Lo sguardo di Domenico Barrilà, da sempre attentissimo all’influenza dei fenomeni sociali sulla psiche, si posa sui nostri “figli digitali”, persi negli schermi dei loro cellulari e apparentemente vivi solo attraverso di essi.
È necessario che genitori e adulti in generale si riapproprino della titolarità del compito educativo. Un compito che, spesso sentendosi scoraggiati e inadeguati, hanno finito per rifiutare, spalancando le porte al presunto nemico: la tecnologia.
Come il digitale e le reti social hanno condizionato le menti dei nostri figli?
Come possiamo riprendere in mano le redini dell’educazione e tornare a crescerli senza false paure?
Come possiamo affrontare e vincere la sfida pedagogica che ci è stata lanciata dall’univer so digitale, riportando il pendolo dalla parte dei nostri figli?
Aveva novant’anni compiuti, dunque un rilevante pezzo di storia per la sua famiglia e per la comunità ecclesiale: padre Giovanni Cazzaniga è morto a Roma lo scorso 6 maggio, dove era arrivato adolescente per seguire le orme del Beato Luigi Monti. Nato nel 1928 a Desio (Monza Brianza) da Giuseppe e da Virginia Galbiati, ha sempre portato con sé memorie ed affetti della terra nativa, benché fosse ormai romano di adozione. Nella cittadina brianzola aveva fratelli, sorelle e nipoti ben inseriti
nella vita locale.
A Desio – città natale di Achille Ratti, che nel 1922 divenne papa Pio XI – nel 1925 fu chiamata una comunità di religiosi montiani ad assistere, proprio nella casa del Papa, una cinquantina di bambini orfani. L’opera proseguì fino al 1948. Questa presenza religiosa è certamente legata alla decisione di Giovanni di entrare nella Congregazione. Egli stesso, dopo la morte del papà, fu accolto nella casa degli orfani. Il legame di amicizia tra il Papa di Desio e i Frati di Padre Monti era molto vivo. Il cardinal Ratti, arcivescovo di Milano, la sera prima del Conclave che lo elesse aveva cenato a Trastevere presso di loro e per il pranzo di incoronazione mandò a prendere il
buon vino gustato alla loro mensa. Ma c’era un altro interessante precedente storico: nel 1851, nel carcere di Desio il giovane Luigi Monti e altri sedici compagni furono rinchiusi per due mesi e mezzo a seguito di ingiuste denunce da parte di alcuni sacerdoti e dell’ostilità da parte della polizia austriaca verso gruppi considerati società segrete con finalità sovversive.
A tale eredità padre Cazzaniga era particolarmente legato anche per ragioni, potremmo dire, di campanile: il Beato Monti era nato a Bovisio Masciago, paese a un tiro di schioppo dal suo, quindi con tradizioni e dialetto comuni. Nel ruolo di postulatore della Causa di beatificazione, concluderà il lungo percorso canonico per portare sugli altari la figura del religioso ambrosiano, unico fondatore milanese di una comunità di vita consacrata maschile nell’Ottocento. Quel 9 novembre 2003, fu per lui uno dei giorni più importanti della sua vita: era là, in piazza san Pietro, davanti a papa Giovanni Paolo II, a presentare “un povero uomo illetterato” perché fosse beatificato.
Giunto nella capitale, Giannino – così lo chiamavano in famiglia – aveva ben presto ammirato l’esemplare vita del Servo di Dio fratel Emanuele Stablum, del quale pure diverrà postulatore della causa di beatificazione. Da testimone oculare, il giovane di Desio conservò gelosamente la memoria di vicende complesse, come l’occupazione di Roma da parte dei Nazisti, le ultime fasi della guerra e le lotte di liberazione. Fu colpito, in particolare, dalla generosa opera del dott. Stablum a favore di decine di ebrei, di perseguitati politici e di rifugiati. Racconterà tali fatti in una dettagliata relazione al Meeting di Rimini nel 2002.
