Presso la sede Missionari Saveriani in via Don Milani 2 – Desio Sabato 15 – 22 – 29 ottobre e 5 novembre 2022 dalle ore 14,30 alle ore 18,30 Il materiale per la realizzazione del soggetto scelto verrà consegnato all’inizio del corso. Iscrizioni presso i Missionari Saveriani in via Don Milani 2 – Desio dal lunedì al sabato dalle 14,30 alle 18,00 Per informazioni tel. 0362 625035 – desio.xavier@gmail.com
La festa di Desio torna con qualche novità e non senza qualche ferita che il periodo della pandemia sembra avere lasciato.
Da non trascurare è l’origine religiosa della festa, legata alla ricorrenza della Madonna del Rosario. Lungi dall’immaginare che un popolo numeroso accorra ancora agli appuntamenti di preghiera (non è così però in città vicine dove ho potuto osservare un fervore più intenso), il richiamo resta: se lo sguardo sul divino non sembra far più parte della cultura dominante, la nostalgia del totalmente altro – come dicono alcuni – resta nel cuore di ogni essere umano. Anche chi non sa nominare Dio vive desideri profondi, slanci di verità, ricerca del bene, sogni di felicità. Forse oggi più del recente passato, segnato da non poche false illusioni: le prove collettive che stiamo vivendo in alcuni creano ansia, in altri rabbia, in tutti la sensazione che non bastiamo a noi stessi e che occorre innalzare lo sguardo verso qualche speranza per vivere bene.
La festa è anche momento di partecipazione, di tempo condiviso, di aggregazione.
Non è facile stare insieme e avere spirito di comunità quando nel mondo prevalgono pensieri e stili di individualismo. I cristiani però possiedono una “profezia” che moltiplica proposte ed esperienze di unità e condivisione. Per Desio significa vivere una festa non solo del “centro”, ma di tutta la città, con i suoi quartieri e le sue parrocchie. Per condividere tra tutti le difficoltà e le ricchezze di tutti.
Don Marco è stato a Fortaleza, Cearà-Brasile, in missione per incontrare Simone, l’amico d’infanzia
La missione è amicizia come testimonia l’esperienza di don Marco di quest’estate. Ce l’ha raccontata:
Parlare di missione estiva mi sembra eccessivo! Certo, da anni c’era nel cuore il desiderio di rivedere Simone, caro amico d’infanzia, emigrato da Lecco in Brasile 15 anni fa! C’era il desiderio di condividere in carne e ossa, e non solo via video-chiamata, l’esperienza della vita, della Fede e di conoscere personalmente la sua compagna e i suoi bambini. C’era il desiderio di ritornare in una terra e incontrare una Chiesa visitata nel lontano 2010 che avevano toccato il cuore. Solo così posso parlare di piccola missione estiva!
Sono partito la notte del 16 agosto con destinazione Fortaleza, Cearà-Brasile e sono rientrato a Malpensa nel pomeriggio del 24 agosto. Pochi giorni, ma ricchi! Vi racconto alcuni piccoli “tesori nascosti” trovati in questo campo della vita!
La tecnologia è fantastica, ma l’incontro ancora di più. Per anni con Simo ci siamo sentiti settimanalmente via email, poi via chat e poi ancora via video-chiamata. Abbiamo chiacchierato, condiviso le normali giornate, le gioie della vita, e anche grandi dolori, con una spontaneità che rendeva i 7210 km non così distanti. Separati da uno schermo, abbiamo riso e pianto, pregato e condiviso la fede molte volte. Molte volte la benedizione del Signore è passata via satellite!
Eppure anche questa meraviglia della tecnologia non può sostituire la gioia di abbracciare un amico dopo 15 anni, giocare e prendere in braccio i suoi figli, assaggiare la colazione brasiliana e il cafezinho preparati dalla sua compagna. Impagabile è entrare nei luoghi di lavoro di noi italiani emigrati all’estero e conoscere decine e decine di lavoratori italiani e brasiliani dentro una città giovane sull’oceano, che cresce velocemente, con una natura stupenda attorno, spesso derubata, con grandi contrasti, ma anche molta voglia di vivere.
La Chiesa è sempre “casa” e ancora una volta l’ho sperimentata come Cattolica: universale. Aver concelebrato la Messa nella parrocchia di Nossa Senhora da Glória, anche senza capire tutto, mi ha riportato a casa perché lì c’era Gesù, il Suo Gregge radunato attorno a Lui, Maria Sua Madre, i Santi, il Vescovo nominato durante la preghiera eucaristica insieme al nostro Papa Francesco, un sacerdote, un gruppo di parrocchiani, un diacono, i ministri dell’Eucaristia, lettori, catechisti.
Anziani, giovani, bambini. Mi ha molto colpito la Ministerialità diffusa, l’attenzione all’Eucaristia, alla Parola di Dio e all’evangelizzazione di giovani e famiglie della Chiesa Cattolica Brasiliana. L’esperienza di doversi confrontare con le comunità evangeliche è stata ed è una ferita, ma anche un’occasione di maturazione!
