Autore: basilica

  • Pasqua di Risurrezione

    Carissimi, la Pasqua, come dice il Salmo responsoriale, è “il giorno che ha fatto il Signore”, è la festa per eccellenza, che dà origine a tutte le feste, che i cristiani celebrano ogni otto giorni, nella domenica. E’ giorno di luce e di gioia, che ci aiuta a riscoprire chi siamo noi, perchè possiamo dire che il cristiano è uno che crede e vive la Pasqua, testimoniandola ogni giorno.

    Innanzitutto il cristiano è uno che crede nell’avvenimento che gli è stato trasmesso dalla Chiesa: Cristo è morto e risorto.

    E’ il mistero centrale della nostra fede, quello che ci distingue da ogni altra religione; è il fondamento della nostra preghiera, della Liturgia, dei Sacramenti che sono “incontro con Cristo risorto” nella Chiesa. 

    E’ un fatto che non è facile da accettare perchè supera la nostra ragione.

    Ecco perchè Gesù deve dimostrarlo: “Gesù si mostrò vivo dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro”.

    Ma quando uno lo incontra e si sente chiamato per nome (v. Maria di Magdala al sepolcro) è troppo contento per non comunicarlo agli altri.

    Il cristiano testimonia la sua fede nella Pasqua quando vive come Gesù: quando sa dire il suo sì alla volontà del Padre e crede nel suo amore anche nei momenti più duri; quando vede l’autorità come un servizio e non ha vergogna di mettersi il grembiule e lavare i piedi agli ultimi; quando sa perdonare chi lo mette in croce…

    Il cristiano è un ottimista ad oltranza, è uno che vince la guerra con l’amore e il perdono, perchè non si sente mai solo!

    Certo non è facile, non lo è mai stato: lo scoraggiamento, la paura di averlo perso è sempre alle porte. Abbiamo bisogno che Gesù ci chiami per nome, giorno per giorno, come Maria, che Gesù ci spieghi la nostra vita e che “spezzi il Pane” che dà forza (come ai discepoli di Emmaus).

    Diamoci quindi l’appuntamento ogni domenica a “spezzare il pane”, ad incontrare il Signore risorto, a prendere la forza per testimoniarlo nel mondo. Buona Pasqua.

    don Alberto

  • I riti sacri e i luoghi della Pasqua

    Vivere i riti della Pasqua in Israele, ripercorrendo i luoghi in cui si svolse la Passione di Cristo, è un’esperienza da fare almeno una volta nella vita, indipendentemente dal proprio credo religioso. Attraverso questo breve racconto vogliamo farvi riscoprire come i pellegrini che arrivano a Gerusalemme vivono questi luoghi e i riti cristiani.

    Le celebrazioni iniziano la Domenica delle Palme, con la solenne cerimonia mattutina della benedizione delle Palme nella basilica del Santo Sepolcro, seguita poi dalla processione di fedeli che dal santuario di Betfage discende il Monte degli Ulivi, cantando inni e agitando fronde di palma in memoria dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme.

    Un momento gioioso e di grande devozione, che secondo la tradizione del Vangelo precede l’arresto di Cristo. Al corteo, guidato dal Patriarca di Gerusalemme insieme al Custode di Terra Santa, partecipano di solito anche le varie comunità religiose presenti in Terra Santa, tra cui cristiani copti dell’Egitto e protestanti delle varie Chiese presenti a Gerusalemme.

    I riti della Passione riprendono il Giovedì Santo con la commemorazione dell’Ultima Cena e la cerimonia della lavanda dei piedi celebrata dal Patriarca latino al Santo Sepolcro, in ricordo delle ore precedenti l’arresto di Gesù nel Getsemani, il luogo del tradimento di Giuda. Qui si trova la basilica dell’Agonia che custodisce la nuda pietra su cui si consumò la notte di passione di Gesù, dove in serata si radunano i fedeli per la meditazione dell’Ora Santa.

