Autore: basilica

  • 23a Giornata mondiale del Malato

    23a Giornata mondiale del Malato

    madonna-malatiSanta Maria, madre di Dio, tu hai donato al mondo
    la vera luce, Gesù, tuo figlio e Figlio di Dio.

    Ti sei consegnata completamente alla chiamata di Dio
    e sei così diventata sorgente della bontà,
    che sgorga da Lui.

    Mostraci Gesù!
    Guidaci a Lui!

    Insegnaci a conoscerlo e ad amarlo anche noi,
    perché possiamo diventare capaci di vero amore
    ed essere sorgenti di acqua viva
    in mezzo ad un mondo assetato.

    Papa Benedetto XVI

    In occasione dell’annuale “Giornata mondiale del Malato”

    Domenica 8 febbraio 2015

     nella Basilica dei Ss. Siro e Materno

    con gli anziani e gli ammalati

    verrà concelebrata l’Eucaristia

    (sarà possibile ricevere l’Unzione degli infermi)

    Ore 15,30: ritrovo per la recita del Rosario

    Ore 16,00: Concelebrazione della S. Messa

  • Comunità in cammino 2014-01-24

    21-31 gennaio

    Settimana dell’educazione: insieme, costruttori di nuova umanità

    Un’occasione propizia per concentrare l’attenzione sullo stile della «comunità educante» presentata nella Nota pastorale dell’Arcivescovo

    ApprofondiLa Settimana dell’educa-zione che si svolge dal 21 al 31 gennaio 2015 sarà un tempo propizio per considerare con più determinazione la proposta dello stile delle «comunità educanti» presentata nella Nota che l’Arcivescovo ha offerto all’inizio dell’an-no pastorale. Quanti sono impegnati nell’educazione delle giovani genera-zioni all’interno della comunità cristiana sono invitati a considerare in profondità il metodo educativo praticato dal Signore, come modello per una comunione che coinvolge e contagia (cfr La comunità educante, pp. 19-20) e a verificare come le comunità educanti possano essere davvero espressione della Chiesa per i ragazzi e i giovani a loro affidati, facendo riferimento ai «quattro pilastri della comunità cristiana» (cfr pp. 20-22). […]

    Il cuore della questione è la sollecita-zione che viene dall’Arcivescovo quando richiama al fatto che «la comunità sarà davvero “educante” se per primi coloro che la compongono vivono, come sono capaci, la sequela a Cristo come il fattore di conversione permanente nella loro vita, così che l’unità del loro io, necessaria per educare, si faccia sempre più potente. Il compito educativo rappresenta dunque un’occasione im-perdibile per la conversione personale» (La comunità educante, pp. 29-30). Ecco perché la Settimana dell’educazione potrà essere l’opportunità per spazi di preghiera personali e comunitari più dilatati e per momenti in cui la meditazione personale possa sfociare nella condivisione e nella comunicazione fraterna. […]

    Nuovo umanesimo e stili di vita

    La Settimana dell’educazione chiederà inoltre di considerare la sfida del nuovo umanesimo che l’Arcivescovo ha presentato in occasione dell’ultimo Discorso alla città, in particolare quando ha affermato: «La proposta di un nuovo umanesimo non è altro che la capacità insita nella fede cristiana di generare cultura, cioè, di proporre agli uomini e alle donne di ogni tempo, partendo dal loro peculiare contesto storico, sociale e culturale un senso per vivere il quotidia-no» (Angelo Scola, Un nuovo umanesimo, Centro ambrosiano, p. 26). La costruzione di una «nuova umanità» è la sfida che coinvolge la Chiesa italiana in questa seconda parte del Decennio sull’educare, che avrà il suo momento sintetico nel Convegno di Firenze del novembre 2015, intitolato «In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo». A questi temi si collega l’impegno a una riflessione seria sugli stili di vita che vede la nostra Diocesi protagonista in vista di Expo 2015. […]

    Apertura a nuove alleanze educative

    Come sottolineano le Prospettive di Pastorale giovanile (soprattutto nella prima parte) occorrerà far progredire per quanto è possibile la riflessione sul tema dell’apertura a nuove alleanze educative, considerando e coinvolgendo anche soggetti non appartenenti all’ambito ecclesiale. […] Nell’esigenza di stringere nuove alleanze educative si situa il rapporto con i genitori. Facendo riferimento alla Festa della famiglia (che si colloca dentro la Settimana dell’educazione) si possono trovare modalità nuove per una cura delle relazioni con e fra i genitori dei figli che abitano nel nostro territorio

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  • Comunità in cammino 2015-01-10

    APPUNTAMENTI IN VISTA

    DOMENICA 11 GENNAIO – BATTESIMO DEL SIGNORE

    Ore 15,30: presso la Parrocchia di S. Giovanni Battista: incontro formativo per soci e simpatizzanti dell’Azione Cattolica cittadina sulla terza scheda dell’itinerario: “Vita d’Autore: Affidabili..”