Queste circostanze storiche e di attualità lo mettono a stretto contatto con forme originali di santità. Nella sua prima domanda di consacrazione, a diciott’anni, scrive di essersi “accertato della sincerità della mia vocazione” nella Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione “alla quale mi credo da Dio veramente chiamato”. Il Maestro dei Novizi riconosceva in lui “fermo proposito di perseveranza e di bene”, unito a “spirito di intelligente iniziativa”. Precisava poi che egli “sa di dover ancora molto lavorare per rendersi più benevolo nei suoi giudizi e più prudente”: nel pieno dell’età giovanile non poteva che essere così. La giovinezza lo aveva visto impegnato per gli studi teologici in vista del sacerdozio (1959) e per conseguire la laurea in lettere antiche. In quegli anni subirà un grave incidente sulla strada statale Aurelia, a seguito del quale dovrà imporsi un periodo di cure e riabilitazione. Tra gli anni cinquanta e sessanta si occupa anche della formazione dei giovani religiosi, manifestando attenta sensibilità per la loro preparazione culturale e professionale.
Nel 1969 la sua vita è segnata da un altro determinante avvenimento: il Capitolo lo elegge al ruolo di superiore generale, che svolgerà fino al 1980. Sono gli anni seguenti al Concilio Vaticano II, tumultuosi di novità, da una parte, e fecondi di innovazione dall’altra. Padre Cazzaniga offre un equilibrato apporto a quest’azione di rinnovamento. Il suo orizzonte di esperienze è certamente limitato alla vita romana – dove peraltro la Congregazione era nata e si era ben impiantata – tuttavia egli ha uno sguardo che sa andare oltre: apre così nuove comunità in Camerun e in India, mettendo il carisma montiano in contatto con altre culture.
Negli ultimi decenni, fino a pochi mesi fa, l’attività di postulatore è stata integrata da una passione pastorale che sarà per padre Giovanni come una seconda chiamata, orientata a più frequenti rapporti con il vissuto della gente. Dapprima sarà disponibile alla collaborazione nel quartiere di Trastevere e poi soprattutto nel quartiere periferico di Boccea, dove la sua comunità religiosa aveva avviato dal nulla l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata, importante polo sanitario, e aveva preso in carico la pastorale della chiesa di san Leone, per lungo tempo unica struttura di culto della zona.
Un Leitmotiv caratterizza l’opera del religioso brianzolo: l’amore intelligente per approfondire il carisma del fondatore Luigi Monti di Bovisio, con l’intento di mettere in luce sia la spiritualità mariana dell’Immacolata sia la cura dei malati e l’assistenza degli orfani, missione da compiere con competenza e dedizione. A questo fine egli ebbe a cuore la dimensione spirituale, attraverso solide letture e frequentando corsi dedicati. Una figura da ricordare, perché padre Cazzaniga costituisce un ponte tra il secolo lungo – l’Ottocento, secolo del Monti – e il nostro Novecento, il cosiddetto secolo breve, che ci ha immessi ben presto nel Terzo Millennio cristiano contraddistinto da un cambiamento epocale da fecondare con sapienza antica e nuova.
COMUNITÀ PASTORALE
SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO – DESIO
NOTIZIARIO SETTIMANALE DELLA PARROCCHIA SS. SIRO e MATERNO
COMUNITÀ IN CAMMINO
Anno 17 – Numero 39 19 maggio 2019
QUANDO UNA FIRMA NON BASTA
Il nostro Arcivescovo ha scritto: “noi preti siamo facilmente in imbarazzo nel sollecitare offerte destinate al nostro sostentamento”, benché abbia aggiunto “in un contesto dove molti sperimentano la precarietà della loro situazione, noi possiamo dedicarci con generosità al servizio degli altri anche perché per quanto riguarda noi, possiamo sentirci garantiti per la casa, l’occupazione, il sostentamento”. Nella nostra città la carità domenicale dei fedeli tramite le offerte durante le Messe sostiene in parte la vita dei loro preti e delle parrocchie.