    Il Venerdì Santo, lungo la via Dolorosa all’interno della città vecchia, si svolge la solenne Via Crucis guidata dal Patriarca latino e dal Custode di Terra Santa, che ripercorre i luoghi della passione di Cristo, dalla condanna alla morte sul Golgota, secondo una devozione che si fa risalire a San Francesco e al suo viaggio in Medio Oriente, in seguito al quale il Santo di Assisi fondò l’Ordine dei Frati Minori, che ha proprio la missione di Custodia di Terra Santa.

    La Via Crucis parte dal cortile della scuola musulmana el-’Omariyya, davanti al convento francescano, dove si trova la I stazione, e dopo aver attraversato il cuore della città vecchia, giunge alla Basilica del Santo Sepolcro, all’interno della quale si officiano le ultime cinque stazioni.

    La X e l’XI stazione, cioè le soste della svestizione e della crocifissione, si compiono nella cappella della Crocifissione, proprietà dei Latini, mentre la XII stazione, che rievoca la morte in croce, si trova nella Cappella del Calvario, che appartiene invece ai Greci Ortodossi.

    La proprietà del Santo Sepolcro è infatti suddivisa tra ben sei confessioni cristiane: oltre ai Latini e ai Greci, ci sono anche Armeni, Copti, Siriani ed Etiopi. Una divisione secondo lo Status Quo stabilito nel XIX secolo, cioè l’insieme di tradizioni storiche, leggi e regolamenti, che stabiliscono i rapporti e le attività all’interno delle Basiliche che sono di proprietà comune a più confessioni cristiane.

    Dopo la Via Crucis si svolge il funerale di Cristo, che rievoca la deposizione del corpo di Gesù nel sepolcro: si tratta di un evento unico della chiesa di Gerusalemme, cui fa seguito, il sabato, la grande veglia di Pasqua.
    La domenica, infine, esplode la festa della Risurrezione, e si arriva al mattino presto nella Basilica del Santo Sepolcro per assistere alla messa solenne di Pasqua celebrata dal Patriarca latino e alla processione solenne attorno alla tomba di Gesù.

  • La Pasqua nel mondo

    La Pasqua di Resurrezione è sicuramente il mistero più importante della fede cristiana, culmine di ogni celebrazione liturgica. Da tempo si auspica (soprattutto da parte di Papa Francesco) un unico giorno di celebrazione, uguale in tutto il mondo cristiano. Oggi tuttavia rimangono differenze, soprattutto di data per quanto riguarda la Pasqua ortodossa. Ma non solo. Se le differenze tra la Pasqua cattolica e la Pasqua per esempio dei fratelli luterani o anglicani sono davvero minime, è interessante scoprire le diverse modalità anche liturgiche della Pasqua nella fede ortodossa e nel mondo ebraico.

    PASQUA ANGLICANA: sostanzialmente sovrapponibile a quella cattolica. In Inghilterra al Giovedì Santo si celebra l’Ultima Cena e la Lavanda dei piedi, ma soprattutto questo giorno è detto Maundy Money, perchè da antica tradizione si donano a due anziani meritevoli due borsellini con monete simboliche, a memoria delle elemosine che i re facevano ai sudditi in questa occasione, fin dal 1210. Le altre celebrazioni liturgiche non sono diverse da quelle del mondo cattolico.

    PASQUA LUTERANA: in tutto il mondo evangelico-luterano il tempo della Pasqua comprende diverse celebrazioni, tra cui il Tempo della Passione (comprese alcune domeniche di digiuno), la Notte del Digiuno (al martedì che precede la Quaresima), il Mercoledì delle Ceneri, la Domenica delle Palme (che celebra l’ingresso di Cristo in Gerusalemme), il Giovedì Santo (di ringraziamento per l’istituzione della Cena), il Venerdì Santo (di passione e morte di Cristo), il Sabato Santo, la Domenica di Pasqua, il Lunedì di Pasqua, il giorno dell’Ascensione, la Domenica di Pentecoste e il Lunedì di Pentecoste.

