Autore: basilica

  • Simpatici

    Simpatici

    Dopo le 23.00, piazza della basilica: un pallone colpisce la porta centrale della chiesa; poco dopo un altro provetto calciatore fa ancora gol (grande com’è il portone, non è così difficile…), poi con maestria un altro ancora segna. «Se poteste evitare di giocare a pallone con la porta della basilica, sarebbe meglio. Magari si rovina, è un monumento e un patrimonio della comunità cittadina…» (predica un po’ buonista). Risposta di uno dei bomber improvvisati: «Ah, io non sono stato!»; un altro aggiunge: «Viva Gesù» (meno male!). Guardando bene: non sono adolescenti, ma gente che i vent’anni li ha superati da un pezzo. Simpatici? Irresponsabili.

    Festa del quartiere, la processione sta per iniziare: si parte da una sacra immagine, è lì da un paio di decenni a ricordare uno dei più importanti eventi cristiani. La gente si raduna in mezzo alla strada e si saluta con calore, ci si scambiano notizie recenti di familiari e amici, c’è un bel clima; arriva anche lo stendardo del Santo da portare nel cammino. Tra la folla avanza un uomo, molto serio, e chiede di parlare a colui che ha identificato come il celebrante per comunicargli, con un accento che sottolinea la estrema gravità della questione, che l’immagine si trova su suolo privato, che quella è proprietà privata, che bisogna provvedere alla rimozione, che… finché interviene qualcuno del vicinato e spiega che non è quello
    il momento giusto per la rimostranza e che comunque l’interlocutore non è il tizio a cui si è rivolto, ma
    il quartiere. Simpatico?

    Sgradevole.

    Citofono da trovare tra mille, finalmente trovo il nome, schiaccio il pulsante e la risposta è squillante: «Venga, terzo piano!». Sto incontrando nelle case i bambini e le bambine del primo anno di catechesi e
    le loro famiglie, e già alla risposta mi danno la sensazione di non avere a che fare con uno sconosciuto, ma di attendere la visita. Ci sediamo in cucina (il divano è occupato dai giocattoli e quindi inagibile) e cominciamo una conversazione normale sui presenti, sui loro nomi, sulla scuola frequentata, il lavoro dei genitori, gli sport praticati dai figli, qualche hobby, l’andamento della catechesi, ecc. Concludiamo con una preghiera per la famiglia e perché Gesù sia amico anche di coloro che sono poveri o tristi e porti loro serenità. Speriamo di rivederci presto in oratorio o in chiesa e ci salutiamo. Simpatici? Accoglienti.

  • Domande della fede

    Domande della fede

    Spesso e volentieri siamo portati a cercare risposte: nella sofferenza, nelle prove della vita, nelle delusioni.

    Gesù invece ci dice che spesso noi non siamo in grado di farci le domande giuste, quelle vere, quelle che ci permettono di ottenere da Lui le
    risposte.

    Nel vangelo Gesù spesso pone domande ai suoi discepoli, e quella che si ripete in più pagine è la stessa: “Tu credi?”. Domanda secca che ci interpella, ci pone davanti ai nostri dubbi sulla fede, sull’esistenza di Dio, sulla salvezza operata da Cristo, sulla presenza dello Spirito Santo nella nostra vita. Pensiamo ai racconti dei
    miracoli di Gesù: c’è sempre la stessa domanda, e la ragione sta nel fatto che il centro del miracolo non è
    l’evento prodigioso operato da Gesù, ma l’invito ad interrogarsi ed avere la risposta corretta che ci impegna, ci chiama in causa. E mentre Gesù pone una domanda, invita ciascuno di noi a porre le domande giuste.

    Ecco perché in questa settimana vogliamo soffermarci proprio su questo: io credo? In che misura credo? In che modo manifesto il mio credo? Quanto mi lascio interrogare da Gesù, cercando le risposte corrette alle sue domande? Proviamo a trovare uno spazio di silenzio e di preghiera in cui provare a pensare esattamente a queste domande, chiedendo l’aiuto di trovare le risposte.