    MERCOLEDI’ 14 GENNAIO

    Ore 21,00: presso la casa “Città sul Monte” (ex villa Solaro) in via S. Pietro n. 20, incontro di preghiera e di riflessione per coloro che vivono un’esperienza di separazione o di divorzio sul testo del Vangelo di Matteo (Mt 6,19-34).

    GIOVEDI’ 15 GENNAIO

    Ore 21,00: in Basilica, serata di EMMAUS: ADORAZIONE EUCARISTICAcittadina.

    DOMENICA 18 GENNAIO – SECONDA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
    GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO

    Letture del giorno: Is 25,6-10a; Sal 71; Col 2,1-10a; Gv 2,1-11

    Ore 9,00: presso la Parrocchia dei Ss. Pietro e Paolo a Desio, incontro delle “FAMIGLIE INSIEME”

    INIZIO SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI

    LUNEDI’ 19 GENNAIO

    Ore 21,00:presso la Parrocchia di San Francesco a Muggiò (via C. Battisti n. 26), MARCIA DELLA PACE per il Decanato di Desio (ritrovo ore 20,45).

    MARTEDI’ 20 GENNAIO

    Ore 21,00: presso la sala Castelli de “Il Centro” si riunisce il Consiglio Pastorale Cittadino.

    GIOVEDI’ 22 GENNAIO

    Ore 21,00: presso la sala Castelli de “Il Centro” si riunisce il Consiglio Pastorale Decanale.

    VENERDI’ 23 GENNAIO

    Ore 21,00: presso la Chiesa dei Ss. Pietro e Paolo a Desio, a cura della Comunità Pastorale, sesto incontro di “GERICO – 2” con la riflessione che questa sera la per tema: “I VIZI CAPITALI: LA SUPERBIA”.

    DOMENICA 25 GENNAIO – SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

    Letture del giorno: Is 45,14-17; Sal 83; Eb 2,11-17; Lc 2,41-52

    FESTA DELLA FAMIGLIA

    GIORNATA MONDIALE DEI MALATI DI LEBBRA

    Ore 10,00: in Basilica, S. Messa delle famiglie e, nel pomeriggio in Oratorio, animazione con giochi e intrattenimento.

    Ore 11,30: in Basilica, S. Messa degli anniversari di Matrimonio: sono invitate tutte le coppie di sposi che nel 2015 festeggiano un traguardo significativo della loro vita coniugale.

    2014-11-09 oratorio bvi

  • Il Signore ci custodisca e ci conceda pace

    Riportiamo il testo dell’omelia pronunciata dal Prevosto, Mons. Elio Burlon, durante la S. Messa di ringraziamento del 31 dicembre scorso.

    La benedizione

    Nel passaggio dal vecchio al nuovo anno si compie l’Ottava di Natale e nella I lettura di questa Eucaristia (presa dal libro dei Numeri) ci viene offerta la benedizione che Aronne è incaricato di trasmettere al popolo di Israele. Ogni benedizione non è solo un augurio ma in essa si realizza una presenza di Dio e un’effusione dei suoi doni, infatti si dice che i figli di Israele vivranno sotto la protezione del nome, cioè della potenza di Dio. S. Paolo però ci ricorda che – dopo la venuta tra noi del Verbo incarnato – c’è un solo nome davanti al quale ogni ginocchio è chiamato a piegarsi per riconoscere la sua signoria, ed è il nome di Gesù. In lui riconosciamo il Dio che ha scelto di “svuotare” se stesso per rivestirsi della nostra umanità, e farsi solidale con la nostra pochezza e fragilità di creature, prendendo su di sé il nostro limite per farci partecipi della sua stessa vita divina. Siamo chiamati perciò a vivere nel suo nome per trovare il senso del nostro vivere, gioire, lottare e soffrire, del nostro progettare e sperare.

