Autore: basilica

  • Celebrazioni Eucaristiche sospese

    L'Arcivescono della Diocesi di Milano, Sua Eccellenza Monsignor Mario Delpini, in ragione dell'ordinanza emanata dal Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, di concerto con il Ministro della Salute, Roberto Speranza, dispone la sospensione delle Celebrazioni Eucaristiche con concorso di popolo a partire dall'orario vespertino di domenica 23 febbraio 2020 e fino a data da definire a seguito dell'evolversi della situazione. Nella giornata di domani, lunedì 24 febbraio, verranno fornite ulteriori indicazioni in merito alle celebrazioni rituali.S

    Il Vicario Episcopale di Zona mons. Luciano Angaroni ha inviato il messaggio sopra allegato.
    Le SS. Messe con concorso di popolo sono sospese a partire già dalle celebrazioni di questa sera.
    Nei giorni feriali sarà possibile seguire le SS. Messe attraverso la radio parrocchiale.

    Nei prossimi giorni daremo maggiori informazioni, riguardanti anche le altre celebrazioni, specialmente i funerali. Ci atterremo alle disposizioni diocesane che verranno comunicate domani

  • Comunità in cammino 23 febbraio 2020

    basilicaCOMUNITÀ PASTORALE SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO – DESIO

    NOTIZIARIO SETTIMANALE DELLA PARROCCHIA SS. SIRO e MATERNO

    COMUNITÀ IN CAMMINO

    Anno 18 – Numero 26 23 febbraio 2020

    DEMOGRAFIA: QUANTITÀ E QUALITÀ

    Il sociologo Mauro Magatti ha di recente commentato i dati ISTAT sulla crisi demografica italiana: «nel 2019 in Italia il numero delle nascite è stato pari circa a 435.000, meno della metà rispetto ai nati del 1974 e minimo storico dall’Unità d’Italia». Il tasso di fecondità si è ulteriormente ridotto all’1,29 figli per donna (in Francia è del 2,01).

    Sorprende un altro dato clamoroso: in 10 anni 250.000 giovani hanno lasciato il paese.

    Amara conclusione dello studioso: «Per molti dei nostri giovani l’aspirazione a diventare padri e madri è destinata a non realizzarsi mai. O almeno a essere rinviata sine die».

    Anche Desio risente della situazione, al punto che la scuola parrocchiale San Vincenzo al quartiere Spaccone (San Pio X) verrà purtroppo chiusa al termine del corrente anno scolastico, poiché l’esiguo numero di alunni non garantisce la sostenibilità dell’opera.

    Magatti accenna alle difficili condizioni dei giovani oggi – «dal punto di vista del lavoro (con salari bassi, precarietà persistente e percorsi di carriera stentati, specie per le donne in età fertile), della casa (con un mercato immobiliare che continua a essere caratterizzato da valori sproporzionati) e dei servizi (con la scarsità e il costo degli asili nido)» – per osservare che diventa molto difficile decidere di formare una famiglia.

    Conclude citando un detto africano: «per crescere un bambino ci vuole un villaggio». Cioè una comunità: si apre ai cristiani uno spazio di pratica evangelica, per contribuire al bene di tutti.

    don Gianni

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  • Comunità in cammino 16 febbraio 2020

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    Anno 18 – Numero 25 16 febbraio 2020

    NON FACCIAMO PIÙ LA CRESIMA

    L’episodio in sé non è granché: durante la Messa serale del sabato quattro preadolescenti sono entrati in basilica, hanno lanciato un urlo e sono scappati. Di ragazzi e ragazze della loro età si aggiunge che siano protagonisti di bullismi, vandalismi o piccole risse qua e là per la città.

    L’età è quella cosiddetta del post-Cresima: quando si dovrebbe confermare consapevolmente e liberamente la fede professata nel Battesimo e darle seguito nella vita quotidiana.