  • La conversione: una questione quotidiana

    La conversione: una questione quotidiana

    Siamo in auto e ci accorgiamo che abbiamo sbagliato strada: dobbiamo fare una conversione a U. Ecco, il punto di partenza è sentire il bisogno di cambiare qualcosa nella mia vita: convertirsi oggi cosa può voler dire?

    A volte ci si accorge di essere su una strada che non porta dove vorremmo e da qui ne deriva il bisogno di convertirsi verso un qualcosa che ci
    fa stare bene. Bisogna attivare un mutamento interiore che ci conduce a cambiare stile di vita, ad abbracciare nuove conoscenze, a distinguersi agendo in maniera diversa. A mio parere , oggi bisogna leggere la conversione anche come un nuovo
    modo di percepire e di intendere, come una mente e un cuore nuovi, come una missione cristiana, come un ritorno a Lui, a Gesù. Convertirsi inteso come azione di apertura verso le persone in difficoltà, ascoltandole, valorizzandole, accompagnandole in un nuovo percorso finalizzato a migliorare il proprio stile di
    vita.

    Papa Francesco ha detto che “la conversione è una questione quotidiana” ovvero dobbiamo essere capaci di cambiare rotta ogni giorno e per tutta la vita, avendo come bussola il Vangelo…

    Sicuramente dobbiamo essere capaci di cambiare rotta ogni giorno, perché ogni giorno si presenta un problema diverso incontrando altre persone. Queste sono coloro che ci aiutano a modificare il nostro modo di essere, che ci aiutano a
    dialogare con gli altri e con Dio.

    La conversione nasce allora dall’ascolto di una parola di cui ti fidi, perché ti fidi di colui che parla. Nella nostra scuola, ad esempio,di recente c’è stata l’occasione di
    accogliere, con una bella festa, un nuovo alunno ucraino. La classe intera, alunni e insegnanti, per un breve periodo, hanno dovuto cambiare rotta per garantire al nuovo arrivato serenità e affetto.

    Anch’io sono stata coinvolta e mi sento di dire che il mio essere cristiana e il mio credo mi portano sempre ad accogliere il diverso a braccia aperte.

    Saper usare la libertà di scegliere il bene o il male, l’egoismo o l’attenzione al prossimo, gesti chiama in causa. E mentre Gesù poneuna domanda, invita ciascuno di noi a porre le domande giuste.

    Ecco perché in questa settimana vogliamo soffermarci proprio su questo: io credo? In che misura credo?

    In che modo manifesto il mio credo?

    Quanto mi lascio interrogare da Gesù, cercando le risposte corrette alle sue
    domande? Proviamo a trovare uno spazio di silenzio e di preghiera in cui provare a pensare esattamente a queste domande, chiedendo l’aiuto di trovare le risposte.
    di accoglienza o quelli di rifiuto.

    Un cammino di conversione mette al centro la responsabilità di ognuno: come realizzarlo in concreto? Sappiamo che i due pilastri del cristiano sono la preghiera e l’amore verso i fratelli. Ogni credente, attraverso un processo di cambiamento e di apertura verso il prossimo, è chiamato a mettersi in gioco su tutti gli aspetti
    del vivere. La carità ad esempio si esplica anche facendo parte di associazioni di volontariato, in cui l’operatore accoglie, ascolta e sostiene la persona in difficoltà.
    Far parte di queste associazioni mette in campo la parte più operativa della carità perché come diceva S.Paolo “la carità è tutto, fede, speranza e carità, ma di tutte la più grande è la carità”.

    Marina Ferraro Piacent

  • Consiglio Pastorale del 21 marzo

    Il 21 marzo si è tenuto il Consiglio Pastorale cittadino durante il quale
    don Gianni ha voluto ricordare Giovanni Colombo, uno dei consiglieri venuto a mancare di recente, sempre al servizio della comunità.

    È stata condivisa coi consiglieri la lettera dell’Arcivescovo nella quale
    si chiede a tutti i Consigli Pastorali e ai Consigli degli Affari Economici
    di prolungare il loro mandato fino a maggio 2024.