    Il ringraziamento

    Al momento della chiusura di un anno desideriamo naturalmente esprimere innanzitutto la nostra gratitudine per il tempo che ci è stato dato, e con esso i molteplici doni e opportunità di cui abbiamo potuto godere, pur in mezzo a difficoltà e problemi. Ogni persona ha certamente modo di individuare i motivi concreti e precisi per il proprio ringraziamento: qui vogliamo individuare quelle ragioni di gratitudine che ci toccano come Comunità cristiana (e anche come cittadinanza di Desio). La mia competenza riguarda principalmente la vita delle parrocchie, e mi sembra di poter dire che – grazie al Signore – cerchiamo di rispondere al meglio al compito fondamentale della Chiesa in generale (e di ogni comunità locale in particolare) che è quello dell’annuncio del vangelo ai singoli e alla società, che stiamo cercando di realizzare in maniera sempre più concorde e convergente, attraverso iniziative – come la Quaresima unitaria, la catechesi di Gerico, gli Esercizi spirituali ecc. – che hanno una dimensione cittadina e vanno oltre il pur fondamentale momento delle celebrazioni liturgiche.

    Dal punto di vista delle iniziative di solidarietà è giusto ricordare il pro-seguimento della mensa (in collaborazione con l’Amministrazione comunale e varie associazioni) e l’attività diversificata dei vari gruppi caritativi di ispirazione cristiana, con il coordinamento della Caritas cittadina.

    In particolare desidero segnalare – di fronte al persistere della crisi economico-sociale – l’avvio concreto del piccolo “Fondo di solidarietà-lavoro”, che è stato costituito in occasione del mio 50° anniversario di sacerdozio e che è già operativo da ottobre a favore di persone che hanno perso il lavoro. Ci stiamo avvalendo dell’azione del Consorzio Desio Brianza per un accompagnamento mirato (e qualificato a livello professionale) per mettere queste persone in grado di affacciarsi in modo non approssimativo al mercato del lavoro e di fruire anche di alcuni percorsi di “tirocinio” sovvenzionato dal fondo, nella speranza che questo possa portare a una vera e propria assunzione. Inoltre, da parte dello stesso Comune mi sembra sia imminente il lancio di un analogo “Fondo lavoro solidale”, che si raccorda all’iniziativa chiamata MIND (Mettiamo Insieme i Nostri Destini), conseguente a una serie di incontri avvenuti tempo fa all’auditorium del Banco Desio.

    Un altro aspetto positivo che mi sembra giusto porre in evidenza è l’impegno delle Parrocchie, in collaborazione con i Missionari Saveriani, l’associazione Desio Città aperta e l’Associazione culturale della Comunità pakistana per favorire un clima di dialogo inter-culturale e inter-religioso in special modo tra la realtà desiana e i gruppi di immigrati da altri continenti, soprattutto in funzione della costruzione del rispetto reciproco e della pace, con una decisa e forte condanna (oggi sempre più necessaria) di ogni forma di terrorismo e di violenza. Il segno più evidente è lo striscione appeso sulla facciata della Basilica e che poi sarà fatto girare anche in altre parrocchie.

    In prospettiva

    Rivolgendo ora il nostro sguardo al futuro, raccolgo solo due spunti dall’ormai tradizionale discorso che l’Arcivescovo ha rivolto alla città di Milano e alla Diocesi la vigilia di S. Ambrogio. A partire dalla necessità (che il nostro Pastore ha evidenziato) di dar vita a un Nuovo Umanesimo, mi sembra interessante mettere in luce almeno la caratteristica di fondo che il Card. Scola ha voluto indicare, e cioè che il nuovo umanesimo è fondato e scommette sull’uomo come “io-in-relazione”, contrastando la mentalità diffusa che tende a svalutare (per non dire snobbare) le grandi tradizioni, portando ciascuno a rinchiudersi nel proprio “io” narcisistico. Il nuovo umanesimo infatti non potrà essere che quello del “dono di sé”.

