Un colpo di fulmine?

La giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, celebrata domenica scorsa, ci ha offerto l’opportunità di pregare e riflettere e approfondire il dono e il mistero della chiamata di Gesù a seguirlo in un affascinante cammino evangelico che si fa missione per la chiesa e per il mondo.

Nella nostra Comunità il 23enne Edoardo Mauri, della parrocchia di San Pio X (desiano doc), studia al seminario di Venegono da tre anni, e sta seguendo il percorso di formazione per diventare sacerdote. Lo abbiamo intervistato e lui ci ha raccontato come è nata la sua vocazione.

Edoardo, come è nata la tua vocazione? Hai sempre saputo che avresti voluto fare il prete?
No, non ho avuto nessuna illuminazione, nessun colpo di fulmine, diciamo che è nata come una scintilla. Un’intuizione dentro di me è sbocciata nel 2017, mentre facevo un ritiro quaresimale con il gruppo Samuele, dove ho fatto vera esperienza dell’amore di Dio, meditando il brano della pesca miracolosa del vangelo di Luca 5,1-11. Gesù vede tornare i discepoli a mani vuote, gli dice di ritornare a pescare, benché essi non fossero d’accordo, poi però pescano pesci in grande quantità. Pietro allora davanti al suo errore capisce di aver sbagliato a non essersi fidato subito di Gesù, è un peccatore e si sente tale. Ma invece di allontanarsi Gesù, in maniera semplice, gli dice: “Non temere”. Perché mi ha fatto effetto? In quel momento mi sentivo lontano da Dio, non capivo cosa volesse dalla mia vita, come si sarebbe potuta concretizzare la mia vocazione. Era frustrante. Ripetere però quel “Non temere” è stata una vera chiave di volta. Ad aprile 2018 ho scelto di entrare in seminario e l’ho fatto davanti al crocefisso del venerdì santo. Ero stato confortato ancora una volta dal brano di vangelo dove Pietro rinnega Gesù (si legge il giovedì santo) e, in particolare, lo sguardo che Gesù ha avuto su di lui ha sollevato anche me.
Cosa diresti ai giovani che hanno dubbi sulla loro vocazione?
Facciamo prima una premessa sul significato del termine vocazione. Non vuol dire essere prete, suora e basta. Io questo l’ho capito solo strada facendo, la vocazione in realtà è solo una: quella alla vita cristiana. La vocazione si manifesta solo in questo modo, quando rispondi alla domanda: come ti senti più in grado di amare l’altro? Per chi si sta interrogando, dico che non deve precludersi nulla: è bene restare aperti e liberi a tutte le opportunità. Vuol dire sapersi voler bene e da un certo punto di vista essere “egoisti”, nel senso che sto facendo una scelta sulla mia vita, quindi prendersi del tempo per stare soli con sé stessi. Senza pensare troppo alle aspettative che gli altri hanno di noi. Bisogna sapersi fidare del Signore e dei suoi tempi, senza darsi delle scadenze. C’è sempre l’opzione B! Noi non conosciamo i suoi tempi.
Forse questa riflessione potrebbe fungere da guida: Dove ti senti più amato da Dio?
Com’è la vita in seminario?
Il primo impatto con il seminario è stato di stupore: è davvero un bel luogo, ma ho capito di essere in seminario solo durante le prime vacanze di Natale. È una comunità chiusa con giovani della mia età (23 anni, ndr), e pertanto le relazioni che si vivono sono amplificate e vissute in maniera forte, molto diversa rispetto a quando si è fuori.
Un’esperienza che non vedo l’ora di ripetere è la settimana di silenzio che viene proposta in quaresima. Ero terrorizzato, invece è stato bellissimo: ti stacchi da tutto per 6 giorni e trovi tempo per Dio e te e nient’altro. Alla fine ti rigeneri spiritualmente e come essere umano.
La parrocchia è però il mio ambiente prediletto, ora sono a Cassina de’ Pecchi nei fine settimana, mentre la domenica pomeriggio del triennio sono stato a Busto Arsizio.
Da ultimo devo dire che l’abito fa la sua parte nel comporre la figura del seminarista in quanto tale: un giovane che fa un certo cammino, può aiutare i giovani e i ragazzi a una relazione più facile e a confidarsi sui dubbi di fede.
Come ti immagini tra a 5 anni? E ti saresti visto così solo 5 anni fa?
Cinque anni fa, nel 2016 ho partecipato alla giornata mondiale della gioventù (GMG) a Cracovia. Avevo paura di capire e mettere a fuoco la mia vita a livello di fede e, visto che la GMG è famosa per aver acceso numerose vocazioni, ero sospettoso. Però dopo la veglia al campus misericordiae con papa Francesco mi sono chiesto: perché tutti questi giovani sono qui a pregare? Riflettendoci sono arrivato dove sono oggi.
Tra 5 anni spero di essere prete (a Dio e rettore permettendo, scherza, ndr), vorrei essere un uomo di comunione. Vorrei essere una guida e una figura di riferimento nella mia parrocchia. Vorrei essere in grado di mettere in pratica gli insegnamenti del seminario cercando di mantenere equilibrio tra preghiera e lavoro. So che sarà un passaggio delicato, ma ci proverò. Inoltre mi auguro di saper ascoltare.

Eleonora Murero