Il Cenacolo di Leonardo da Vinci è uno dei vertici della pittura di tutti i tempi: da ormai 500 anni questo capolavoro affascina chiunque si avvicini per ammirarlo.
La sua storia. Leonardo aveva circa 40 anni quando lo dipinse nel refettorio della Chiesa di S. Maria delle Grazie a Milano su incarico di Ludovico Sforza detto il Moro, che da qualche anno lo aveva accolto e gli aveva dato fiducia e libertà di agire nei più diversi campi e interessi. Dopo 4 anni di intenso lavoro, nel 1498 l’artista termina il dipinto, fra la generale ammirazione. Dopo pochi anni, però, la tecnica utilizzata dal maestro – che gli consentiva molti ripensamenti in corso d’opera – si rivela fragile e inizia a deteriorarsi.
Ma qual è il segreto di questo dipinto soggetto abbastanza comune agli artisti di ogni tempo?
Il genio toscano sceglie di rappresentare il momento in cui Gesù, nel corso della cena pasquale, annuncia che sarà tradito da uno dei suoi apostoli e in particolare nell’istante che segue quella dichiarazione, in cui si scatenano le reazioni dei dodici. Un’interpretazione del genere, con una simile sensibilità e intensità nessun artista l’aveva mai concepita: al pittore, sono le sue parole, interessa raffigurare “i moti dell’animo”, le espressioni, i sentimenti, visti nella loro naturalezza, una rivoluzione per l’epoca. Possiamo vedere allora le figure dei discepoli che paiono ritrarsi ed è come si muovessero con le diverse posizioni delle mani, del busto, dello sguardo. Come se un’onda in partenza dal centro della tavola, dove c’è Gesù, si propaghi ai due estremi della stessa e poi, come in un riflusso, ritornasse al centro: si percepisce allora lo stupore e l’incredulità nel volto di Pietro e degli altri a causa dell’inaspettata notizia .
Gesù al centro. In questo vortice solo Gesù è solo e siede al centro della scena, il capo un po’ inclinato: il suo sguardo non va sui volti degli apostoli, ma è rivolto verso la tavola e fissa il pane e il vino che stanno per essere donati. Il suo turbamento è ben espresso da uno sguardo pensoso, preveggente dell’imminente destino di tradimento e di morte. Destino a cui tuttavia il Cristo non si rassegna, ma si consegna con consapevolezza, con l’abbraccio: persino per il traditore si aprono le braccia. Proviamo allora anche noi a entrare idealmente in questa sala in cui si possono rivivere, con un pizzico di emozione, quegli istanti. Noteremo un ultimo dettaglio: da qualsiasi punto la si guardi ci si sente direttamente coinvolti, partecipi nel profondo. Un miracolo di prospettiva creata dall’inclinazione della tavola: tutto parte da Cristo e tutto torna a lui, i nostri sguardi calamitati dal suo volto. Spinti ad andare oltre, verso la finestra e il paesaggio alle spalle che collega la terra al cielo.
Vito Bellofatto
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