    Un secondo spunto il Cardinale lo ha ricavato da un passaggio del discorso di Papa Francesco al Parlamento europeo, dove il successore di Pietro fa notare che – di fronte alla crisi – si constata con rammarico un prevalere delle questioni tecniche ed economiche al centro del dibattito politico, a scapito di un autentico orientamento antropologico. Dove cioè al centro ci sono questi meccanismi tecnico-economici e non il valore e la centralità della persona umana, quasi fosse anch’essa un bene di consumo. E’ da qui che scaturisce quella che egli chiama la ‘cultura dello scarto’. Ovviamente queste osservazioni riguardano più direttamente coloro che sono al timone degli stati e dei governi nazionali (e oltre), ma credo sia bene tenerne conto anche a livello locale.

    Un richiamo e un paio di appelli

    Per quanto riguarda l’anno che sta per iniziare, vorrei ricordare che con il 1° gennaio prende l’avvio la Città Metropolitana: guardando a Desio in questo contesto più ampio, c’è da augurarsi che la nostra città trovi un suo ruolo non marginale e riesca anche a far valere alcune sue particolarità e potenzialità specifiche. Tra queste – anche se non può essere conside-rata la caratteristica centrale – penso sareb-be bene, proprio in occasione dell’EXPO, cercare di mettere in luce e valorizzare il fatto – che siamo una città “papale” (nel senso di luogo di nascita di un Pontefice).

    Tra le tre città lombarde che hanno dato i natali a un Papa, siamo oltretutto la più vicina a Milano, e questo potrebbe anche costituire una risorsa da non trascurare, che potrebbe dare origine a qualche iniziativa o percorso fruibile anche da un pubblico più vasto.

    Come invito alla cittadinanza, desidero segnalare un’emergenza che sta assumendo proporzioni preoccupanti: in seguito alla crisi e all’aumento della disoccupazione, anche a livello statistico si registra un incremento notevole di sfratti, di persone cioè che perdono la casa, perché non sono più in grado di pagare l’affitto, o le rate del mutuo. Poiché è noto che in città ci sono molti locali sfitti, sarebbe un gesto di vera generosità quello di chi fosse disposto – per lo meno – a dare in affitto l’abitazione di proprietà (finora inutilizzata) a un canone che sia alla portata anche di chi ha un proprietà (finora inutilizzata) a un canone che sia alla portata anche di chi ha un reddito ridotto. Certo per evitare spiacevoli sorprese si dovrebbero attivare anche forme di accompagnamento che assicurino un uso corretto del bene. E’ un gesto certamente impegnativo, ma la Parola del Signore ci invita molte volte ad andare al di là della semplice elemosina occasionale.

    Concludo con uno stimolo un po’ inconsueto: al di là dei problemi di ciascuno, dei crucci e delle fatiche, penso dovremmo chiedere il dono di un po’ di fantasia e di creatività, altrimenti rischiamo di lasciarci attaccare addosso (nell’animo intendo) un certo grigiore e quella rassegnazione che ci tarpa le ali e blocca ogni slancio. Nella benedizione che abbiamo ascoltato e che invocheremo insieme al termine di questa celebrazione, può trovare posto senz’altro anche questa richiesta, che ci consenta una speranza più viva e costante.

  • Comunità in cammino 21 dicembre 2014

    logo-cic-basilicaAnno 13 – numero 8

    Domenica 21 Dicembre 2014

     

    IL NATALE de-centrato

    di Giuseppe Grampa (dal numero di dicembre ’14 de “Il Segno”)

    Ci è familiare il racconto della notte di Betlemme, il presepe che molte case ancora allestiscono ne è una raffi-gurazione piena di fascino.

    Eppure è pagina “dura”, ci porta lontano dalle strade centrali delle nostre città e paesi, illuminate a festa. Il racconto di Natale ci porta fuori, in periferia, lontani dalle luminarie. È vero che l’evangelista Luca colloca l’evento di Betlemme entro le coordinate della storia del tempo e convoca addirittura l’Imperatore quasi testimone inconsa-pevole di quanto sta per narrare.

    Grande è il rischio che il racconto del Natale di Gesù sia inteso come una suggestiva fiaba che incanta i bambini. No, il Natale è evento storico, non registrato nelle storie ufficiali, ma realmente accaduto. Il racconto di Luca non esordisce come tutte le favole («C’era una volta… »), ma con precisi riferimenti storici che permettono di situare quella nascita nella storia dell’umanità.

