Domenica II dopo l’Epifania

La liturgia ci presenta il primo miracolo di Gesù, che Giovanni chiama “segno”, un gesto che rimanda a una realtà più profonda.

Si tratta di un matrimonio salvato, nella sua gioia, da Gesù. Oltre al racconto in sè, c’è il significato biblico del vino che è segno di gioia. All’acqua delle fredde giare di una vita monotona, alla routine di un amore che non ha più nulla da dire Gesù porta la forza dell’amore che dà sorriso e gioia e tutto questo, come sempre, in modo imprevedibile e, per noi, esagerato.

È un miracolo operato per la mediazione di Maria: Gesù pare resistere alla Mamma, ma nell’insistenza di Maria vede la volontà del Padre.

Maria è presente nel presepe, qui, al primo miracolo e ai piedi della croce. Il suo compito è ricordarci che dobbiamo “fare quanto Egli ci dirà”, nella certezza che quanto ci chiede di fare si realizzerà. Il racconto si chiude con una frase che segna il sorgere della Chiesa: i discepoli che credono nel “segno” sono la prima comunità cristiana.

Oggi è la Chiesa che deve essere “segno” della presenza di Gesù nel mondo: i miracoli di Gesù si devono ripetere oggi nella vita della Chiesa.
Tutta la vita cristiana vissuta con coerenza, anche se con difficoltà e sbagli, è segno che il Signore è presente nella sua Chiesa.

Chiediamo al Signore di aiutarci ad essere “segno” vivente del suo amore nel vivere in pienezza il Sacramento del Matrimonio, nel superare invidie e divisioni, nell’attenzione agli altri.

don Alberto