Oggi però la giornata disensibilizzazione per il sostegno economico della Chiesa Cattolica sollecita un’attenzione più ampia. Chiede infatti quella firma consapevole sui moduli dell’otto per mille il cui ricavato oltre che al sostentamento del clero è destinato a tutte le attività della Chiesa cattolica in Italia (culto, pastorale, carità, ma anche conservazione del patrimonio edilizio e culturale e sostegno a progetti di cooperazione all’estero).
In una società complessa come la nostra, partecipare economicamente alla vita delle parrocchie non è solo mettere mano al portafoglio, ma anche conoscere i nuovi meccanismi di sostegno (per es. le offerte deducibili, la stessa firma dell’8 ‰) e fare quattro conti per immaginare come esse possano affrontare le crescenti spese ordinarie e straordinarie di cui tutti godono (energia, oratorio, educazione, assistenza alle povertà ecc.): anche da quello sforzo di comprensione dipende come potrà svilupparsi la comunità del futuro e il suo impegno di evangelizzazione.
NOTIZIARIO SETTIMANALE DELLA PARROCCHIA SS. SIRO e MATERNO
COMUNITÀ IN CAMMINO
Anno 17 – Numero 38 12 maggio 2019
SI METTE NELLE NOSTRE MANI
Mettersi nelle mani di qualcuno non è raro. Lo fanno un uomo e una donna che si sposano e che stringono così un’alleanza di sostegno reciproco. Lo fa un malato mettendosi nelle mani di un medico. O un accusato nelle mani di un difensore. Accade quando ogni genitore protegge con le sue mani un figlio neonato, anche se questi non sa a quali mani è stato affidato.
Nel momento di ricevere l’Eucaristia (o di fare la Santa Comunione, come recitano espressioni più tradizionali), non siamo noi a prendere Gesù, ma è lui che si mette nelle nostre mani, in modo non simbolico, ma concreto. Da quel momento chi sia lui, come venga percepito da chi crede e da chi non crede, dai familiari o dagli estranei, dipende da noi: si è consegnato a noi perché ne proteggiamo la memoria (“Fate questo in memoria di me”) e l’efficacia (“Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi”).
Ecco perché non è senza senso l’antico precetto nell’accostarsi all’Eucaristia: sapere e pensare chi si va a ricevere. “Chi”, non “cosa”. Eppure si vedono talvolta persone – e non sempre le più giovani – che si avvicinano alla mensa guardando qua e là, distratte da altro, incuranti dell’essere di fronte al Signore, maestro e amico, che sta per mettersi nelle nostre mani.
Gesù si mette nelle mani dei nostri bambini e bambine in occasione della loro Prima Comunione: così potranno portarlo con sé, nelle loro famiglie, a scuola, nel gioco, in ogni circostanza. Come li avremo educati a riconoscerlo, a rispettarlo, a pregarlo?
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SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO – DESIO
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Anno 17 – Numero 37 5 maggio 2019
MADRE, SORELLA E AMICA
La considerazione della figura di Maria, la madre di Gesù, patisce qualche sofferenza: appare o eccessiva (c’è chi si reca direttamente agli altari della Vergine senza degnare di un saluto Gesù presente nell’Eucaristia, magari proprio mentre si sta celebrando la Messa), o assente (la preghiera del Rosario non sembra particolarmente nota alle giovani generazioni).
Come sempre il cristianesimo richiede equilibrio: seguendo Papa Francesco si potrebbe dire che anche nel caso della devozione mariana “la realtà è superiore all’idea”.
L’idea è quella che pone Maria in una sorta di isolamento rispetto al Figlio Gesù, senza collegare la varietà e ricchezza dei suoi titoli (nella nostra Basilica è presente come Madonna del Rosario e come Madonna Addolorata, ma è la stessa persona!), o legandosi in modo esclusivo a un solo luogo che ne promuove il ricordo o a un’unica forma di messaggio.
