La comunità propone la partecipazione all’evento diocesano, una festa per tutte le Famiglie tra spiritualità, spettacolo e testimonianze, celebrerà a Milano l’Incontro Mondiale delle Famiglie, che papa Francesco ha chiesto alle Diocesi di “decentrare” rispetto alla sede ufficiale di Roma 2022 . L’evento si terrà a convergere su Piazza Duomo a Milano, dalle Piazze S. Alessandro, S. Fedele e S. Stefano dalle 17:00 alle 19:00: Piazza San Fedele, Piazza Sant’Alessandro e Piazza Santo Stefano.
Per chi desidera: dalla Stazione FS di Desio, ritrovo ore 15:00 direzione Sesto San Giovanni partenza treno ore 15:39 a seguire trasferimento in metropolitana fino in Duomo. Autonomamente si potrà proseguire per una delle tre piazze animate.
ATTENZIONE ognuno dovrà provvedere autonoma mente all’acquisto dei biglietti per i trasporti.
Ieri pomeriggio sabato 28 maggio il Cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, ha benedetto la cupola della nostra Basilica SS. Siro e Materno, recentemente restaurata; subito dopo ha celebrato la Messa Pontificale a ricordo dei cento anni dall’elezione a Papa di Achille Ratti, Pio XI.
Dopo la benedizione avvenuta sul sagrato della Basilica don Gianni ha donato delle scandole commemorative decorate da artisti del territorio: una per il cardinale Parolin, una per Papa Francesco ed una terza scandola a Mons. Elio Burlon che negli scorsi anni aveva già fatto restaurare il tetto della Basilica.
Al via il progetto legato al centenario della nascita di Achille Ratti, poi diventato Papa Pio XI. Il Centro Internazionale di Studi e Comunicazione Pio XI hanno presentato i loro studi il 27 e 28 maggio e vista l’occasione è stato reso noto il progetto di recupero e valorizzazione della casa natale, un immobile che sarà convertito in un centro innovativo multigenerazionale e aperto al territorio. È stato intitolato a lui anche l’Ospedale della città.
Un fine settimana ricco di emozioni tutte legate alla figura di papa Pio XI, Achille Ratti. Sua Eminenza il Cardinale Pietro Parolin, sta presenziando alle celebrazioni indette dai sodalizi che gestiscono la sua casa natale ubicata nel centro di Desio, nella via a lui dedicata. II Centro Internazionale di Studi e Documentazione CISD, La Fondazione Casa natale Pio XI e gli Amici della casa natale Pio XI unitamente alla Parrocchia dei SS. Siro e Materno hanno voluto rendere storico questo avvenimento.
Dapprima venerdì 27 maggio nella Sala dei due Papi nel Museo dedicato a Pio XI si è tenuta la prima parte della dodicesima edizione del Convegno Pio XI e il suo tempo dove 19 relatori hanno presentato un abstract delle loro ricerche di studio. Oggi, sabato 28 maggio il pubblico è stato accolto nel Centro Congressi del Banco di Desio e della Brianza ed è stato conferito a S.E. il Card. Pietro Parolin il “Premio Internazionale della Comunicazione Pio XI”, giunto alla sesta edizione.
È stato presentato al pubblico, da Equa Cooperativa Sociale in collaborazione con la Fondazione Casa natale Pio XI “Grace Desio” il nuovo progetto di recupero e valorizzazione della casa natale di Pio XI, un immobile che grazie alle sue caratteristiche si presta ad essere convertito in un centro innovativo multigenerazionale e aperto al territorio. Il progetto prevederà la riorganizzazione degli spazi ad uso della Fondazione e del Centro studi A.Ratti unitamente all’allestimento di due grandi sale polifunzionali collocate al piano terra e aperte alla comunità. A questi interventi si aggiungeranno, con il restauro dei piani superiori, residenze in grado di rispondere a molteplici bisogni abitativi e l’innovativa proposta del Villaggio Alzheimer.
A mezzogiorno il cardinale Parolin e l’assessore al Welfare della Lombardia, Letizia Moratti intitoleranno l’ospedale di Desio proprio al papa desiano.
Nel pomeriggio, prima della solenne Santa Messa pontificale verrà benedetta la cupola recentemente restaurata.
