In missione

In missione per condividere la nostra vita con
i meno fortunati della Terra

Giorgio e Cristina, una coppia della Diocesi di Treviso, dopo una esperienza di missione in Ecuador sono pronti a ripartire per il Brasile e qui ci raccontano perché hanno fatto questa scelta di vita.

Succede, che una coppia, felicemente sposata, di circa quarant’anni, con un passato e un presente costruito nel proprio territorio, fatto di amicizie forti, di lavoro e di un luogo dove vivere con serenità, a un certo punto decida di andare a vedere una parte di mondo abitata principalmente da gente povera, per toccare e sentire un altro tipo di umanità.

Perché questo bisogno, questa necessità? Ce lo siamo chiesti molte volte io e mia moglie. All’inizio pensavamo che fosse mera curiosità, non fosse altro per uscire fuori dagli schemi, ma con il passare del tempo ci siamo resi conto che c’era qualcosa di più profondo, qualcosa di più intrinseco che era nato dentro di noi senza che noi stessi ce ne fossimo resi conto.

A posteriori, analizzando la vita antecedente alla missione, ne abbiamo dedotto che la nostra traiettoria ci aveva portato ad un bivio e stava a noi riconoscere la strada futura da intraprendere. Per noi era quella di condividere la nostra vita con le persone meno fortunate che vivono sul nostro stesso pianeta.

Una volta che siamo riusciti a liberarci da tutte le incombenze oggettive che ci legavano al nostro territorio, siamo partiti, con leggerezza, come se fosse la cosa più naturale del mondo. E così è stato dal primo giorno in cui siamo arrivati in Ecuador, nell’aprile del 2016, fino a oggi.

Ora siamo a Verona, partecipiamo al corso per partenti organizzato dal CUM (Centro Unitario per
la formazione Missionaria). La nostra esperienza ecuadoriana è terminata il 12 luglio di quest’anno, ma già si avvicina una nuova partenza. Sarà in Brasile, nella zona amazzonica al confine con il Venezuela.

Qui a Verona si parla spesso di missione, di invio, ma noi preferiamo un atteggiamento diverso, che si avvicina più ad una esperienza di vita, che sia di crescita per noi e per le persone che conosceremo, con cui potremo condividere le cose più belle della nostra cultura e assorbire da loro quanto di più genuino del loro stile di vita.

Una vita, un quotidiano fatto anche di molte sofferenze. Violenza sui minori e sulle donne, uccisioni di persone dove il valore della vita è quasi nullo, disoccupazione, analfabetismo, scarse possibilità di accesso alle cure mediche di base, sopraffazione degli indigeni della selva e distruzione dell’ambiente in cui vivono, sono solo alcune delle situazioni in cui dovremo vivere.

Ma perché non dare una possibilità, un’opportunità a queste persone relegate ai margini del mondo? Fosse solo per una di queste persone, si tratta sempre di un essere umano, la cui vita è il bene più prezioso e il cui valore, soprattutto in quei luoghi, sta perdendo sempre più il suo significato.

Dare valore e un senso alla vita di ciascuno di noi, dare un senso al passato, presente e futuro, far sì che gli sforzi per il progresso umano dell’individuo non siano stati inutili. Dare forza a quello
spirito di giustizia e uguaglianza fra le persone della terra, che è l’unica condizione per il raggiungimento di “fratelli tutti”.

L’utopia ha sempre albergato nell’animo dell’uomo, ma la storia ha dimostrato che quello che era utopia ieri, domani potrà diventare realtà. Certo quel domani a cui ci riferiamo sembra lontanissimo, ma non dobbiamo sottovalutarci, dobbiamo credere. Noi crediamo nell’uomo come incarnazione dell’essere divino, qualsiasi cosa questo possa significare. Noi non abbiamo mai approfondito né il Vangelo né la Bibbia, qualche volta ne abbiamo sentito qualche passaggio ma nella nostra piccola esperienza abbiamo collaborato spesso con sacerdoti e suore che cercano di mettere in pratica gli insegnamenti di Gesù. Vivendo accanto a loro ci siamo resi conto che quegli insegnamenti fanno parte della nostra natura, è come se lo spirito divino fosse entrato in noi (qualcuno ce l’ha detto). Non sappiamo in realtà come stanno le cose, può anche essere che sia così, ma crediamo che questo sia solo un dettaglio. Per noi la cosa più importante, quella che ci fa muovere verso l’altro, è la consapevolezza che tutti noi facciamo parte di un qualcosa che ancora sfugge alla nostra percezione, ma è sicuramente qualcosa di immensamente grande.

Marino Giorgio e Boldrin Cristina