«Come si può dunque definire una “comunità alternativa”? È una rete di relazioni fondate sul Vangelo, che si colloca in una società frammentata, dalle relazioni deboli, fiacche, prevalentemente funzionali, spesso conflittuali. In tale quadro di società la comunità alternativa è la “città sul monte”, è il “sale della terra”, è la “lucerna sul lucerniere”, è “luce del mondo” (cf Mt 5,13-16)»: così nel 1995 scriveva il card. Carlo Maria Martini nella lettera pastorale intitolata Ripartiamo da Dio.
A pensarci bene, la Pentecoste porta il dono dello Spirito ed è un esplicito invito a ripartire da Dio! Ripartire verso dove? Un frutto dello Spirito è la comunità di cui facciamo parte e che è chiamata a non omologarsi con i criteri mondani, ma a portare nel mondo la libertà di Dio, il suo amore, i segni della sua misericordia.
Lo Spirito non scende in una comunità perfetta, coraggiosa, efficiente, ma tra coloro che Dio sceglie perché si convertano e diventino comunità alternativa.
Comunità, perché fonda i suoi legami non sulla simpatia, ma sulla fraternità. Alternativa, perché inviata a portare al mondo la novità del Vangelo.
Aggiungeva il card. Martini: «Anche con tutti i suoi peccati la comunità alternativa rimane un ideale di fraternità in divenire, destinato a mostrare a una società frammentata e divisa che possono esistere legami gratuiti e sinceri, che non ci sono solo rapporti di convenienza o di interesse, che il primato di Dio significa anche emergere di ciò che di meglio c’è nel cuore dell’uomo e della società».
don Gianni