L’episodio del Vangelo lo ricordiamo in ogni Messa prima della Comunione quando diciamo “o Signore non sono degno, ma di soltanto una parola e sarò salvato”. Il centurione è un pagano, fa parte dell’esercito romano che domina in Palestina, che non sempre è rispettoso dei sudditi, eppure è profondamente umano: è preoccupato dei suoi servi, aperto ai bisogni della comunità in cui vive, perché ha contribuito a costruire la Sinagoga. Ha una
fede viva, concreta, di poche parole, umile ma senza riserve, tanto da meritare i complimenti di Gesù “in Israele non ho trovato nessuno con
una fede così grande”.
L’atteggiamento di Gesù ci ricorda che la salvezza è voluta da Dio per tutti gli uomini: si muove subito per andare nella casa di un pagano per guarire il servo. Gesù, dopo aver lodato la fede del centurione pagano, fa notare che purtroppo i figli del Regno, che non hanno creduto saranno cacciati fuori.
L’atteggiamento di Gesù verso il centurione, pagano e romano, ci interroga se noi siamo capaci di scoprire il bene che c’è in una persona a prescindere da razza, religione, ceto sociale.
La nostra fede è come quella del Centurione sincera, umile, concreta, viva?
Quando diciamo, prima della Comunione, le parole del Centurione, diciamole con il cuore: “so o Signore che sono indegno di riceverti, ma sono
certo che tu desideri venire nel mio cuore e tu puoi cambiarlo”.
don Alberto