Verbo divino e comunicazione
Non avere oggi un proprio profilo Facebook, Twitter, Instagram ecc. significa quasi essere fuori dal mondo. C’è ancora chi ambisce a comparire in televisione o sulle pagine dei giornali o a diventare tronista o influencer (parole che solo pochi anni fa non esistevano affatto).
Sembra che la comunicazione ci sia scoppiata tra le mani e che ci
invada: dirette tv o web, notizie in tempo reale, conoscere subito i
risultati delle elezioni e di quelli degli esami del sangue.
Anche le parrocchie si sono adeguate e attraverso opportuni canali Telegram o gruppi dedicati di WhatsApp cercano di far sentire la loro voce
e segnalare appuntamenti e opportunità.
Fin dall’inizio l’umanità ha comunicato con dipinti, graffiti, statuette.
Comunicare è l’essenza dell’essere umano, creato per la relazione, per vivere in società e progettare insieme il futuro.
Quando l’evangelista Giovanni ha dovuto parlare di Dio che si fa uomo, non ha trovato di meglio che scrivere “La Parola si fece carne” – Verbum caro factum est. Comunicare è un riflesso di Dio nell’uomo.
Il riferimento è troppo solenne per introdurre questo nuovo strumento comunicativo della nostra Comunità pastorale desiana? Forse sì.
O, forse, solo contemplando che Dio stesso è parola, comunicazione, potremo mostrare con parole e immagini il cammino di una Comunità che intende compiere la sua missione: condividere e diffondere la buona notizia.
Il Signore benedica anche questa Comunità in cammino.
don Gianni
Il pensiero della settimana
Il “segno” della moltiplicazione dei pani
“Gesù sentì compassione per loro” (Mt. 14,13)
Con questa domenica si conclude “l’Epifania del Signore”: la sua manifestazione, iniziata con l’esperienza dei Magi, continuata con il Battesimo e contemplata nel miracolo di Cana, oggi ci fa vedere, col miracolo della moltiplicazione dei pani, che Gesù “ha compassione” per le folle che lo seguono. Compassione è il termine usato nell’Antico Testamento per esprimere l’amore senza limiti di Dio per l’umanità: Gesù realizza in odo pieno questo amore. Gesù ha compassione perché sente che la gente ha bisogno di una Parola di salvezza, lo cercano anche quando si reca in luogo desertico, ma Gesù vuole anche farci capire che questi doni materiali sono un segno dei doni spirituali che ci fa. Il pane che sfama la gente è un anticipo del Pane che ci dona nell’Ultima Cena. Nella S. Messa facciamo memoria di questa “compassione”: Gesù ci dona la sua Parola che è sempre di gioia e di speranza e si fa Cibo per noi chiedendoci di donare con gioia il nostro amore agli altri, condividendo i problemi e le sofferenze di chi ci sta vicino.
don Alberto Barlassina
La Parola è di Dio
E noi che rapporto abbiamo con la Bibbia?
Leggere, meditare, contemplare, pregare e vivere la Parola di Dio. Anche, e soprattutto, in questo tempo, troviamo il modo di avvicinarci alla Bibbia, fonte di ispirazione per vivere meglio la nostra vita.
“È noto a tutti che la grande svolta è stata segnata dal Concilio Vaticano II che ha visto la riappropriazione della Bibbia da parte delle comunità ecclesiali cattoliche non solo nell’ufficialità della liturgia ma anche nella costellazione della teologia, della catechesi, dei corsi biblici, delle letture spirituali, del dialogo ecumenico e persino della cultura “laica”. Oggi non si potrebbe ripetere il motto sdegnato di Lutero nei suoi Discorsi a tavola secondo il quale «in Italia la Sacra Scrittura è così dimenticata che rarissimamente si trova una Bibbia». Che poi essa non sia soltanto posseduta in un’edizione ma che sia letta e studiata anche nelle scuole è
un altro discorso. Dico «anche nelle scuole» perché – come già sostenevano De Sanctis nell’Ottocento e Umberto Eco ai nostri giorni – essa è indiscutibilmente il “grande codice” dell’arte, dell’ethos e dell’etica, in sintesi della nostra civiltà occidentale”.
Questa citazione tratta da un articolo del Card. Gianfranco Ravasi, professore di Sacra Scrittura anche per i Preti della mia generazione, mi permette di introdurre una riflessione che mi è stata consegnata per questo primo numero del nuovo notiziario della Comunità pastorale di Desio.
Quando siamo stati ordinati sacerdoti nei primi anni Ottanta del secolo scorso iniziava il suo ministero episcopale anche il Card. Martini e subito ci conquistò con la sua capacità di introdurci alla “LECTIO DIVINA”.