    Tra addetti ai lavori – con un pizzico d’ironia e forse di amarezza – la Cresima è chiamata “il sacramento del ciao”. Prediligo un’altra immagine: non è una finestra da chiudere, dopo aver dato un’occhiata più o meno curiosa a “cose cristiane” e andare finalmente ai propri interessi, ma una porta che si apre per essere inviati nel mondo come testimoni di Gesù.

    Va riconosciuto che, nonostante l’impegno profuso, per tanti il traguardo non è raggiunto.

    In altri paesi la Cresima si dà verso i 18 anni; gli Ortodossi già ai neonati insieme al Battesimo.

    Il problema però non è l’età della Cresima, ma fare scelte che abbiano senso e, quindi, evitare quelle che non ne hanno. La scorrettezza, più che bypassare l’offerta educativa e religiosa della comunità per ottenere “i sacramenti a ogni costo!”, è il non riflettere responsabilmente, ragazzi e famiglie, sul significato di ciò che si chiede.

    (PS.: ma i genitori di quei preadolescenti sanno come i loro figli passano il tempo libero?)

    don Gianni

     

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  • Comunità in cammino 9 febbraio 2020

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    Anno 18 – Numero 24 9 febbraio 2020

    CAMBIAMENTO DI EPOCA

    Secondo un’affermazione di papa Francesco oggi viviamo non un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca. Detta per la prima volta ai vescovi in Brasile, fu poi ripetuta al convegno della Chiesa italiana di Firenze nel 2015.

    Un’epoca di cambiamento presuppone qualche semplice aggiustamento e aggiornamento: ci si avvantaggia – anche per il messaggio cristiano – di nuovi strumenti e nuove tecniche, ma non cambia la visione della persona, delle relazioni, dei valori fondamentali.

    Nel cambiamento di epoca invece muta il modo con cui ciascuno intende se stesso e il mondo, dovendo fare i conti con lo strapotere di scienze e tecnologie (capaci persino di replicare e modificare il nostro patrimonio genetico), l’interdipendenza economica e sociale (un’epidemia condiziona sì salute e medicina, ma anche le Borse, i messaggi sui social, i pregiudizi etnici), il ruolo controverso delle religioni, la necessità di tutelare l’ambiente e la natura.

    I cristiani non sono estranei a nessuna epoca e a nessuna cultura: anche Gesù ha vissuto vantaggi e disagi del suo tempo e lì ha proclamato una buona notizia per tutti. Anche in mondi complessi e difficili da comprendere, il Vangelo può essere annunciato e diventare fonte di speranza, profezia di amore vero. Ricorda il Papa che «il Signore è attivo e all’opera nel mondo». Più che dolerci – perché sorpresi da fenomeni imprevisti, incluso un certo declino della vita cristiana –, possiamo aprirci allo Spirito per la singolare missione che ci è affidata.

    don Gianni

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  • Comunità in cammino 2 febbraio 2020

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    Anno 18 – Numero 23  2 febbraio 2020

    QUALE VITA SE VINCE L’EGOISMO

    In questi giorni si parla molto del coronavirus che ha colpito la Cina e si sta espandendo altrove. Mi ha colpito la notizia che a Hong Kong è stato dato alle fiamme un edificio destinato a ospitare persone attaccate da questo virus. Nello stesso tempo in Italia alcuni cinesi sono stati maltrattati, quasi fossero portatori della malattia.

    In concomitanza con questi fatti si è ricordato l’anniversario della liberazione di Auschwitz e dei contemporanei allarmanti gesti di intolleranza e antisemitismo. Con milioni di ebrei, ai campi di concentramento nazisti e alle camere a gas furono destinate molti altri, anche di religioni diverse, tra cui eccelle san Massimiliano Kolbe (la cui cella abbiamo visitato nel pellegrinaggio dello scorso giugno, con commozione e in spirito di preghiera).

    La sovrapposizione di avvenimenti così disparati ha in comune la denuncia della vittoria dell’egoismo o dell’indifferenza, quando si pensa che “quando sto bene io, stanno bene tutti”.