    Una nascita che addirittura, nel nostro mondo occidentale, determina una svolta nel computo del tempo: stiamo concludendo l’anno 2014 dopo Cristo. Certo, dobbiamo definirlo evento “periferico” rispetto alle storie ufficiali (che proprio non se ne curano),ma non possiamo cancellarlo dalla storia, dalla nostra civiltà, dalla nostra cultura. Nel racconto di Luca c’è una seconda annotazione, a prima vista di poca importanza. Maria partorisce il suo primogenito e, avvoltolo in fasce, lo depone in una mangiatoia perché «non c’era posto per loro nell’albergo». Quello che viene indicato come «albergo» era un vasto cortile con portici coperti di rami e frasche: uomini e animali giacevano sotto quel povero riparo durante la notte. Perché non c’era posto per Maria e Giuseppe in quel luogo? Forse perché era completo e Giuseppe non aveva fatto le prenotazioni? O non era luogo adatto a una donna in procinto di partorire? Oppure l’annotazione di Luca vuol dire che questa nascita non è accolta, anzi è rifiutata.

    L’evangelista Giovanni dice la stessa cosa con maggiore chiarezza e durezza: «Venne nella sua casa, ma i suoi non l’hanno accolto». Di nuovo questa nascita è messa ai margini, è de-centrata, lontana dal centro, spinta alla periferia. Questa nascita che ci incanta sarà in verità un segno di con-traddizione. Davanti a Lui, a questo inerme bimbo deposto sulla paglia della mangiatoia, si deve prendere posizione: per Lui o contro di Lui, per il suo Vangelo o contro. L’incanto della notte di Betlemme è già segnato dal rifiuto, dall’ostilità, fin quando lo butteranno fuori dalla città, di nuovo in periferia, per metterlo a morte. L’ultimo messaggio di questo testo è affidato agli angeli, misteriosi portatori della buona notizia ai pastori: «Pace agli uomini che Dio ama». Seguendo una traduzione errata, per tanto tempo abbiamo detto: «Pace agli uomini di buona volontà». Questa espressione è diventata consueta, ma tra le due traduzioni corre una differenza abissale. Il Natale di Gesù porta la pace di Dio, manifesta cioè la sua benevolenza a tutti gli uomini che sono oggetto dell’amore di Dio.

    È un annuncio che non conosce barriere, che non è riservato a pochi eletti, ma che è invece spalancato per ogni uomo, anche per quanti mettiamo ai margini, alla periferia. L’annuncio del Natale è per tutti, senza esclusioni. E infine l’ultimo tratto caratteristico del Natale, il più importante e decisivo: una nascita, un bimbo avvolto in fasce. Perché Dio sceglie di manifestarsi a noi così? Ecco la risposta che nella notte di Natale del 2006 diede papa Benedetto XVI.

    «Il segno di Dio è la semplicità.
    Il segno di Dio è il bambino.
    Il segno di Dio è che Egli
    si fa piccolo per noi.
    È questo il suo modo di regnare.
    Egli non viene con potenza
    e grandiosità esterne.
    Egli viene come bambino,
    inerme e bisognoso del nostro aiuto.
    Non vuole sopraffarci con la forza.
    Ci toglie la paura della sua grandezza.
    Egli chiede il nostro amore:
    perciò si fa bambino.
    Nient’altro vuole da noi
    se non il nostro amore…
    Dio si è fatto piccolo,
    affinché noi potessimo comprenderlo,
    accoglierlo, amarlo».

    BENEDETTO XVI

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  • QUATTRO PAROLE SULL’AZIONE CATTOLICA

    AC Azione CattolicaQUATTRO PAROLE SULL’AZIONE CATTOLICA

    Associazione di  laici cristiani di tutte le età

    che servono la Chiesa

    testimoniando il Vangelo con la vita.

     

    1. SPIRITUALITÀ

    coltivazione profonda del rapporto con Dio

    • Preghiera personale e comunitaria
    • Frequenza ai sacramenti: Messa e confessione
    • Ascolto della Parola di Dio (Lectio Divina, ritiri, esercizi spirituali…)
    • Liturgia delle Ore (Lodi, Vespri)

    2. FORMAZIONE, cura appassionata della propria coscienza

    • Catechesi
    • Vita associativa di gruppo
    • Letture, conferenze, convegni
    • Relazioni personali significative

    3. LAICITÀConsapevolezza della propria vocazione ecclesiale (laikòs = del popolo, quindi non appartenente a un ordine religioso o al clero “FARE TUTTO BENE”(P.G. Frassati) lo studio, la professione (con competenza, dedizione, generosità), la famiglia, l’impegno culturale-sociale-politico, il tempo libero, la sobrietà nel gestire i soldi, i rapporti con le persone (credenti e non)