Lui scriveva: “Tra questi mezzi o metodi concreti, suggerisco quello patristico della lectio divina, chiamata “divina” appunto perché consiste nella lettura e nell’ascolto di un passo della Bibbia. Tale lectio divina comprende alcuni gradini – lectio, meditatio, oratio o contemplatio – che, per maggiore utilità, sono solito allargare a sette aggiungendone quattro: consolatio, discretio, deliberatio, actio… Non leggiamo la Scrittura per avere la forza di compiere quello che abbiamo deciso! Invece, leggiamo e meditiamo affinché nascano le giuste decisioni e la forza consolatrice dello Spirito ci aiuti a metterle in pratica”.
Anch’io da coadiutore, accompagnavo decine di giovani dell’oratorio San Pietro di Rho in Santuario dove maestri spirituali (don Renato Corti, Mons. Saldarini…) ci aiutavano a leggere, meditare, contemplare, pregare, vivere
alcuni Testi sacri della Bibbia.
Altri giovani seguivano l’insegnamento della religione cattolica a scuola. Quei giovani (sono passati 35 anni) sono gli adulti di oggi: sposi, mamme, papà, professionisti, lavoratori… forse anche con un’esistenza segnata da sofferenze e preoccupazioni ma nella piena maturità della vita umana.
Sono gli educatori dei ragazzi e dei giovani.
Allora viene spontaneo chiederci: ma quei giovani di allora che rapporto hanno oggi con la Bibbia? La leggono, la pregano, la vivono ancora? Talvolta si ha l’impressione che la vita odierna con il ritmo così travagliato metta in secondo piano l’accostare la Parola di Dio con un po’ di approfondimento serio ed intelligente. Ci accontentiamo di qualche lontano ricordo. Guai se nella mia e nostra vita di Preti la Parola di Dio non
occupasse un posto importante nella riflessione personale anche per preparare le omelie ma soprattutto per illuminare le scelte e il modo di agire quotidiano! Allora esaminiamoci: non accontentiamoci dell’ascolto della Parola a Messa e di qualche omelia, anche se l’anno liturgico è la prima fonte preziosa per ascoltare e meditare la Bibbia.
Gli strumenti permessi dalle nuove tecnologie sono poi di grande aiuto! Sfruttiamoli!
Anche la Scuola della Parola proposta dall’Azione Cattolica è occasione preziosa.
Soltanto se alimentiamo la nostra fede in un contatto con la Parola, potremo
passare indenni attraverso il deserto spirituale dell’Europa moderna.
don Paolo Ferrario
È davvero Dio che ci parla
Cosimo Iodice ci spiega l’importanza del Ministero del Lettorato poiché è Parola di Dio ciò che viene proclamata durante le liturgie eucaristiche. Non parola di uomini, ma, Parola di Dio. É Lui l’autore.
Cosa accade nel momento in cui il lettore si alza e sale all’ambone per proclamare la Parola di Dio nella liturgia? Nell’atto della proclamazione, la Parola di Dio che è depositata nelle Scritture, ritrova la sua forza viva, il suo
carattere di evento sorgivo.
Nella liturgia della Parola, attraverso la voce del lettore, il Verbo torna a farsi carne: il lettore è dunque al servizio di una doppia manifestazione, quella, del Mistero di Cristo e del Mistero della Chiesa, comunità profetica ed apostolica. Il fatto che è affidato ad un ministro non ordinato, afferma la verità secondo cui la Chiesa partecipa del ministero apostolico e profetico, in virtù del sacerdozio battesimale.
Difatti il Motu Proprio “Spiritus Domini” scritto da Papa Francesco evidenzia proprio questo. Il Santo Padre ha deciso di scrivere questo documento, che contiene la scelta di assumere stabilmente i laici, che abbiano l’età e le doti, mediante un rito liturgico stabilito, ai ministeri di lettori e di accoliti. Questo servizio, comporta una stabilità, un riconoscimento pubblico mediante un mandato da parte del Vescovo. Ciò rende più effettiva la partecipazione di tutti, uomini e donne, all’opera di evangelizzazione della Chiesa. Questo servizio ormai pienamente riconosciuto ai laici, realizza ancor di più la partecipazione al sacerdozio battesimale che compete a tutte le figlie e i figli della Chiesa.
Perché dalla Parola proclamata sia davvero Dio a parlare, è necessario che il lettore sia ascoltatore della Parola che proclama e in nessun modo frapponga alla Parola di Dio la sua voce e la sua parola. La liturgia della P arola, infatti, non è didascalica, contiene la Rivelazione. Ritrovare questa consapevolezza è condizione necessaria per ridare spessore alla voce della proclamazione e al servizio liturgico.
Ogni lettore deve orientare alla Parola di Dio, il suo sguardo, più che all’assemblea. Perché, là dove lo sguardo è orientato, tutto orienta al Signore Gesù. Per questo, non è importante che gli uomini e le donne che prestano servizio come lettori siano molti o pochi, ma, invece, è importante, che siano preparati umanamente, spiritualmente e liturgicamente. L’attenzione al servizio liturgico, nello specifico del lettore, non è semplicemente una strategia pastorale per coinvolgere i laici a partecipare, ma, bensì prepararli al servizio della partecipazione di tutto il popolo di Dio al Mistero celebrato. Grazie a tutti i lettori della comunità pastorale per il loro servizio liturgico, per loro salga al Signore la nostra preghiera, affinché, sempre possano concorrere al bene. Che la Parola proclamata e annunziata sia sempre luce per il cammino di tutti.
