Questo 2020 passerà come un anno difficile, annus horribilis o, come dice qualcuno, «il peggiore della vita». Eppure alla fine del 2019 ci eravamo augurati, ripetendo come sempre l’inutile mantra, «un anno migliore del precedente».
Gli eventi vanno per conto loro. Siamo noi a misurarli con lo scorrere del tempo: anni, stagioni, anniversari, feste. E facciamo bene a prendere le misure: così conserviamo in memoria le luci e le ombre della nostra vita, i sorrisi e le lacrime, le consolazioni e le devastazioni.
Il tempo dà respiro alla nostra vita e, come direbbero i saggi, medica qualche ferita e attenua (quasi sempre) le rigidità del cuore.
Il tempo potrebbe darci ritmo e respiro, almeno finché non arriva un virus maledetto a colpirci proprio in ciò che è più elementare, spontaneo, automatico: respirare per vivere. Descriviamo le nostre giornate collegando tempo e respiro: «non ho respiro» cioè «non ho tempo», «il tempo mi manca»; ma anche: «ora posso tirare il fiato» e quindi «ho guadagnato il mio tempo».
Lo suggerisce il Papa e l’hanno ribadito i Vescovi italiani: nell’ansia di superare le drammatiche difficoltà del 2020, occorre evitare che questo tempo vada sprecato, che non insegni nulla, che le tenebre con cui ha avvolto noi e il mondo soffochino quelle luci di ricerca di senso, di interiorità, di solidarietà che pure ha sollecitato e portato. Il virus resta il nemico, ma gli uomini e le donne del 2021 continuano a essere benedetti da Dio. Auguri e buon anno nuovo!
don Gianni