    4. PASSIONE ECCLESIALE coltivazione profonda dell’amore alla Chiesa condivisione della responsabilità di costruire la comunità

    • con i sacerdoti e il vescovo (pensare insieme la pastorale)
    • impegno nella chiesa locale (parrocchia, città, decanato, diocesi)
    • sia attraverso l’azione che attraverso la riflessione

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  • Comunità in cammino 263 – 7/12/2014

    NOTIZIARIO QUINDICINALE  DELLA  PARROCCHIA  S.S. SIRO E  MATERNO IN DESIO

    Anno 13 – Numero 7 – Domenica  7 Dicembre 2014

    CATTOLICI E ORTODOSSI: FRATELLI NELLA SPERANZA

    Nella recente visita in Turchia, Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo I hanno dato nuovo impulso all’impegno e al cammino verso la piena unità tra cattolici e ortodossi. Il problema interessa da vicino anche la comunità desiana.

    Premetto innanzitutto qualche precisazione sui termini e un rapidissimo cenno storico. Quando si parla di “ecumenismo” si fa riferimento al dialogo e allo sforzo di camminare verso la piena comunione tra gli appartenenti a diverse chiese cristiane. Siamo quindi nell’ambito dell’unica fede cristiana, che vede però i credenti non pienamente uniti. Quando si parla di “dialogo interreligioso” si fa riferimento ai rapporti tra persone che hanno un credo religioso diverso, non riconducibile a un’unica radice.

    Anche quest’ultimo problema è fortemente all’ordine del giorno di questi tempi, soprattutto per la tragica situazione creatasi in Iraq e in Siria. Ma io vorrei ora fermare un attimo l’attenzione su primo problema, ricordando che per un intero millennio dalla nascita del cristianesimo si può parlare di ‘chiesa indivisa’ poiché i credenti in Cristo erano sostanzialmente uniti nell’unica fede in Cristo e nell’unica Chiesa che si definitiva “cattolica” (come diciamo anche nel Credo, il simbolo di fede elaborato in due Concili ecumenici del IV secolo). E’ da notare però che questo termine manteneva il suo significato originario di “universale”, e soltanto dopo la prima grande divisione intervenuta nell’XI secolo (lo Scisma di Oriente) la parola ‘cattolico’ è passata ad indicare alcuni cristiani diversi da altri. Vorrei sottolineare – di passaggio – che quando ripetiamo questa parola recitando il Credo, dobbiamo intenderlo ancora oggi nel suo significato originario.

    Per venire alla situazione concreta che stiamo vivendo: sappiamo tutti che anche a Desio, ormai da diversi anni, vivono molte persone provenienti dai paesi dell’Est europeo: Romania, Moldavia, Ucraina, Bielorussia, Russia…e che la maggior parte di loro appartengono a un patriarcato ortodosso: il panorama dell’ortodossia infatti è variegato e ogni patriarcato fa a sé, nel senso che non esiste un’autorità centrale. Soltanto il Patriarca ecumenico di Istanbul (Costantinopoli o antica Bisanzio, come la vogliamo chiamare) ha un “primato di onore” sugli altri patriarchi, ma non una vera giurisdizione. Ebbene è proprio con l’attuale Patriarca, Bartolomeo I, che Papa Francesco si è incontrato nella sua visita recente in Turchia, dove si è rinnovato quell’ abbraccio tra il beato Paolo VI e il Patriarca Atenagora, avvenuto il 5 gennaio 1965, che fu un evento straordinario perché in quell’occasione sono state cancellate le reciproche scomuniche che si erano  lanciate la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse almomento della divisione.

    Non solo, ma da quel momento si è instaurata una significativa tradizione per cui ogni Pontefice romano, nel secondo anno del suo pontificato, si reca a far visita al Patriarca di Costantinopoli, come hanno fatto anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

