Te Deum di ringraziamento alla fine dell’anno

31 dicembre 2018: Te Deum di ringraziamento alla fine dell’anno

(Nm 6,22-27; Fil 2,5-11; Lc 2,18-21)

«Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù dice loro: “In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa! Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi”. Offrire la pace è al cuore della missione dei discepoli di Cristo». Così inizia il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della Pace di domani, 1° gennaio 2019, e così i sacerdoti, le religiose e i laici incaricati hanno salutato le famiglie
e le case che hanno accolto la visita natalizia: «Pace a questa casa!».

L’espressione si allarga e diventa augurio e preghiera: «Pace a questa città!». Augurio, perché ciascun cittadino o cittadina è certamente desideroso di pace vera. E preghiera, perché la comunità cristiana annuncia il volto di colui che è la nostra pace: Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo.

La Chiesa e ogni cristiano – seguendo quanto scrive san Paolo: abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù – si sentono inviati come Gesù a partecipare della vicenda umana. Egli umiliò se stesso, cioè si abbassò per camminare con gli uomini e le donne del suo tempo, per sperimentare relazioni, lavoro, famiglia, per toccare con mano le difficoltà, le sofferenze, le incertezze di tanti suoi contemporanei.

Quello stile umile contrasta con la mentalità dell’individualismo dove, mentre ci si lamenta impietosamente di ciò che non funziona per sé, si rendono invisibili le povertà più drammatiche del nostro tempo e si trascura una visione di insieme della società stessa. el recente discorso di S. Ambrogio il nostro Arcivescovo ha affermato:

«La recensione delle problematiche che caratterizzano il momento che viviamo è talora troppo influenzata dal particolare di cronaca che provoca una reazione emotiva e oscura la considerazione complessiva della realtà.

L’esercizio di una lettura realistica di questo tempo può individuare alcune priorità che, per quello che mi risulta, sono già condivise.

In una considerazione pensosa delle prospettive del nostro tempo si dovrà evitare di ridurci a cercare un capro espiatorio: talora, per esempio, il fenomeno delle migrazioni e la presenza di migranti, rifugiati, profughi invadono discorsi e fatti di cronaca, fino a dare l’impressione che siano l’unico problema urgente.

Si devono nominare tra le problematiche emergenti e inevitabili:

  • la crisi demografica che sembra condannare la popolazione italiana a un inesorabile e insostenibile invecchiamento;
  • la povertà di prospettive per i giovani che scoraggia progetti di futuro e induce molti a trasgressioni pericolose e a penose dipendenze;
  • le difficoltà occupazionali nell’età adulta e nell’età giovanile e le problematiche del lavoro;
  • la solitudine il più delle volte disabitata degli anziani».

Sono valutazioni da meditare in modo non fugace e superficiale, specialmente per quanto concerne la ricerca di capri espiatori, le crisi della demografia e del lavoro, le solitudini degli anziani e il duplice riferimento ai giovani circa la mancanza di lavoro e lo scoraggiamento sul futuro.

Proprio ai giovani la Chiesa universale ha dedicato nel 2018 un’assemblea del Sinodo dei Vescovi. Vediamo non pochi giovani responsabilmente attivi in ambiti associativi, educativi, culturali, sportivi. Non ci nascondiamo tuttavia che alcuni anche da noi mostrino vuoti preoccupanti di motivazioni e di valori e diano luogo a comportamenti trasgressivi, antisociali, dannosi per se stessi, per gli altri e per le stesse istituzioni – quali ad esempio scuole e oratori – disponibili ad accoglierli.

Mi sento di aggiungere ai tanti indicati dall’Arcivescovo il tema della casa, dell’abitare, che emerge con urgenza tre le richieste avanzate ai Centri di Ascolto della Caritas, e che appare di difficile soluzione, soprattutto per chi vive con scarso reddito.

Tra le molte luci della vita cittadina, affiorano dunque zone di ombra, che suscitano la solidarietà di singoli e associazioni. Mi chiedo però se anche tra noi non si diffondano gli atteggiamenti preoccupanti messi in evidenza a livello nazionale dall’autorevole ricerca del CENSIS di fine d’anno, che ha descritto gli italiani «soli, arrabbiati e diffidenti».

La delusione e il rancore possono condurre alla cattiveria, se per la difesa del proprio spazio personale, familiare, di gruppo, di fazione, non ci si fa scrupolo di penalizzare o rifiutare l’altro, il diverso, il debole. Ma se chi sta in fondo alla scala sociale non è garantito, ben presto nessun livello potrà dirsi al sicuro.

La crisi globale che ha colpito tutti con durezza ormai dieci anni fa, più che crisi economica si presenta infatti come crisi di fiducia, come osserva Papa Francesco nel suo messaggio: «viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono
in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno».

Questo clima crea talora diffidenza non solo verso le fasce marginali della popolazione, ma anche verso chi le soccorre, fino a svalutare enti e associazioni che si muovono nell’ambito della carità, dell’assistenza, dell’accoglienza. Già sfavorite da una mentalità di delega, per cui se si occupano loro dei poveri altri possono disinteressarsene, ora subiscono sospetti circa il loro operato e rischiano anche a livello legislativo e fiscale
di non vedere apprezzato il loro apporto in settori dove agiscono per il bene comune.

Il valore delle organizzazioni non a scopo di lucro infatti non sta solo nel servizio volontario che rendono, ma anche nel contributo che offrono alla realizzazione della vita dei cittadini, di quelli di cui si prendono cura direttamente e di quelli che si giovano di una compagine sociale meno conflittuale.

Nell’anno trascorso le parrocchie, unitamente ad altri soggetti, hanno aderito a due provvedimenti promossi con il Comune di Desio.

Con il primo si è rinnovata la Convenzione con le Scuole d’Infanzia paritarie, che interessano centinaia di famiglie della nostra città e vogliono offrire un’occasione educativa privilegiata ai più piccoli. Le stesse comunità parrocchiali non sempre conoscono l’impegno professionale, organizzativo ed economico che rappresentano le tre Scuole d’Infanzia parrocchiali, alle quali se ne aggiungono altre tre di ispirazione cristiana e altre ancora presenti sul territorio. La Convenzione rinnovata dà rilievo ai temi dell’inclusione e della mediazione culturale, così da sostenere percorsi di integrazione dei bambini e delle loro famiglie.

Il secondo consiste nel protocollo Qui Welfare Desio, che intende facilitare l’accesso alle prestazioni sociali e sociosanitarie attive sul territorio attraverso il coordinamento di soggetti che operano in rete tra loro. Il Centro di Ascolto Caritas della Basilica ha aderito con l’intento di essere antenna e canale a nome delle parrocchie cittadine.

Una parola di gratitudine riservo ai Missionari Saveriani che hanno ricordato i 70 anni di presenza a Desio: ci richiamano a vivere l’universalità della Chiesa e a praticare il dialogo interreligioso.

Sono pure riconoscente all’associazione Minhaj Ul Quran per il messaggio natalizio che ci ha indirizzato, con la disponibilità a percorrere insieme vie di incontro, dialogo, pacificazione.

Scrive ancora il Papa: «Celebriamo in questi giorni il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata all’indomani del secondo conflitto mondiale. Ricordiamo in proposito l’osservazione del Papa San Giovanni XXIII: “Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli
altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli”».