    PASQUA ORTODOSSA: notevoli sono le differenze, a cominciare dalla data, perché i cristiani di fede ortodossa seguono il calendario giuliano e non quello gregoriano. Inoltre, gli ortodossi celebrano in modo particolare la Domenica dei Salici (equivale alla nostra Domenica delle Palme, si benedicono rami di salice), il Lunedì Santo (quando il Patriarca benedice i sacri oli), il Mercoledì Santo (solenne celebrazione della Passione di Cristo), il Giovedì Santo (al mattino celebrazione dell’Ultima Cena, alla sera lettura dei 12 brani del Vangelo della Passione), il Venerdì Santo (con la solenne liturgia delle Ore e l’esposizione del Sudario), il Sabato Santo (con benedizione dei dolci tipici pasquali preparati nelle case, e nella notte Solenne Via Crucis, che apre alla grande Pasqua di Resurrezione).

    PASQUA EBRAICA: la festività della Pesach inizia il giorno 15 del mese ebraico di Nissàn, quando in terra d’Israele maturano i primi cereali; la festa è nota anche come Festa degli Azzimi (Hag Hamatzot); dura sette giorni, di cui il primo e l’ultimo sono di festa solenne; la festa ricorda la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù in Egitto. Nella prima sera della Pesach si celebra il Seder, cena solenne in cui di leggono i passi del libro dell’Esodo (Haggadah). Per tutto il periodo della Pesach è rigorosamente proibito assumere cibo lievitato, consumando solo pane azzimo (matzà). Durante il Seder si invitano a partecipare i bisognosi e i poveri.

  • Lo sappiamo già

    Lo sappiamo già

    Inizia la Settimana Santa: la sequenza dei giorni è nota, dalle Palme alla Cena e dalla Croce alla Risurrezione. Ritirare l’ulivo e baciare il Crocifisso – usanze quest’anno limitate o impedite dalle restrizioni in atto – sono i segni per farsi vicini a Gesù e ai momenti centrali della sua vita.

    Qualcuno sarà tentato di chiedersi perché occorra ripetere gesti e parole noti, che caratterizzano la durata di una settimana, ma poi non producono effetti nel resto del tempo.

    Di Gesù e di ciò che ha fatto si può essere tentati di dire «Lo sappiamo già». Specialmente per chi vive in un paese di forte tradizione cristiana, può sembrare che qualche nozione del catechismo o qualche conoscenza scolastica siano più che sufficienti per dirsi cristiani.

    Anche nei vangeli leggiamo che i discepoli, man mano che si avvicinavano i giorni della Passione, ignoravano ciò che stava per verificarsi e non comprendevano gli avvertimenti di Gesù circa il suo destino di crocifisso, poiché pensavano di sapere tutto di lui.

    A ben guardare, ciò che sappiamo di ogni persona si accresce o si modifica man mano che l’incontro si fa frequente, profondo, ricco di confidenza. Nemmeno di un coniuge o di un figlio è corretto dire che sappiamo tutto di lui o di lei, figurarsi di Gesù! Eppure le parole dei profeti e degli evangelisti rischiano di passare su di noi come un déjà vu che non apre la mente e non scalda il cuore. Evitiamo di dire di Gesù «Lo sappiamo già» e impariamo a distinguere la sua voce e la sua parola sempre nuova in mezzo ai rumori e alle attrazioni della città distratta.

    don Gianni

  • La settimana “Autentica”, “Santa”

    La settimana “Autentica”, “Santa”

    I riti della settimana Santa sono i più ricchi di tutto l’anno liturgico e la liturgia, capita e vissuta,
    è veramente, come dice il Concilio Vaticano II, la sorgente e il culmine della vita cristiana:
    la liturgia è ascolto, catechesi, culto, memoria viva dei misteri che si celebrano. Dobbiamo prepararla con momenti di silenzio, di preghiera personale, trovando il tempo per riascoltare dentro di noi la Parola di Dio.