    All’o.d.g. anche una riflessione sul percorso de “Il Sicomoro”: nelle prossime riunioni si valuteranno in maniera più accurata l’esperienza fatta e l’eventuale nuova programmazione.

    Infine don Gianni ha riassunto quanto emerso nel precedente consiglio pastorale durante il quale i consiglieri avevano riflettuto sul rapporto tra singola parrocchia e comunità pastorale e sul senso di appartenenza di ciascuno a quest’ultima.

  • Costruire una cultura di pace

    Costruire una cultura di pace

    Siamo reduci da un anno che ha sconvolto il mondo, e che non può non averci interpellati nel profondo delle nostre prassi e delle nostre convinzioni. Il 2022 è stato un anno di guerra, capace – oltre che di seminare irreparabili lutti e violenze – di scardinare panorami geopolitici o energetici, cui eravamo assuefatti.

    Caritas Ambrosiana ha di recente promosso a Milano un convegno per celebrare in maniera non retorica il 60° anniversario della Pacem in terris, evidenziando l’attualità dei principi portanti dell’enciclica di papa Giovanni XXIII. Viviamo in un’epoca segnata da una pluralità di conflitti sfrangiati, riconducibili a logiche che Caritas è interessata anzitutto a decodificare, per aggiornare e rilanciare la cultura di pace e nonviolenza, che è patrimonio della sua storia. E che deve orientare le azioni di pace che vengono svolte in tanti luoghi di conflitto nel mondo, per provare a gettare semi di fraternità e creare condizioni di convivenza e di riconciliazione durature.

    Il nostro intento è dunque mostrare ai giovani, ma non soltanto a loro, che anche nel mondo attuale, nel quale il ricorso alle armi e agli eserciti sembra essere l’unico regolatore delle relazioni tra individui e popoli, la pace è un approdo faticoso ma possibile.

    Il pacifismo, ai tempi della “guerra mondiale a pezzi” denunciata da anni da Papa Francesco, deve aggiornare analisi e proposte, cercando di rifuggire il rischio dell’utopia velleitaria. Ma non può cessare di proclamare valori e indicare percorsi di pace.

    Nel faticoso cammino di costruzione della pace che ci troviamo di fronte, bisogna anzitutto realizzare un oggi solidale. Caritas Ambrosiana, le sue cooperative, le parrocchie della diocesi di Milano hanno accolto e aiutato in vario modo, da febbraio
    ‘22 a febbraio ‘23, oltre 1.600 profughi giunti nel nostro Paese, mentre la rete internazionale Caritas ha raggiunto quasi 4 milioni di ucraini, tra sfollati in patria e rifugiati in altri territori.

    Piegarsi su tante vittime e sulle loro ferite, fisiche e morali, non equivale a piegarsi all’ineluttabilità della violenza, ma provare a lenire dolori strazianti, destinati, se non curati, a incubare domani nuovi odi e nuove brutalità.

    Luciano Gualzetti
    Direttore Caritas Ambrosiana

  • Quaresima di fraternità

    Continua in queste settimane il “gesto di quaresima”, in ogni parrocchia si trova un raccoglitore per contribuire al progetto di Caritas Ambrosiana per aiutare le donne venezuelane costrette a migrare a causa della crisi politica e sociale.

  • L’albero della rinascita

    L’albero della rinascita

    Non dimentichiamo le vittime della pandemia

    Sabato 18 marzo, in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime
    del Covid, attorno all’Albero della Rinascita, si è tenuto un momento di preghiera con tutta la comunità desiana e a seguire la celebrazione della S. Messa, preseduta da don Alberto Barlassina, in suffragio dei defunti per il Covid.

    L’Albero della Rinascita, è dedicato alla memoria di tutti i desiani vittime del Covid, che ha mietuto molte vittime anche nella nostra città. La statua è situata nel quartiere di San Giorgio, davanti alla Chiesa di via Sant’Apollinare 4.