    Nella Giornata per la Vita, tesa a tutelare i più deboli e indifesi – i bambini non ancora nati e i malati in fase terminale – risuona la domanda, umana e cristiana: perché e per chi vivo?

    Ci aiuta nella riflessione il messaggio dei Vescovi italiani: “L’ospitalità della vita è una legge fondamentale: siamo stati ospitati per imparare ad ospitare. Ogni situazione che incontriamo ci confronta con una differenza che va riconosciuta e valorizzata, non eliminata, anche se può scompaginare i nostri equilibri”. E concludono: “Il frutto del Vangelo è la fraternità”.

    don Gianni

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  • Comunità in cammino – 26 gennaio 2020

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    Anno 18 – Numero 22 – 26 gennaio 2020

    FAMIGLIA, SCUOLA DI AMORE

    All’inizio del rito del Battesimo si formula la domanda: «Cari genitori, chiedendo il Battesimo per vostro figlio, voi vi impegnate a educarlo nella fede, perché, nell’osservanza dei comandamenti, impari ad amare Dio e il prossimo, come Cristo ci ha insegnato».

    A prima vista si stabilisce una condizione: vostro figlio sarà battezzato solo se siete disposti a educarlo nella fede. In realtà l’orizzonte è più ampio: educare nella fede un bambino coincide con il fatto che «impari ad amare Dio e il prossimo, come Cristo ci ha insegnato».

    L’educare nella fede – cioè a partire dalla propria fede di genitori ed educatori – comprende la missione tipica di ogni famiglia e di ogni realtà educativa: essere una scuola di amore.

    Il compito appare impegnativo: siamo sicuri di sapere cosa significa amare? come esprimerlo veramente? come amare nelle difficoltà e nelle avversità? Non ci sono risposte immediate.

    La domanda che precede il Battesimo dei bambini svela però ai credenti che possono contare su qualche speciale risorsa: l’amore del prossimo è l’altra faccia della medaglia dell’amore di Dio e non si può separarli; l’insegnamento di Cristo non è parole, ma la sua vita donata, fino alla croce. L’amore dunque mai sarà possessivo – ossia amore di sé attraverso l’altro –, ma oblativo – amore per l’altro nel dono di sé –, disinteressato, senza contropartite.

    Alla scuola dell’amore tuttavia non ci si mette senza riconoscere Gesù, la sua storia, la sua parola: ecco perché una scuola di amore è pure scuola di preghiera, anche in famiglia.

    don Gianni

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  • Comunità in cammino – 19 gennaio 2020

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    Anno 18 – Numero 21 19 gennaio 2020

    SANTA FAMIGLIA E NOSTRE FAMIGLIE

    L’ultima domenica di gennaio – la prossima, alla quale ci prepariamo – è dedicata dalla liturgia ambrosiana alla Santa Famiglia di Nazaret: Gesù, Maria e Giuseppe.

    A parte i racconti evangelici sul Natale, non poi così dettagliati, e poche altre pagine, ciò che possiamo dire della Santa Famiglia è frutto più di deduzione che di narrazione. I testi però ci forniscono una chiave di lettura quando affermano che Gesù cresceva in età, sapienza e grazia: un’osservazione che si può estendere ai circa trenta anni della vita nascosta a Nazaret.

    Si potrebbe dire che la normalità si accompagnava a intensità: una famiglia non rassegnata a semplici ripetizioni di gesti o ad abitudini di affetti e relazioni. Una vita scandita sì dallo scorrere degli anni (età), ma capace di accrescere conoscenze ed esperienze (sapienza) e fondata su un rapporto con Dio né banale, né formale (grazia).

    Più che aiutarci a curiosare nella famiglia di Gesù, questo paradigma può diventare, a tutte le età, lo stesso per le nostre famiglie di oggi, per dare colore e sapore ai loro progetti, profondità ai loro desideri e gioia costante nell’inesorabile passare del tempo.

    don Gianni

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