    La tradizionale espressione “Settimana Santa” è tradotta nel rito ambrosiano con l’aggettivo “Autentica”. Si apre con la Domenica delle Palme.
    Ma cosa significa autentica?

    L’autenticità cui ci si riferisce è quella della vita di Gesù Cristo, il vero agnello immolato, che rivela il valore autentico della vita dell’uomo nella totale, libera e volontaria offerta di sé per la salvezza di tutti. L’etimologia di questa parola ci offre la chiave per trovare una risposta. Essa deriva dal verbo greco authentèo, che esprime l’idea di “avere autorità”. Autentico, dice la verità di una cosa, in quanto diventa autorevole per noi, cioè criterio vivente del nostro modo di guardare e trattare la realtà. Così celebrare i giorni della passione, morte e risurrezione di Gesù significa riconoscere che “il criterio” della nostra vita è Gesù, il Crocifisso Risorto.
    L’inizio è fissato nella mattina di domenica, detta delle Palme, a ricordare l’ingresso del Signore a Gerusalemme, salutato dal festoso sventolio dei rami di palme e ulivo.
    Quest’anno nelle chiese parrocchiali i presbiteri presiederanno la celebrazione commemorando l’ingresso del Signore in Gerusalemme in forma semplice senza processione introitale alla Messa.

    Giovedì santo, inizia il Triduo, ma non con la Celebrazione della mattina.


    La Messa Crismale, con la benedizione dell’olio per gli Infermi e i Catecumeni e dell’olio del Crisma, prelude al Triduo pasquale, ma non ne è parte. Questa celebrazione, che prende nome dal Crisma, è presieduta in Duomo dal Vescovo, insieme a tutti i Sacerdoti della Diocesi. Nel pomeriggio in tutte le Parrocchie si dà avvio ai tre giorni del Triduo con la Messa della Cena del Signore e la Lavanda dei Piedi – che nel Rito ambrosiano non è inserita nella celebrazione eucaristica, ma la precede e che quest’anno, purtroppo, si ometterà per i motivi che tutti sappiamo. Al termine della celebrazione, l’Eucaristia viene riposta in un altare laterale detto della Riposizione, da cui verrà riportata al Tabernacolo sull’altare maggiore, nella Veglia di Risurrezione.

    Venerdì santo, giorno della Passione del Signore.

    Nella giornata, che è aliturgica, e nella celebrazione del Passio si vivono i momenti più drammatici delle ultime ore di vita terrena di Gesù, essi sono accompagnati dalla lettura continuativa del Vangelo di Matteo. Nel momento in cui Cristo spira, cade un’oscurità completa, a significare che il mondo perde la sua luce. Particolarmente importante è il gesto di esporre il Crocifisso alla pietà dei sacerdoti e dei fedeli che lo baciano in segno di devozione dolorosa. Anche questa significativa azione liturgica, quest’anno non si ripeterà per garantire il rispetto delle norme anti covid, ma, l’atto di adorazione della Croce mediante il bacio è limitato al solo presidente della celebrazione. A seguire la preghiera universale proclamata dal Celebrante che è emblema di una famiglia, grande quanto il mondo, stretta intorno alla Croce.

    Il Sabato santo, invece, è il giorno del silenzio, della preghiera e della riflessione, nell’attesa della gioia che erompe nell’Alleluia della Veglia di Risurrezione.

    Cristo è risorto, come canta tre volte il celebrante con voce crescente.
    Nella Veglia l’abbondanza della Parola di Dio, attraverso nove letture, il canto del Preconio – come “mirabile sintesi” della storia della salvezza -, l’annuncio della Risurrezione, il battesimo dei Catecumeni che iniziano il loro cammino di luce cristiana, ritmano il ritorno alla vita che, nel solenne Pontificale di Pasqua, definisce il senso compiuto della nostra fede.

