È stata fissata per sabato 29 la celebrazione della posa di alcune pietre di inciampo a Desio, come complemento della Giornata della Memoria, celebrata ogni anno il 27 gennaio, data in cui fu raggiunto e liberato nel 1945 il campo di Auschwitz.
È facile intuire il concetto di inciampo: devo stare attento, non posso trascurare, non devo dimenticare, devo tenerne conto anche se non l’avevo previsto.
Con quelle pietre, dissero i promotori dell’iniziativa, si fa propria un’affermazione del Talmud: «Una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome».
I meno giovani hanno sentito raccontare dai genitori gli orrori della seconda guerra mondiale, la paura dei bombardamenti, il disagio degli sfollati, i rastrellamenti per arruolare giovani uomini. Ogni guerra diventa occasione poi per la crescita della crudeltà, che giunge a organizzare i genocidi, i campi di concentramento, le persecuzioni etniche. E a tutto ciò si aggiungono il risentimento delle vittime e dei loro familiari, il radicarsi dell’odio, l’impossibilità a perdonare.
Quando papa Francesco, seguendo l’esempio dei suoi predecessori, ci invita – come accaduto lo scorso 26 gennaio a riguardo della crisi ucraina – a pregare per la pace, non è solo per evitare disagi e paure, ma per garantire la qualità umana della vita di tutti.
Aggiungiamo pure: anche la buona qualità della vita familiare e affettiva, troppo spesso ferita da guerre interne che logorano le persone e le relazioni, talvolta senza rimedio.
don Gianni
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