Cos’è la preghiera? Cosa significa pregare per un giovane?
A queste domande ha risposto Martina, 27 anni, raccontandoci la sua
esperienza di “comunicazione” con Dio
Spesso di fronte a queste domande ci viene in mente quando, sin da piccoli, siamo esortati da un adulto o da una figura di chiesa a imparare e ripetere delle formule già confezionate; in verità è molto di più.
Pregare è connettersi con un tu, con Dio. Ho scoperto negli anni che la
preghiera risponde al mio desiderio di conoscere, fare esperienza di Dio e di non cercarlo solo quando ne ho bisogno per superare delle difficoltà. Lentamente ho cercato di svuotarmi delle consuete maschere che si fanno indossare a Dio: quella di un Dio tappabuchi, di un Dio giudice, di un Dio contabile, di un Dio della perfezione, di un Dio dei sacrifici.
Per fare questo occorre leggere e ascoltare la Parola di Dio. L’ascolto è l’atteggiamento che permette di fare spazio all’altro, di uscire da sé stessi, di alzare lo sguardo e mettersi in comunicazione con lui, nonostante la consapevolezza che sia di immane fatica. Questo permetterà, con il tempo,
di capire che il nostro Dio ha altre caratteristiche: è il Dio dell’alleanza,
della misericordia, della grazia, della bellezza e della gioia. Un Dio che si fa
chiamare Padre, che è disposto a dare tutto per noi: noi valiamo il sangue
di Cristo! Nulla può fermare l’amore che Dio ha per noi, nemmeno i nostri
peccati. Lui ci chiede, a braccia aperte, di essere disposti ad accogliere il Suo
amore. Ci chiede di fidarci e affidarci a Lui, perché se anche le cose nella
nostra vita non vanno come auspicavamo, Lui è sempre accanto a noi e ci tende la Sua mano perché lui è l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Non è semplice per un giovane arrivare a queste consapevolezze, soprattutto in un tempo così precario che mette alla prova chiunque.
Per questo è necessario che si faccia aiutare da chi nel cammino per conoscere Dio è più avanti, che si affidi a una guida spirituale e a percorsi di Fede, anche al di là di un contesto parrocchiale, che possano accompagnarlo nel discernimento. Come Papa Francesco ci ha insegnato, in quella giornata che resterà nella storia quando ha pregato in una Piazza San Pietro completamente vuota, riempita solo dal suono delle ambulanze: nessuno si salva da solo! Un giovane ha bisogno di essere indirizzato nella lettura del Vangelo, affinché gli vengano consegnati strumenti e metodi per poter affrontare poi, anche da solo, una riflessione su un certo brano; deve essere stimolato e incentivato a capire che quello che legge non è una storiella di fatti lontani, ma qualcosa che parla alla sua vita.
Eleonora Murero
Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani
“Che siano uno perché il mondo creda” (Gv 17,21)
Questa frase dal Vangelo di Giovanni rappresenta il pressante invito all’unità di tutti i cristiani, che proprio nel mese di Gennaio di ogni
anno si ritrovano in preghiera per questo, nel mondo cattolico come in quello luterano, anglicano, ortodosso e altri. L’unità di tutti i cristiani era già un appassionato impegno del Concilio Vaticano II, ripreso con forza da San Giovanni Paolo II (“Ut Unum Sint”, 1995). L’Assemblea Interreligiosa delle chiese cristiane nel 1999 ribadiva la profonda convinzione che “il dialogo tra le religioni non significhi rinunciare alle proprie identità, ma piuttosto rappresenti un momento di scoperta. Impariamo ognuno a rispettare l’altro come membri di un unico genere umano. Impariamo ad apprezzare sia le nostre differenze sia i valori comuni che ci tengono vicini…(…)…noi ci chiediamo l’un l’altro di dimenticare gli errori passati; di promuovere la riconciliazione; di impegnarci in prima persona per superare l’abisso tra ricchezza e povertà e di lavorare per un mondo di giustizia e di pace durevole”.
Anche quest’anno è stata riproposta la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, con la profonda radicata consapevolezza che la preghiera di tutte le chiese cristiane è il fulcro che muove le coscienze di ciascuno nel ritrovarsi insieme nella sequela di Cristo, con la certezza di essere costruttori di pace e creatori di ponti.
Guido Feltrin
S. Messa Educatori e Catechiste
VENERDÌ 29 GENNAIO alle ore 20.30 presso la Parrocchia San Giovanni Battista si terrà la S. Messa per catechisti ed educatori della città in occasione della settimana dell’educazione e della memoria di San Giovanni Bosco
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