In serta si terrà il concerto del coro sinfonico e orchestra “Amadeus” in Basilica, una dolce conclusione per una giornata che proietta così Desio nella storia e nel futuro.
Ciò che temo di più in certe celebrazioni è quel brusio di sottofondo che accompagna alcune occasioni, specialmente durante battesimi, matrimoni, prime comunioni e cresime (qualche volta causato anche dagli stessi collaboratori presenti sull’altare).
Forse non è una malattia grave, ma un sintomo sì. Lo avverto – ma forse esagero – come un essere non del tutto in sintonia con l’azione che il Signore sta svolgendo, come un estraniarsi rispetto all’impegno di preghiera e di relazione con Dio che il momento esige, come una disabitudine a fare silenzio per cercare il volto di Gesù.
Il nostro tempo è costantemente abitato da rumori e induce alla fretta e alla superficialità: chiedere un istante di silenzio, di preghiera, di ascolto, di raccoglimento – raccogliere i pensieri e le forze, per poi agire bene – rasenta lo scandalo. Il prete lo chiede, ma a me che importa?
Forse c’è anche una sottile paura: e se poi Dio mi parlasse davvero e mi spingesse a mettere maggiore impegno ad evitare gli sbagli miei che ben conosco? O mi invitasse a rinnovare scelte e comportamenti nella logica dell’amore e non dell’egoismo? O mi chiedesse di rinnovare in modo più convinto il mio cammino di fede?
Il silenzio: che pericolo! Però non ce n’è mai abbastanza.
Carissimi, celebriamo la festa liturgica dell’Ascensione, Gesù che sale glorioso al cielo, cioè è riconosciuto Signore del cielo e della terra.
Di solito quando una persona cara parte e sappiamo che non la vedremo più, c’è malinconia, tristezza; nel Vangelo invece si sottolineano la serenità, la gioia ben motivata. L’Ascensione non è la partenza di Gesù, ma la sua glorificazione, cioè la proclamazione che Gesù, Uomo-Dio, è uguale in dignità e potenza a Dio Padre.
Come il Padre, anche Gesù è eterno, onnipotente, onnisciente e anche onnipresente, non solo come Dio, ma anche come uomo. Proprio per l’Ascensione, Gesù di Nazareth è qui come in ogni parte del mondo: ci parla, si rende presente nell’Eucaristia, si dà in cibo a noi. È, quindi, un giorno di gioia, di riconoscenza perché ci ha voluto bene, rimanendo con noi.Salendo in Cielo ha portato con se la nostra Umanità è andato avanti a prepararci un posto. L’Ascensione è la giornata più bella in cui pensare ai nostri cari che ci hanno lasciato, con nostalgia, perché li incontreremo di nuovo, con li Signore.
I discepoli ritornano a Gerusalemme nell’attesa “di ricevere la forza dello Spirito Santo, per essere testimoni di Gesù fino ai confini della terra”.
Certo dobbiamo pensare al Paradiso, alla meta che ci aspetta, ma questo non ci disimpegna in questo mondo.Chiediamo, allora, insieme, al Signore, che non ci ha lasciati soli, di essere suoi testimoni nella gioia e nell’amore aperto a tutti.
Edoardo Mauri, originario di San Pio X, è un seminarista al quarto anno della teologia nella diocesi di Milano, ha vissuto un’esperienza di un anno nel carcere di San Vittore a Milano. Qui la racconta per noi, per la nostra Comunità Pastorale.
Cari amici desiani, sono felice di potervi scrivere per raccontare un po’ la mia esperienza di quest’anno. Come seminarista del 4° anno infatti ho vissuto l’anno pastorale nel carcere di San Vittore a Milano. Un anno intenso, ricco in cui ho potuto imparare molto.
“Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”. Con questo versetto semplice e conosciutissimo del Vangelo ho cercato di vivere i diversi incontri coi detenuti.
Tanti i pensieri, le domande, i sani timori prima di iniziare questa avventura desiderata e attesa. Ripenso al primo giorno, alle primissime ore in cui ho varcato i cancelli del carcere e ho due immagini che mi accompagnano e mai mi scorderò.