    Le celebrazioni della Settimana Santa saranno trasmesse anche in streaming sul canale YouTube Pastorale Desio

  • Calendario delle confessioni nella Settimana Santa

    Nel perdono la vera gioia

    Papa Francesco invita ad aprire i cuori all’amore infinito di Dio, “alla sua misericordia piena di tenerezza e di bontà”. E invita a impegnarci di più, durante la Quaresima, ad accogliere la luce di Cristo nella nostra coscienza.
    «Non dimenticatevi che Dio perdona sempre, sempre se noi, con umiltà, chiediamo il perdono. Soltanto chiedere il perdono, e Lui perdona. Così troveremo la vera gioia e potremo rallegrarci del perdono di Dio che rigenera e dà vita».

    SS. SiroSan Pio XSan Giovanni BattistaSS. Pietro e PaoloSan Giorgio
    Lunedì20:30 comunitariedalle 10,00 alle 12,0020:30 comunitarie
    Mertedì 30 marzoore 20.30ore 20.30
    Mercoledì 31 marzoore 20.30
    Giovedì 1 apriledalle 8,00 alle 12,00
    dalle 15,00 alle 17,00
    dalle 9,00 alle 12,00
    dalle 15,00 alle 18,00
    dalle 15,00
    alle 16,30
    dalle 16,30 alle 18,30
    Venerdì 2 apriledalle 8,00 alle 12,00
    dalle 16,00 alle 19,00
    dalle 9,00 alle 12,00
    dalle 16,00 alle 18,00
    dalle 16,00 alle 18,00dalle 10,00 alle 12,00
    dalle 16,00 alle 19,00
    Sabato 3 apriledalle 9,30 alle 12,00
    dalle 15,00 alle 19,00
    dalle 9,00 alle 12,00
    dalle 14,30 alle 18,00
    dalle 10,00 alle 12,00
    dalle 16,00 alle 18,00
    dalle 10,00 alle 12,00
    dalle 15,00 alle 18.00
    dalle 10,00 alle 12,00
    dalle 15,00 alle 18,00
  • Il pentimento: volgersi a Dio con speranza

    Quando ci comportiamo male e diciamo ciò che non va detto, quando pensieri oscuri mina­no la nostra mente o un velo nero si stende sul nostro cuore, se arriviamo a fare appena appena un po’ di luce in noi, allora sentiamo i ri­morsi di coscienza.

    Ma il rimorso non è ancora pentimento; noi possiamo passare tutta la vita a rimproverarci la nostra cattiva condotta in azio­ni o in parole, e non per questo emendarci. Il rimorso può fare della nostra vita un vero e proprio inferno, ma non ci fa accedere al regno dei cieli; bisogna aggiungervi un altro elemento, che si trova al cuore del pentimento, e cioè il fatto di volgerci a Dio con la speranza, con la cer­tezza che Dio ha amore sufficiente per accordar­ci il perdono, e forza sufficiente per cambiarci.

    Il pentimento è quella svolta nel modo di pensare, quella trasformazio­ne del cuore, che ci fa stare faccia a faccia con Dio pieni di una speranza tremante, nella certezza di chi è cosciente di non meritare la misericordia di Dio, e tuttavia sa che il Signo­re è venuto sulla terra non per giudicare ma per salvare, che è venuto sulla terra non per i giusti ma per i peccatori.

    Volgersi a Dio con speranza, chiamarlo in no­stro aiuto, non è sufficiente, perché molte co­se nella nostra vita dipendono da noi. Quando si presenta l’occasione di compiere azio­ni conformi alla nostra preghiera noi seguiamo le inclinazioni del nostro cuore, così che ci man­cano il coraggio e la risolutezza per mettere in atto quello che abbiamo chiesto a Dio. Così il nostro pentimento e lo slancio del­la nostra anima restano sterili.
    Il pentimento de­ve essere determinato appunto da questa speran­za nell’amore di Dio, e da uno sforzo risoluto che ci costringa a condurre una vita retta e ad abbandonare gli errori del passato. Il pentimento ha inizio quando all’im­provviso la nostra anima riceve uno shock, la nostra coscienza ci parla, Dio c’interpella con queste parole: “Dove vai? È proprio questo che vuoi?”.
    E quando rispondia­mo: “No, Signore, perdona, abbi pietà, salva!”, e ci volgiamo a lui, Cristo ci dice: “Io ti perdono e tu, come riconoscimento per tale amore, e pro­prio perché rispondendo al mio amore hai la ca­pacità di amare, comincia a cambiare vita”.

