Missione: disturbo e libertà

Quando un missionario racconta le difficoltà ad annunciare il Vangelo in un contesto abitato da altre religioni, ostile talvolta fino alla violenza e al martirio, qualche anima bella non manca di chiedere: «Ma perché disturbarli? Lasciamoli nelle loro abitudini…».

Se c’è chi si commuove ai racconti di quanti spendono la vita per portare ai più poveri del mondo salute, cultura, conoscenze, tutela dei diritti, altri reclamano insoddisfatti dicendo che così non si evangelizza, si fa solo solidarietà umana o addirittura politica.

La storia della missione ci dà testimonianze buone e cattive, come in tutte le realtà umane: aiuto ai popoli e alleanze con i colonialisti; difesa delle culture e imposizione di modelli estranei.

San Giovanni Paolo II così riassumeva le ragioni della missione della Chiesa presso tutti i popoli: «All’interrogativo: perché la missione? noi rispondiamo con la fede e con l’esperienza della chiesa che aprirsi all’amore di Cristo è la vera liberazione. La missione è un problema di fede, è l’indice esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi».

La missione nasce dalla fede e interroga ogni essere umano e la sua libertà: se disturba non è per sconvolgere o costringere, ma per interpellare il cuore e proporre la gioia del Vangelo. Una proposta che è anche liberazione, cioè promozione della dignità di ogni persona. Un po’ di disturbo non dovrebbe mancare anche qui tra noi: chi trascura Cristo o lo ha espulso dalla propria vita, è proprio sicuro di percorrere la via della felicità?

don Gianni