La prima, è la netta separazione dal mondo esterno: non si percepisce più la città caotica, il traffico, i rumori che siamo tutti abituati a sentire in un centro abitato.
Questa sensazione di separazione assumeva sempre più peso passando i tanti cancelli per arrivare nella zona in cui ci sono i detenuti accompagnato dal rumore delle chiavi, dei cancelli che si aprono dietro le tue spalle e vengono sbattuti violentemente.
La seconda immagine che mi porto sono gli odori che mai ho sentito altrove. Un odore che solo il carcere può offrire: un mix tra sigaretta, ambiente chiuso, umidità e…umanità data dalla presenza di tante persone. Immagini molto concrete per me, un giovane che entra per la prima volta in un ambiente del genere, ma che aiutano a cogliere l’unicità del posto.
L’esperienza del carcere è l’esperienza dell’ultimo che viene privato di ciò che si dà più per scontato nella nostra quotidianità ovvero il dono della libertà. Questa assenza di libertà si tramuta in tante distrazioni, pensieri, occasione di riflessione e rilettura di sé o dei famigliari che sono all’esterno e spesso raccogliamo tutto questo cercando di dare spunti per vivere il periodo della detenzione con un altro sguardo. Il mio servizio spazia molto dai colloqui personali coi detenuti, ai piccoli gruppi di preghiera in cui si abbozza una lectio su brani scelti ad hoc, oppure percorsi di catechismo, accompagnando coloro che desiderano ricevere i sacramenti.
Dopo ormai 9 mesi di incontri, di colloqui personali in carcere, arrivo sempre più alla consapevolezza che la maggior parte delle persone che sono dentro lì, non hanno mai sperimentato nella loro vita cosa sia l’amore puro, semplice, il sentirsi veramente voluti bene da qualcun altro. È quindi interessante vedere quanto le relazioni dentro siano intense, quanto sia importante avere degli amici su cui contare, di cui fidarsi. Ho in mente la situazione di due ragazzi, appena maggiorenni, che sono stati arrestati insieme.
Tante, insomma, le emozioni e i sentimenti che provo in questi mesi, ma soprattutto sempre più la convinzione che la frase di Vangelo con cui ho iniziato a scrivervi, diventa per me ancora più vera quando leggo la risposta di Gesù: “Lo avete fatto a me”. Ho l’occasione preziosa ogni volta di incontrare il volto di Gesù, nel volto dei detenuti, di visitare il Signore e lasciarmi da Lui toccare! Mi è data questa responsabilità unica, sta a me e a noi non sprecarla. Il Signore viene, non ci resta che riconoscerlo.
Ogni anno la nostra comunità pastorale cittadina invita gli ammalati in basilica per pregare con loro e per mettere in luce la vicinanza del Signore accanto a chi soffre. In realtà l’esperienza della malattia non riguarda solo chi è infermo, ma coinvolge molte altre persone.
Spesso i parenti degli ammalati si fanno carico di un impegno esigente, per permettere a loro di continuare a vivere nel proprio ambiente.
Anche le badanti a tempo pieno sono preziose, perché svolgono un lavoro di assistenza che non permette loro la vicinanza quotidiana ai propri familiari.
Chi ha la possibilità di conservare amici di lunga data, può trovare un vero conforto da una visita o da una telefonata.
Per chi è impossibilitato a partecipare autonomamente alla celebrazione della S. Messa festiva, c’è il servizio dei ministri della Comunione, che sono disponibili a portare nelle case sia il dono dell’Eucaristia, che le ultime notizie della vita parrocchiale.
Quando si crea questa rete di contatti attorno a chi soffre, anche la solitudine diventa più sopportabile, perchè il Signore ci dimostra che non siamo abbandonati: attraverso tutte queste persone Lui si fa vicino a noi.
don Sandro
Basilica dei SS. Siro e Materno, celebrazione Eucaristica con gli anziani e gli ammalati
Ore 15.30: Ritrovo per la recita del Rosario Ore 16:00: Celebrazione della S. Messa
Gli animatori ed educatori, si stanno preparando a vivere insieme l’oratorio estivo attraverso vari incontri di formazione, fra cui quello con la Dott.ssa Lucia Todaro che ha dato molti spunti di riflessione su come vivere le emozioni, il batticuore.
