Autore: basilica

  • Costruire una cultura di pace

    Costruire una cultura di pace

    Siamo reduci da un anno che ha sconvolto il mondo, e che non può non averci interpellati nel profondo delle nostre prassi e delle nostre convinzioni. Il 2022 è stato un anno di guerra, capace – oltre che di seminare irreparabili lutti e violenze – di scardinare panorami geopolitici o energetici, cui eravamo assuefatti.

    Caritas Ambrosiana ha di recente promosso a Milano un convegno per celebrare in maniera non retorica il 60° anniversario della Pacem in terris, evidenziando l’attualità dei principi portanti dell’enciclica di papa Giovanni XXIII. Viviamo in un’epoca segnata da una pluralità di conflitti sfrangiati, riconducibili a logiche che Caritas è interessata anzitutto a decodificare, per aggiornare e rilanciare la cultura di pace e nonviolenza, che è patrimonio della sua storia. E che deve orientare le azioni di pace che vengono svolte in tanti luoghi di conflitto nel mondo, per provare a gettare semi di fraternità e creare condizioni di convivenza e di riconciliazione durature.

    Il nostro intento è dunque mostrare ai giovani, ma non soltanto a loro, che anche nel mondo attuale, nel quale il ricorso alle armi e agli eserciti sembra essere l’unico regolatore delle relazioni tra individui e popoli, la pace è un approdo faticoso ma possibile.

    Il pacifismo, ai tempi della “guerra mondiale a pezzi” denunciata da anni da Papa Francesco, deve aggiornare analisi e proposte, cercando di rifuggire il rischio dell’utopia velleitaria. Ma non può cessare di proclamare valori e indicare percorsi di pace.

    Nel faticoso cammino di costruzione della pace che ci troviamo di fronte, bisogna anzitutto realizzare un oggi solidale. Caritas Ambrosiana, le sue cooperative, le parrocchie della diocesi di Milano hanno accolto e aiutato in vario modo, da febbraio
    ‘22 a febbraio ‘23, oltre 1.600 profughi giunti nel nostro Paese, mentre la rete internazionale Caritas ha raggiunto quasi 4 milioni di ucraini, tra sfollati in patria e rifugiati in altri territori.

    Piegarsi su tante vittime e sulle loro ferite, fisiche e morali, non equivale a piegarsi all’ineluttabilità della violenza, ma provare a lenire dolori strazianti, destinati, se non curati, a incubare domani nuovi odi e nuove brutalità.

    Luciano Gualzetti
    Direttore Caritas Ambrosiana

  • Quaresima di fraternità

    Continua in queste settimane il “gesto di quaresima”, in ogni parrocchia si trova un raccoglitore per contribuire al progetto di Caritas Ambrosiana per aiutare le donne venezuelane costrette a migrare a causa della crisi politica e sociale.

  • L’albero della rinascita

    L’albero della rinascita

    Non dimentichiamo le vittime della pandemia

    Sabato 18 marzo, in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime
    del Covid, attorno all’Albero della Rinascita, si è tenuto un momento di preghiera con tutta la comunità desiana e a seguire la celebrazione della S. Messa, preseduta da don Alberto Barlassina, in suffragio dei defunti per il Covid.

    L’Albero della Rinascita, è dedicato alla memoria di tutti i desiani vittime del Covid, che ha mietuto molte vittime anche nella nostra città. La statua è situata nel quartiere di San Giorgio, davanti alla Chiesa di via Sant’Apollinare 4.

  • Cecità e miopia

    Cecità e miopia

    Nel vangelo di Giovanni, dopo l’incontro con il “cieco nato”, Gesù si scontra con gli avversari: «Alcuni dei farisei gli dissero: “Siamo ciechi anche noi?”. Gesù rispose loro: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: ‘Noi vediamo’, il vostro peccato rimane”». Il vangelo parla esplicitamente del percorso di fede del cieco risanato, capace di resistere a chi né lo riconosce come tale né dà credito al gesto compiuto da Gesù. Chi sono dunque i veri ciechi?

    Possiamo trovare cecità, o almeno miopie, anche oggi, in opinioni, scelte, comportamenti, che apparirebbero corretti, sensati, moderni, ma distorcono la realtà.

    Scatenare una guerra, sostenerla (come purtroppo fanno pure alcune autorità religiose), darle vigore con parole aggressive, è certamente sintomo di cecità. Potrebbe esserlo anche enfatizzare l’uso delle armi senza ricercare una sincera via di pace, dando ragione a chi sospetta che «le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi, per gli interessi di persone che si conoscono senza uccidersi».

    Il mondo occidentale, così innamorato della propria democrazia, al punto da volerla esportare con gli eserciti, è lo stesso che vuole innalzare l’aborto a diritto, restando cieco di fronte al reale diritto alla vita, quello del nascituro. In questo caso chi fa torto a chi? e chi è l’innocente aggredito?

    Ancora: chi sono davvero gli scafisti del Mediterraneo? La manovalanza o chi li organizza restando bene al riparo di complicità nebulose? E la polemica non fa dimenticare le “persone” migranti e i motivi tragici delle loro partenze (se guardiamo i paesi di provenienza…)?

    Pure qui vale un detto: il miope «guarda il dito, ma non vede la luna».