    L’incontro a Istanbul è avvenuto in un clima di grande rispetto e affetto fraterno, e si è dato risalto anche al fatto che il Papa è successore di Pietro, mentre la Chiesa di Costantinopoli ha considerato (a posteriori) suo primo patriarca e patrono S. Andrea, fratello di Simon Pietro. E’ nella fraternità trai due apostoli (che era di sangue e poi si compì nella fede e nel martirio) che trova quindi simbolico fondamento il rapporto tra cattolici e ortodossi. Durante la permanenza del Papa, culminata proprio nel giorno della festa di S. Andrea, sono state fatte da entrambe le parti affermazioni importanti, a partire dall’omelia pronunciata dal Papa durante  la  Messa  che  ha  presieduto   nella Cattedrale dello Spirito Santo e avendo come     conclusione       la    Dichiarazione Congiunta firmata da entrambi i Pastori. Non potendo riportare qui i molti passaggi significativi dei vari interventi, mi limito a trascrivere qualche frase, appunto, della Dichiarazione finale:

    “Il nostro ricordo degli Apostoli, che proclamarono la buona novella del Vangelo al mondo, attraverso la predicazione e la testimonianza del martirio, rafforza in noi il desiderio di continuare a camminare insieme al fine di superare, con amore e fiducia, gli ostacoli che ci dividono…Esprimiamo la nostra sincera e ferma intenzione, in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, di intensificare i nostri sforzi per la promozione della piena unità tra tutti i cristiani, e soprattutto tra cattolici e ortodossi…. Assicuriamo la nostra fervente preghiera come Pastori della Chiesa, chiedendo ai fedeli di unirsi a noi nella comune invocazione che <<tutti siano una cosa sola…perché il mondo creda>> (vangelo di Giovanni 17,21).

    Don Elio Burlon

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  • Notizie Oratorio BVI 2014-11-23

    BVI-logoanno ORATORIANO 2014-2015
    “io sono l’Immacolata Concezione”

    La candela che non voleva bruciare  (Bruno Ferrero)

    Questo non si era mai visto: una candela che rifiuta di accendersi. Tutte le candele dell’armadio inorridirono. Una candela che non voleva accendersi era una cosa inaudita! Mancavano pochi giorni a Natale e tutte le candele erano eccitate all’idea di essere protagoniste della festa, con la luce, il profumo, la bellezza che irradiavano e comunicavano a tutti. Eccetto quella giovane candela rossa e dorata che ripeteva ostinatamente: -No e poi no! Io non voglio bruciare. Quando veniamo accesi, in un attimo ci consumiamo. Io voglio rimanere così come sono: elegante, bella e soprattutto intera-.

    -Se non bruci è come se fosse già morta senza essere vissuta-, replicò un grosso cero, che aveva già visto due Natali. -Tu sei fatta di cera e stoppino ma questo è niente. Quando bruci sei veramente tu e sei completamente felice-.

    -No, grazie tante- rispose la candela rossa. – Ammetto che il buio, il freddo e la solitudine sono orribili, ma è sempre meglio che soffrire per una fiamma che brucia-.

    La vita non è fatta di parole e non si può capire con le parole, bisogna passarci dentro-, continuò il cero. -Solo chi impegna il proprio essere cambia il mondo e allo stesso tempo cambia se stesso. Se lasci che la solitudine, buio e freddo avanzino, avvolgeranno il mondo-.

    Vuoi dire che noi serviamo a combattere il freddo, le tenebre e la solitudine?-.

    -Certo- ribadì il cero. -Ci consumiamo e perdiamo eleganza e colori, ma diventiamo utili e stimati. Siamo i cavalieri della luce-.

    -Ma ci consumiamo e perdiamo forma e colore-.

    -Sì, ma siamo più forti della notte e del gelo del mondo- concluse il cero.

    Così anche la candela rossa e dorata si lasciò accendere. Brillò nella notte con tutto il suo cuore e trasformo in luce la sua bellezza, come se dovesse sconfiggere da sola tutto il freddo e il buio del mondo. La cera e lo stoppino si consumarono piano piano ma la luce della candela continuò a splendere a lungo negli occhi e nel cuore degli uomini per i quali era bruciata.

     

    Questa storia raccontata alla Messa della Prima domenica vuole essere un forte invito ad impegnarsi in questo AVVENTO. Abbiamo visto che con gioia avete ritirato le candele.. ma sta a voi decorarle e portarle in oratorio come testimonianza che stare insieme è ricevere dall’altro qualcosa di speciale. GENITORI vi state accorgendo che in oratorio tutto quello che si fa parte dall’INCONTRO con GESU’ che ci spinge ad essere TESTIMONI. Non pretendete solo che i ragazzi si facciano solo giocare, che abbiano tutto e che possano saltare le cose più impegnative e che richiedono SACRIFICIO. E voi date una mano con il tempo che potete mettere a disposizione se volete!!!

