Tre semplici lettere: B O H. L’unione di queste tre letterine ha il sapore dell’indefinito, del non conosciuto e della non voglia. Se ci è mai capitato di utilizzare l’espressione BOH lo abbiamo fatto per questioni sulle quali eravamo ignoranti o che reputavamo di poco conto, ma siamo in un’epoca in cui spesso sono gli adolescenti e i giovani a giocare la carta jolly BOH in sempre più occasioni. Potremmo quindi parlare di “generazione BOH”, rubando l’espressione al noto rapper Fedez che ha intitolato così il suo ultimo LP. Dopo la “generazione X” che ha raccolto i nati dalla metà degli anni ’60 agli anni ’80, una generazione priva di un’identità sociale stabilita che ha tanto influenzato la cultura pop ed il marketing, e la nascita della successiva “generazione Y”, media addicted e divoratori di tecnologie, pare ora essere giunta la fase del grande e onnipresente BOH.
Il peso drammatico della crisi degli ultimi anni e le incertezze ad essa dovute hanno fatto si che la parola BOH abitasse sempre più la bocca dei giovanissimi, come se fosse un chewing gum che non perde mai il sapore. Il lavoro si è spostato dal campo delle sicurezze da conquistare a quello dei sogni lontani; i legami familiari e affettivi sembrano aver imparato proprio dall’ambito lavorativo a diventare temporanei; le certezze -anche se- fastidiose della fede sono state abbandonate lasciando spazio al dio Sport o alla divinità Sballo. I problemi sono diventati così frequenti che pare essersi arresi nel faticare per risolverli, in un certo senso si è già andati oltre la provocazione portata a Sanremo da Francesco Gabbani che canta “elaboriamo il lutto con un amen […] dimentichiamo tutto con un amen”, dovremmo sostituire il caro vecchio AMEN con il nuovo e brillante BOH.
Non fraintendetemi, non credo che i giovani attuali siano senza speranza, ma che facciano molta fatica sì. Proprio per le difficoltà evidenziate bisogna stargli accanto e accompagnarli nel loro pellegrinaggio quotidiano, per superare i momenti di stallo e le delusioni che non mancano ogni dove. Credere in loro per far riaccendere la fiducia in sé stessi e scoprire le proprie capacità, far tesoro delle potenzialità nascoste in ognuno di noi per sfruttarle al massimo. Servono promotori di speranza, che fortifichino i ragazzi nella lotta contro la noia e l’apatia, che gettino nuova luce sul domani oscurato dall’ombra dell’incertezza. Avendo difronte i testimoni giusti, allora sarà possibile rafforzare la fiducia in quei valori che alimentano la vita di ogni uomo: la giustizia, l’impegno, l’Amore (quello con la A maiuscola che crede nella fedeltà).
Fortunatamente non mancano diversi progetti a livello territoriale che hanno come fine il sostegno e l’affermarsi dei giovani. Mi permetto di citarne solo due: il primo è “GO! Giovani Opportunità” che vede coinvolti il Comune di Desio e quelli limitrofi; il secondo porta proprio il nome “Generazione BOH!” ed è stato pensato e curato dalla Pastorale Giovanile del nostro decanato. Un ciclo di tre film su diversi aspetti del disagio giovanile [2-16 marzo e 6 aprile presso il teatro La Campanella di Bovisio M.] e un concerto-testimonianza della rock band The SUN, che ha riscoperto la bellezza e l’importanza della fede.
A volte bastano piccoli gesti e semplici esperienze per riaccendere dentro di sé la voglia di dare il massimo e sputare via la logorata gomma da masticare marchiata BOH.
don Pietro