    A. Bloom

  • IL CENACOLO

    IL CENACOLO

    Il Cenacolo di Leonardo da Vinci è uno dei vertici della pittura di tutti i tempi: da ormai 500 anni questo capolavoro affascina chiunque si avvicini per ammirarlo.

    La sua storia. Leonardo aveva circa 40 anni quando lo dipinse nel refettorio della Chiesa di S. Maria delle Grazie a Milano su incarico di Ludovico Sforza detto il Moro, che da qualche anno lo aveva accolto e gli aveva dato fiducia e libertà di agire nei più diversi campi e interessi. Dopo 4 anni di intenso lavoro, nel 1498 l’artista termina il dipinto, fra la generale ammirazione. Dopo pochi anni, però, la tecnica utilizzata dal maestro – che gli consentiva molti ripensamenti in corso d’opera – si rivela fragile e inizia a deteriorarsi.

    Ma qual è il segreto di questo dipinto soggetto abbastanza comune agli artisti di ogni tempo?
    Il genio toscano sceglie di rappresentare il momento in cui Gesù, nel corso della cena pasquale, annuncia che sarà tradito da uno dei suoi apostoli e in particolare nell’istante che segue quella dichiarazione, in cui si scatenano le reazioni dei dodici. Un’interpretazione del genere, con una simile sensibilità e intensità nessun artista l’aveva mai concepita: al pittore, sono le sue parole, interessa raffigurare “i moti dell’animo”, le espressioni, i sentimenti, visti nella loro naturalezza, una rivoluzione per l’epoca. Possiamo vedere allora le figure dei discepoli che paiono ritrarsi ed è come si muovessero con le diverse posizioni delle mani, del busto, dello sguardo. Come se un’onda in partenza dal centro della tavola, dove c’è Gesù, si propaghi ai due estremi della stessa e poi, come in un riflusso, ritornasse al centro: si percepisce allora lo stupore e l’incredulità nel volto di Pietro e degli altri a causa dell’inaspettata notizia .
    Gesù al centro. In questo vortice solo Gesù è solo e siede al centro della scena, il capo un po’ inclinato: il suo sguardo non va sui volti degli apostoli, ma è rivolto verso la tavola e fissa il pane e il vino che stanno per essere donati. Il suo turbamento è ben espresso da uno sguardo pensoso, preveggente dell’imminente destino di tradimento e di morte. Destino a cui tuttavia il Cristo non si rassegna, ma si consegna con consapevolezza, con l’abbraccio: persino per il traditore si aprono le braccia. Proviamo allora anche noi a entrare idealmente in questa sala in cui si possono rivivere, con un pizzico di emozione, quegli istanti. Noteremo un ultimo dettaglio: da qualsiasi punto la si guardi ci si sente direttamente coinvolti, partecipi nel profondo. Un miracolo di prospettiva creata dall’inclinazione della tavola: tutto parte da Cristo e tutto torna a lui, i nostri sguardi calamitati dal suo volto. Spinti ad andare oltre, verso la finestra e il paesaggio alle spalle che collega la terra al cielo.
    Vito Bellofatto

  • Notiziari parrocchiali Settimana Autentica

    Per la Settimana Autentica, 28 marzo – 4 Aprile

    San Giorgio

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    San Giovanni Battista

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    Santi Pietro e Paolo

    La Fonte

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    San Pio X

    Basilica SS. Siro e Materno

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