Il tema proposto dalla FOM “BATTI-CUORE” ci rimanda a tante diverse possibili emozioni da vivere e, per renderle occasioni di cammino e crescita l’invito è di aiutare ragazzi e ragazze a fare ordine nelle emozioni vissute in questo tempo così difficile, a leggere i loro sentimenti e i loro stati d’animo, a favorire una sorta di equilibrio interno in ciascuno. Si tratta di allenare la nostra intelligenza emotiva, quella del cuore per poter leggere ed aiutare i nostri amici ed i ragazzi che ci vengono affidati.
Le emozioni non sono belle o brutte, ci sono emozioni che ci piacciono ed altre che non ci piacciono e per questo allenare la nostra intelligenza emotiva, ci permetterà di riconoscere le emozioni e di costruire durante l’oratorio estivo con i ragazzi che ci vengono affidati percorsi di crescita umana e cristiana, percorsi verso la gioia piena, verso la conoscenza di sé, degli altri e di Dio.
Vivere al meglio le proprie emozioni per essere felici, per sentire il nostro cuore che batte, sentire il BATTICUORE!
Il “Gesto di Solidarietà”, conosciuto anche come “Gesto del Riso”, nasce negli anni ’80, quando alcuni rappresentanti delle commissioni missionarie della Zona V di Monza insieme a p. Mario Vergani (missionario Saveriano) hanno pensato di fare un gesto comune di solidarietà, finanziando un piccolo progetto di evangelizzazione, riuscendo a coinvolgere tutte le parrocchie della zona, nella stessa domenica. Si è scelto il riso perché è uno degli alimenti utilizzati da gran parte della popolazione nel mondo.
In particolare quest’anno la vendita del riso per la nostra città, legata al decanato di Lissone, sosterrà alcuni progetti tra i quali questo in Perù.
Luogo del progetto: Perù.
Referente sul luogo: Sr. Ely Marina Perez Rimarachin, Superiora Locale
Destinatari: Parrocchia di San Bartolomeo di Tacabamba – Perù
Obiettivo dell’intervento: raggiungere le 120 comunità che la Parrocchia segue per consolidare e fortificare la fede dei laici, che si prendono cura delle stesse comunità; motivare la partecipazione dei loro fedeli, creare e dare impulso coinvol gente con la missione della Chiesa nei differenti gruppi parrocchiali.
Obiettivo dell’intervento: Incontri formativi con tutti gli Agenti Pastorali delle 120 Comunità.
Ritiro spirituale con i giovani di Pùcara, Chiguiripe Anguia.
Esercizi spirituali per Catechisti e Agenti pastorali
Nel Messaggio il Santo Padre “chiede al mondo della comunicazione di reimparare ad ascoltare”
“La pandemia ha colpito e ferito tutti e tutti hanno bisogno di essere ascoltati e confortati. L’ascolto è fondamentale anche per una buona informazione. La ricerca della verità comincia dall’ascolto. E così anche la testimonianza attraverso i mezzi della comunicazione sociale. Ogni dialogo, ogni relazione comincia dall’ascolto. Per questo, per poter crescere, anche professionalmente, come comunicatori, bisogna reimparare ad ascoltare tanto”…
“Un desiderio e uno dei più grandi bisogni degli esseri umani è “essere ascoltati”. Un desiderio che spesso rimane nascosto, ma che interpella chiunque sia chiamato a essere educatore o formatore, o svolga comunque un ruolo di comunicatore: i genitori e gli insegnanti, i pastori e gli operatori pastorali, i lavoratori dell’informazione e quanti prestano un servizio sociale o politico”.
“Gesù stesso ci chiede di fare attenzione a come ascoltiamo”, conclude la nota, perché “per poter veramente ascoltare ci vuole coraggio, ci vuole un cuore libero e aperto, senza pregiudizi”: “In questo tempo nel quale la Chiesa tutta è invitata a mettersi in ascolto per imparare ad essere una Chiesa sinodale, tutti siamo invitati a riscoprire l’ascolto come essenziale per una buona comunicazione”.
Claudio Nicchio
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