Da domenica prossima pregheremo il Padre nostro con due variazioni più fedeli al testo originale: «rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione».
Gli studiosi hanno molto discusso su come modificare l’espressione usata finora – non indurci in tentazione – per evitare che sembri che Dio stesso sia causa delle tentazioni maligne.
Ci abitueremo a pregare con la nuova versione, lasciando agli esperti il compito di elaborare i loro studi secondo i quali è difficile trovare una traduzione soddisfacente per tutti.
Il termine “non abbandonarci” fa comunque riferimento alla costante cura di Dio per i suoi figli, alla sua misericordia, alla notizia buona (= evangelo) che Dio non abbandona mai nessuno.
Tuttavia, nello specifico del Padre nostro, invochiamo di non essere abbandonati nella tentazione. Tentazione da subito allude alla possibilità di compiere il male sollecitata da circostanze sfavorevoli, da fragilità umana, e dall’inesauribile opera del Maligno.
Tentazione però indica anche il momento della prova, compresa la prova della fede, quando siamo noi tentati di abbandonare Dio, di disperare di Lui, di pensarlo concorrente e nemico.
Proprio allora diventa preziosa la preghiera: «non abbandonarci nel momento in cui, messi alla prova, siamo tentati di farti uscire dalla nostra vita; proprio allora svelaci ancora i segni della tua cura e della tua misericordia».
don Gianni