perché hanno incontrato la sorgente della gioia che non lascia senza conseguenze, che non ci permette più di vivere come se Dio non ci fosse!
Con un pensiero di un prete poeta, don Angelo Casati, possiamo affermare che l’origine della gioia condivisa è l’infinita tenerezza di Dio: “Chissà se ce ne siamo accorti. Il segno del presepe non è il segno della potenza che atterrisce, non ci sono troni: c’è il segno della semplicità, dell’infinito della semplicità; il segno della povertà, dell’infinito della povertà; il segno della tenerezza, dell’infinito della tenerezza. Niente spaventi. Il segno è quello della nascita di un bambino. A incantarti è la vita, sono gli occhi di quella madre e di quel padre, a parlarti non sono i palazzi, è quella mangiatoia, sono quelle fasce, cose da pastori, cose familiari a quei pastori. I pastori riferirono l’inimmaginabile: un Messia in fasce, nella mangiatoia, il Messia nella tenerezza.” Ecco perché non possiamo non esserci nel presepe della vita quotidiana. Ecco perché non possiamo più non essere lieti nel Signore!
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