COMUNITÀ PASTORALE SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO – DESIO
NOTIZIARIO SETTIMANALE DELLA PARROCCHIA SS. SIRO e MATERNO
COMUNITÀ IN CAMMINO
Anno 16 – Numero 39 domenica 3 giugno 2018
SE FOSSE CULTURA E NON FOLLIA?
Studi ed esperienza mi portano a dire che alla base di sconvolgenti drammi familiari [come quello di Francavilla] raramente c’è un problema di “hardware” (qualcosa di fallato nel fisico della persona), solitamente c’è un problema di “software”, cioè di cultura e di mappe mentali che la persona utilizza per orientarsi nella vita al fine di decidere come comportarsi e cosa provare di fronte agli eventi. La realtà è che in questo nostro 2018 troppe persone utilizzano ancora mappe mentali fallate, che inducono a scelte controproducenti, impediscono la resilienza e promuovono intolleranza verso il diverso e le avversità della vita. Mappe mentali infettate da virus che impediscono di attuare nella pratica obiettivi come l’amore, il perdono, l’accettazione di limiti, debolezze e fallimenti. Mappe che portano a incastrarsi in relazioni soffocanti dove è impossibile attivare il reciproco rispetto. L’intensità del dolore che si prova davanti alle avversità della vita non è “responsabilità” di quelle stesse avversità (è infatti assolutamente inevitabile che nella vita le cose vadano prevalentemente in modo diverso da come si vorrebbe), ma appunto delle mappe mentali che si utilizzano per interpretarle. Contesti in cui si hanno convinzioni estreme (uno dei peggiori “virus”) sono ambiti di debolezza della persona, perché creano dipendenza e impediscono di piegarsi a un “piano B” (riorganizzare la vita in un modo diverso dal “piano A” quando questo non è perseguibile). I suicidi, gli omicidi e i femminicidi vanno intesi come atti conseguenti all’estremo dolore provato per la disattesa di modelli assoluti.
Antonella Baiocchi – Psicoterapeuta specialista in criminologia (da Avvenire)