La realtà ci viene consegnata dalla Parola di Dio, quella di cui lei stessa dice: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. È la madre che accompagna Gesù, ne medita nel cuore le opere, ne sostiene la missione, e fa rinascere la fiducia dei discepoli desolati per la sua Croce. Così la preghiera del Rosario, attraverso la meditazione dei venti misteri (gioiosi, luminosi, dolorosi, gloriosi) pone in ogni istante lei accanto al Figlio Gesù e avvicina anche noi alla vita di quel Figlio. Leggendo di lei nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli, la sentiamo al nostro fianco come sorella e amica, come esempio e guida nella fede.
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Anno 17 – Numero 36 28 aprile 2019
MATTINA DI PASQUA IN SRI LANKA
Nessuno è rimasto indifferente alla notizia che la mattina di Pasqua, mentre i cristiani gioiscono per l’annuncio della risurrezione di Gesù, centinaia di cristiani in Sri Lanka sono stati massacrati o feriti all’interno delle loro chiese. Il Papa ha definito questi eventi “atti terroristici, disumani, mai giustificabili”.
Quelle stragi interpellano profondamente tutti i credenti e toccano la sensibilità di ogni essere umano. È stato coltivato odio, ci si è organizzati meticolosamente e i programmi di morte hanno superato ogni immaginazione, provocando il più insensato dei delitti. Le vittime – al di là di ogni delirante rivendicazione – sono persone innocenti, quelle che il vangelo chiama senza ritegno i “piccoli”, proprio quelli a cui Gesù dà più valore. Se nessuna sofferenza umana ci è estranea, a maggior ragione quando una profonda ingiustizia colpisce fratelli e sorelle nella fede ci sentiamo colpiti anche noi.
In questi frangenti va ricordata la poco accomodante parola di Gesù: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,18). L’opposizione a Gesù, alla Chiesa, ai cristiani fa parte della nostra professione di fede: non ci è chiesto di desiderarla, anzi ci addolora, ma non ci scandalizza, anche quando assume forme sia di inaudita crudeltà, sia di raffinata squalifica o esclusione dai contesti sociali o culturali. Ma tale opposizione non è l’ultima parola; Gesù infatti aggiunge: “se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra”.
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Anno 17 – Numero 35 21 aprile 2019
TRE RISURREZIONI. BUONA PASQUA!
Risorgerà la cattedrale di Notre-Dame de Paris? E risorgerà la fede cattolica dei francesi? E come risorgeremo noi che celebriamo la Pasqua: quale risurrezione Gesù ci porta?
C’è nella risurrezione di Gesù la risurrezione dell’uomo. In ogni tempo – ma per noi, che viviamo oggi, contano le difficoltà dell’oggi – l’umanità ha vissuto incertezze, perplessità, lotte fratricide, delusioni, trionfo dell’assurdo, disperazioni, indifferenze. Affidata a se stessa l’umanità è in grado sì di cercare e vivere la bellezza, l’amore, la solidareità, con la forza della ragione e della scienza, ma resta sempre avvolta da zone di ombra e turbata dall’enigma della morte. Con Gesù risorge anzitutto ciò che è semplicemente umano, quell’umano sintetizzato nelle antiche parole del libro della Genesi: “a immagine e somiglianza di Dio lo creò”.
Nella risurrezione di Gesù c’è la risurrezione del cristiano, chiamato a custodire una presenza: quella di un Dio che non si nasconde tra le nuvole, ma si sporca i piedi sulle strade polverose della storia. Il cristiano risorge perché non resta nascosto nelle pieghe di timori o timidezze, ma comunica speranza a tutti, tutti destinati a una vita piena che già oggi sa andare oltre le felicità temporanee e lottare per vincere paure, povertà, solitudini.
Nella risurrezione di Gesù risorge anche la Chiesa, intesa come la comunità di credenti che condividono non solo riti e cerimonie, ma un senso di appartenenza e di fraternità, intessuto di relazioni più autentiche e capace di essere nel mondo segno di nuova umanità. Buona Pasqua!
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