Primavera 1991. Ero al quarto anno delle superiori, in quel paesino del profondo sud, nel tacco d’Italia. Ci avevano preannunciato giorni prima che un vescovo sarebbe passato in tutte le aule a salutare gli studenti. Quella mattina come al solito ero davanti all’ingresso dell’istituto scolastico con i miei amici, prima dell’inizio delle lezioni.
Poco prima delle 8 arriva una Fiat 500 e posteggia proprio davanti all’ingresso della scuola. Si apre la portiera, scende un uomo elegante vestito con il clergy, e una bella croce di legno sul petto. Deve usare tutta la sua forza per richiudere la portiera della 500, tanto che a noi studenti strappa una risata. Si avvia nella scuola, incontra il preside, che subito comincia a chiamare tutti gli studenti invitandoli ad entrare. “È già arrivato il vescovo, presto, entrate in aula!”.
Ma chi sarà mai questo vescovo poi?? Lui sembra mettere da parte il preside, comincia a incrociare gli sguardi degli studenti, a qualcuno regala un sorriso, ad altri una pacca sulla spalla.
Poi inizia il giro delle aule. La mia aula era molto piccola, tanto che il mio banchetto era praticamente attaccato alla cattedra del professore. Lui entra in aula, si posiziona davanti al mio banchetto, dice qualche parola di saluto che ora nemmeno ricordo bene. Poi finito, mi fissa negli occhi, perché ero proprio davanti a lui, e appoggia la sua mano sulla mia spalla. “Forza e coraggio” mi dice.
E oggi, a 30 anni dalla sua salita in cielo, ho capito di aver incontrato una persona straordinaria e profonda. Mons. Antonio Bello continuava a farsi chiamare don Tonino, perché così era nato e così voleva essere ricordato.
E don Tonino resta sempre così nel mio cuore, perché non bastano poche battute di un articolo per conoscerlo: bisogna leggere i suoi pensieri, dall’amore per la Vergine Maria al suo impegno per la pace, dal suo amore per gli ultimi alla sua rivoluzionaria visione di una Chiesa con il grembiule, operosa, che ama i poveri, che vive in un mondo migliore, senza ipocrisia.
Diac. Fabrizio Santantonio