Credo che anche noi possiamo fare tesoro di quello che sta vivendo questa porzione del Popolo di Dio! Tornare la sera a casa di Simo, insiemea tutto il popolo di Fortaleza che lascia il centro cittadino verso la periferia, non è indolore. Dentro il traffico corposo di auto e molte moto, sotto i cavalcavia, si intravedono figure minuscole: bambini, vestiti con pochi stracci. Con loro alcuni adulti che raccolgono cartoni e si preparano alla notte. Dentro una città bella, di mare, che cresce e sogna un futuro di progresso, ci sono fratelli e sorelle che vivono in povertà grandi, che spingono grossi carri a mano, che vivono in favela ai lati dei grattacieli, che giacciono per strada dimenticati a causa della droga, ci sono ragazze e ragazzi sfruttati per il turismo sessuale locale e d’oltroceano. Il volto crocifisso di Cristo si fa sentire in maniera brusca, bussa al mio cuore e interroga sul mio “sì” a Gesù, sul mio stile di vita, sulle mie scelte, sul nostro essere Chiesa.
Carissimi, la pagina evangelica di oggi fa parte del discorso programmatico di Gesù nel Vangelo di Luca ed è certo tra quelle più note. Prende in esame il primo comandamento, cioè l’amore verso il prossimo, vissuto nella radicalità del Vangelo e, quindi, anche verso i nemici. Proviamo a farci due domande, ricercando la risposta nella Parola del Signore.
Che cosa significa amare?
Amore, nel linguaggio evangelico, non è tanto un sentimento istintivo, di piacere nello stare con una persona o di possederla (èros), ma l’amore di donazione (agàpe). Nello stile di Gesù è la volontà di condividere i doni che abbiamo, di metterci al servizio, di accogliere l’altro. Amare è rompere quella spirale di violenza quasi innata in noi, è porgere l’altra guancia, è perdonare ed accogliere l’altro anche se ci odia.
Ma perché devo amare?
La Parola di Dio fonda questo tipo di amore solo su motivi di fede. Dobbiamo amare gli altri perché Dio ci ha amati: tutto quanto abbiamo è dono gratuito, in particolare il perdono che continuamente Dio ci dà; per essere figli di quel Padre, che ama tutti, anche gli stranieri e che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi; per essere discepoli di Chi ha perdonato chi lo metteva in croce, ha chiamato amico il traditore, ha confermato papa Pietro che lo aveva rinnegato.
L’ultimo, definitivo giudizio sarà proprio sull’amore; se avremo riscoperto il Signore in ogni persona durante la vita e la misura che noi useremo per giudicare gli altri, sarà usata per noi nel giudizio.
Il racconto di Elena Galbiati, Presidente CAV Seregno
Il Centro di Aiuto alla Vita (CAV), come tante altre associazioni per la vita in Italia, è nato per difendere e tutelare la vita umana fin dal concepimento, offrendo un aiuto concreto alla maternità e paternità difficili, sensibilizzando ad una cultura di accoglienza e difesa della vita stessa. Diventare mamma o genitore è normalmente una gioia immensa, un cambiamento naturale e anche delicato, che va accolto e valorizzato. A volte accade che la gravidanza sia inattesa o indesiderata, oppure che sia desiderata, ma la coppia o la famiglia non abbia le risorse economiche per poter accogliere una nuova vita. Quando una mamma, una coppia, una famiglia si rivolge al Centro di Aiuto alla Vita trova delle persone speciali: le nostre Assistenti Sociali/Operatrici svolgono un compito estremamente importante, delicato ed insostituibile. La loro presenza fornisce la garanzia di professionalità e riservatezza che in questi casi è essenziale. Nessun volontario del CAV, neppure il più bravo e volenteroso, potrebbe sostituirle. Aiutare una mamma, una coppia o una famiglia in difficoltà non significa solo sostenerla da un punto di vista economico; significa soprattutto starle accanto attraverso un supporto psicologico e pedagogico quando servono o semplicemente con l’amicizia, facendo sentire che c’è qualcuno a cui ci si può appoggiare per un consiglio, per una certezza, per una parola di conforto nei momenti di solitudine e/o di difficoltà.
Le storie delle mamme che si rivolgono a noi sono storie difficili, fatte di sacrifici e rinunce; le operatrici assistono al coraggio di mamme che, nonostante siano costrette con minacce dal marito, fidanzato o convivente a procedere con l’IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza), scelgono la strada più difficile per loro, quella di portare a termine la gravidanza. Queste donne sono diventate mamme, hanno abbandonato la paura e ora vivono serenamente la loro maternità, hanno pianto, si sono disperate, hanno ceduto, ma poi si sono rialzate e hanno trovato la forza in quel bambino non previsto e a volte non voluto. Il compito che il CAV deve continuare a svolgere nella nostra società è quello di difendere la vita umana aiutando le future mamme a superare le difficoltà e a portare avanti una eventuale maternità difficile per qualsiasi motivazione. È quello che noi facciamo grazie anche a tutti i meravigliosi volontari e benefattori che con il loro impegno e il loro tempo ci permettono di mantenere viva la nostra associazione.
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