    Buon cammino carissimi genitori e figli!!! … e collaboratori tutti!. Don gi

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  • Comunità in cammino 2014-11-22

    Da “virtuale” a “virtuoso”

    Nel nostro linguaggio corrente ci sono alcune parole che di volta in volta si impongono all’uso comune e altre che scompaiono o perlomeno si eclissano per un certo tempo. Al primo gruppo appartiene certamente il termine “virtuale”, di cui oggi si fa largo uso, in concomitanza con gli strumenti dell’informatica e delle telecomunicazioni. Del secondo invece fa parte una parola simile, ma di significato ben diverso, cioè “virtuoso”,che deriva, ovviamente, da “virtù”.

    Non solo oggi è diventato molto raro sentir parlare di virtù, ma sembra addirittura un discorso superato, obsoleto, quasi incomprensibile. Andiamo allora a dare un’occhiata a qualche dizionario. Sul primo si trova: “Amore attivo del bene che induce l’uomo a perseguirlo e a praticarlo costantemente, tanto nell’ambito della sua vita privata che di quella pubblica”. Un secondo presenta espressioni forse più tradizionali: “La disposizione costante della volontà a uniformarsi alla legge morale; l’abitudine di fare il bene diventata una seconda natura”.

    Un autore cristiano, Pascal Ide, in un suo libro (Progetto Personalità, guida alla maturità interiore, ed. S. Paolo, Torino 1994) propone un itinerario che aiuti a cogliere e sviluppare in noi quelle qualità inesplorate che potrebbero diventare punti-forza per una crescita armonica della nostra personalità.      Nella visione cristiana, naturalmente, tutto inizia e cresce sull’adesione di fede a Cristo, che è “l’Uomo nuovo” che mediante il suo Spirito ci rende conformi a sé: per questo la nostra maturazione personale è soprattutto un fatto di “grazia”, cioè di dono gratuito che Dio comunica mediante Cristo a ogni persona che si apre a lui nella fede. Le virtù fondamentali del cristiano, perciò, sono quelle chiamate “teologali”, perché hanno come sorgente e come termine il mistero stesso di Dio: fede, speranza e carità.

    Ciò però non toglie che nella vita del cristiano ci sia spazio (e necessità) anche per le virtù “morali”, quelle cioè che richiedono l’intervento della nostra volontà e del nostro impegno perché, possibilmente possano diventare “una seconda natura”. Al di là della classificazione che ne avevano fatto gli antichi, noi possiamo ricavare dalla stessa Scrittura alcuni nomi di queste virtù: l’umiltà, la fortezza, la letizia, la perseveranza, lo zelo, la capacità di accoglienza, la sincerità, la lealtà ecc. Questi atteggiamenti, sempre innestati sulla base del rinnovamento che lo Spirito di Cristo opera in noi, esigono di essere sperimentati, esercitati, coltivati e mantenuti attivi nel nostro impegno quotidiano. Le virtù possono essere rafforzate anche utilizzando le pulsioni istintive che ritroviamo in noi e indirizzandole verso obiettivi positivi e non distruttivi. Se analizziamo bene i vizi e impariamo a riconoscerli, potremmo arrivare a cogliere che la radice da cui nascono non è sempre negativa in sé, poiché forse si tratta del desiderio – che ciascuno di noi porta dentro – di vita, di gioia, di bellezza e di pienezza. Il guaio si produce quando queste tensioni vengono indirizzate verso gli obiettivi sbagliati, verso – per usare le immagini evangeliche – un cibo che non sazia e un’acqua che non disseta, verso chimere che presto svaniscono.

    In conclusione possiamo dire che i  vizi sono virtù impazzite e le virtù sono le forze dei vizi usate con intelligenza. In ognuno di noi c’è un potenziale simile all’impeto delle acque di un torrente. Potrebbe diventare un’energia utile o una forza che distrugge. Il primo passo per valorizzare queste energie è conoscerle, assumerle, scoprirne le motivazioni e i meccanismi.

    Il cammino per “rigenerare” in senso positivo il nostro potenziale interiore è naturalmente molto lungo, dura tutta la vita. L’importante è seguire la guida giusta, cioè Colui che si è presentato come la Via, la Verità e la Vita, e continuare a muoversi nella direzione giusta.

    don Elio Burlon

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