“Imagine there’s no heaven”. “Immagina che non ci sia paradiso”, cantava John Lennon nel 1971.
L’uomo di oggi, ferito, ma ancora abbagliato dalle grandi promesse di felicità terrene di capitalismo e marxismo, è rimasto intrappolato in orizzonti troppo angusti per il suo cuore. Ha perduto il Paradiso: non sa se crederci, non gli interessa, lo cerca in terra. Se il pensiero riemerge in lui, è per una realtà angelica, dove tutti continuano la loro vita, anche con gli animali domestici defunti, senza una giustizia, un rendere conto finale della nostra libertà. Altre volte preferisce consegnarsi alla visione tragica della reincarnazione promossa dalle filosofie orientali.
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Il Regno di Dio, che chiediamo in ogni Padre nostro, è poco compreso anche da noi. Questa attesa sopravvive sicuramente nella dimensione morale e provvidenziale terrena quando preghiamo per la pace, per l’unità in famiglia, per l’ambiente, ma è spesso recisa dalla Resurrezione di Cristo. Aver reciso il legame con il Paradiso ha tuttora gravi conseguenze in ciascuno di noi: prima tra tutte la disperazione crescente.
Le tracce della vita e della fede dei primi cristiani raccolte nelle Lettere dell’Apostolo Paolo ci parlano invece di comunità provate, perseguitate, ma mai disperate.
“Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti.”
(1Tes 4,13-14)
Avevano ben chiaro l’orizzonte della loro speranza: il Regno di Dio, qui e in Cielo, la Pasqua di Cristo, la Sua misericordia, il Suo giudizio e la resurrezione dei morti.
“Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede.”
(1 Cor 15,13-14)
Erano autentici pellegrini di speranza nel cammino della loro vita terrena perché erano aperti a Cristo e alla vita eterna. Avevano incontrato il Suo amore.
Qual è il significato di ricevere l’indulgenza plenaria durante questo 2025? Metterci in viaggio per Roma, attraversare la Porta Santa, vivere il Sacramento della Riconciliazione, comunicarci durante la Santa Messa, rinnovare la nostra fede, pregare per il Papa e per i defunti?
È solo per un certo sentire di pace momentanea? Oppure è per aiutarci ad allargare il cuore a quella speranza che non delude?
“Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia.”
(Gv 16,22)
don Marco Albertoni
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