    Le catastrofi naturali sono anche conseguenza dei cambiamenti climatici, della siccità, della devastazione della natura (Amazzonia…): come è difficile per i capi della politica e dell’economia cercare un accordo per salvaguardare il creato, che è «non eredità dei padri, ma prestito delle generazioni future».

    Anche nella Chiesa, beninteso, troviamo cecità e miopie: voler conservare solo l’esistente di parrocchie e istituzioni, senza seguire la forza dello Spirito per tentare vie nuove di annuncio del Vangelo.

    O immaginare che organizzare eventi e occupare spazi sociali basti a elevare la qualità spirituale della comunità. Laviamoci tutti alla piscina di Siloe, l’Inviato!

    don Gianni

  • Il discernimento

    Il discernimento

    QUARTA settimana di quaresima

    L’itinerario di preghiera proposto dalla Diocesi in questa IV settimana di quaresima ci porta a riflettere sul discernimento, ossia su quel processo interiore che ci permette di giungere alle nostre scelte.

    Discernere non è mai un itinerario semplice: portiamo dentro di noi il dramma di dover decidere sapendo che ogni scelta, piccola o grande, porta conseguenze per sé e per gli altri. Il discernimento porta ciascuno di noi a fare i conti con le nostre resistenze interiori, con le gioie e con le possibili fatiche. In questa settimana facciamo memoria di San Giuseppe, un uomo che ha sperimentato la fatica di fidarsi di Dio che chiede disponibilità, apertura, fiducia, pur rispettando tutta la sua libertà.

    Alla base di ogni discernimento ci sia la fede, la stessa fede del cieco nato del Vangelo della IV domenica di quaresima: vogliamo fidarci di questo Dio anche quando ci chiede di fare cose impossibili o che non comprendiamo immediatamente. Proviamo a mettere come nostro modello Maria con il suo “eccomi” affinché anche noi possiamo trovare la forza e il coraggio di dire “SÌ”.
    In questa settimana vogliamo fermarci a riflettere sulle nostre scelte.

    • Come si formano le nostre scelte?
    • In che modo mettiamo dentro la nostra esperienza di Dio?
      • Riusciamo a fidarci di Lui anche quando tutto sembra venirci contro?
      • Sappiamo cogliere nella nostra vita tutti i piccoli annunci che il Signore ci comunica tra le pieghe delle nostre giornate?
  • Il silenzio

    Il silenzio: la condizione fondamentale per potere ascoltare… la propria anima

    Continuando il tema della preghiera iniziato la scorsa settimana, una delle condizioni fondamentali per potere entrare in una dimensione di dialogo (preghiera) è l’ascolto, ma per quanto ovvio, questo non è possibile senza fare silenzio. La cosa vale sia nei rapporti umani sempre più condizionati dal fare prevalere la propria voce, ma vale anche nei confronti di Dio, dove ci sembra necessario parlare anche nei tempi che pensiamo di dedicargli. Per domandare più che accogliere, per porre a lui tutte le nostre istanze, i nostri pensieri… perché abbiamo perso o forse non abbiamo mai imparato, a fermarci per ascoltare…
    Un noto sacerdote filosofo e teologo italiano, naturalizzato tedesco, Romano Guardini, scrisse che, non volere o non riuscire a rimanere nella dimensione del silenzio, è come volere solamente espirare e mai inspirare. L’uomo che non vuole e non sa tacere è come se volesse solo espirare, quindi senza mai inspirare è destinato alla morte… Quantomeno alla morte spirituale. Il rapporto tra il silenzio intimo e la parola che esce da noi è strettissimo, la parola viene generata dal silenzio. La parola è vera quando è generata dal cuore del silenzio. Quando questo non avviene, la parola è svilita, diminuisce di significato. A volte si può tacere eppure dire molto, cosi come si può parlare molto ma non dire niente… Spesso il parlare molto serve a coprire il vuoto interiore. Abbiamo la necessità, soprattutto in questo tempo che la Chiesa ci propone alla riflessione, di meditare sul perché Dio abbia scelto di farsi uomo, morire e risorgere, mostrandoci quale Amore il Padre abbia verso di noi sue creature. Dobbiamo ri-entrare in noi stessi e accogliere quella parola che può aprirci il cuore ad accogliere lo Spirito di Dio. Il quale non parla nel rombo del tuono ma nel soffio di una brezza leggera… (1Re 19, 12-13). Papa Francesco nell’omelia a Santa Marta del 13 Giugno 2014, usa queste parole bellissime e chiare per commentare questo passo della Bibbia: «Il Signore non era nel vento, nel terremoto o nel fuoco, ma era in quel sussurro di una brezza leggera: nella pace». O «come dice proprio l’originale, un’espressione bellissima: il Signore era in un filo di silenzio sonoro». In questa frase si racchiude il modo in cui possiamo accoglierlo ed ascoltarlo anche noi: entrare nella grotta del nostro cuore e nel silenzio accogliere la sua pace, il suo sonoro silenzio. Silenzio che non è solo vuoto, l’assenza di rumore, ma la condizione per cui il Signore può parlare al nostro cuore come ha fatto con il profeta Elia. Possa questo tempo che ci conduce alla Pasqua aiutarci a riscoprire il valore del silenzio perché possiamo tornare ad ascoltare in noi quella parola che sola può portare alla pace.
    Fabrizio Zo