Autore: basilica

  • Giornata dei Missionari Martiri

    Giornata dei Missionari Martiri

    Manifesto-Giornata-Missionari-martiri-2023

    Il 24 marzo 2023 si celebra in tutta la Chiesa italiana la 31esima edizione della GIORNATA DI PREGHIERA E DIGIUNO IN MEMORIA DEI MISSIONARI MARTIRI, appuntamento istituito nel 1993 dal Movimento Giovanile Missionario della direzione nazionale italiana delle Pontificie Opere Missionarie.
    Quest’anno lo slogan scelto da Missio Giovani è “Di me sarete testimoni (At 1,8)”, espressione che riprende il tema della Giornata missionaria mondiale dell’ottobre scorso.

    La celebrazione della Giornata dei missionari martiri si colloca nel giorno dell’uccisione di monsignor Oscar Romero, avvenuta il 24 marzo 1980 in El Salvador, e vuole fare memoria del suo impegno a fianco del popolo salvadoregno, oppresso da un regime elitario incurante della sorte dei più poveri e dei lavoratori.

  • “Di me sarete testimoni”

    Suor Maria e suor Lucia hanno donato l’intera vita rispondendo ai bisogni di due popoli, martoriati da guerre, calamità, criminalità e soprusi

    Sono 18 i missionari uccisi nel mondo nel 2022: 12 sacerdoti, 1 religioso, 3 religiose, 1 seminarista, 1 laico. Nove hanno perso la vita in Africa, otto in America Latina, uno in Asia.

    Due le italiane: suor Maria de Coppi, uccisa in Mozambico, dove aveva trascorso quasi sessant’anni della sua vita, e suor Luisa Dell’Orto, uccisa a Haiti dove si trovava da vent’anni, dopo aver vissuto in Camerun e Madagascar.

    Suor Luisa Dell’Orto, Piccola sorella del Vangelo di Charles de Foucauld, la mattina di sabato 25 giugno è stata vittima di un’aggressione armata a Port-au-Prince, capitale di Haiti, forse vittima – così si è detto – di un tentativo di rapina. Da vent’anni si occupava soprattutto dei bambini di strada, colonna portante di Kay Chal, “Casa Carlo”, una casa famiglia per bambini di strada in un sobborgo poverissimo di Port-au-Prince. La notizia ha prodotto un fortissimo impatto nella capitale haitiana, dove “soeur Luisa” era molto conosciuta e amata.

    Suor Maria De Coppi, 84 anni, missionaria comboniana in Mozambico dal 1963, è stata uccisa nell’assalto alla missione di Chipene, nell’instabile nord del paese, nella notte tra il 6 e il 7 settembre 2022. Gli assalitori hanno distrutto le strutture della missione, tra cui la chiesa, l’ospedale e la scuola primaria e secondaria. Suor Maria è stata colpita da un proiettile alla testa, morendo all’istante, mentre cercava di raggiungere il dormitorio dove si trovavano le poche studentesse rimaste. La provincia di Nampula, assieme a quella di Cabo Delgado, è vittima dell’instabilità causata dalla presenza di gruppi terroristici che si richiamano allo Stato Islamico. Suor Maria conosceva bene i rischi, ma non ha mai smesso di denunciare le ingiustizie subite dalla popolazione. Mons. Sithembele Sipuka, Presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa meridionale (SACBC), in un messaggio di condoglianze sottolinea che “suor Maria si unisce a tante vite innocenti che sono state brutalmente stroncate… la sua è stata la morte di una martire, perché non ha abbandonato i poveri anche in questi tempi difficili”.

    Ed è proprio questo un punto centrale: è giusto e doveroso ricordare il sacrificio di chi dona la vita, ucciso per il servizio ai più poveri e dimenticati o per il servizio alla verità e alla giustizia, compiuto senza piegarsi ai soprusi. Ma rischia di diventare un ricordo fine a se stesso, se non si ha anche il coraggio di chiedere giustizia e verità, di indagare le cause delle loro uccisioni violente, dovute a un sistema di ingiustizia che miete tante più vittime fra le popolazioni locali, indifese e che non hanno nemmeno i riflettori del mondo a illuminare il loro calvario quotidiano. Faremmo un torto per primi ai missionari e alle missionarie uccisi, se ci limitassimo a celebrare il loro martirio, dimenticando di ricordare le popolazioni che hanno servito e aiutato in vita, impegnandoci fattivamente perché possano vivere in pace e con dignità.

    Giusy Baioni

  • Vita Comune
    Giovani 2023

    Lo stile cristiano del vivere

    Vita Comune Giovani 2023

    Una settimana di vita insieme nella quale approfondire le dimensioni della vita cristiana mettendoci in gioco per scoprire qualcosa di incredibile e inaspettato

    Dal 26 marzo al 1 aprile presso l’Oratorio di San Giorgio

    Se sei interessato iscriviti su Sansone

  • San Giuseppe, l’arte di essere padre

    San Giuseppe, l’arte di essere padre

    Oggi, festa dei papà, riscopriamo la figura del padre terreno di Gesù, modello di virtù umane e religiose, attraverso un capolavoro dell’arte lombarda

    Capita spesso di emozionarsi di fronte all’immagine cara e familiare della Madonna col Bambino. Per questo innumerevoli sono le raffigurazioni di Maria che regge il piccolo Gesù: testimonianza straordinaria del Mistero del Dio che si fa uomo per amore e allo stesso tempo esperienza a tutti comune .

    Giuseppe in tutto questo rischia di rimanere in disparte: presente in ogni Natività, ma come in secondo piano, nell’ombra. Lui che è padre, ma putativo. Lui che deve accettare qualcosa che va al di là dell’umana comprensione. Lui che, in quelle poche pagine dei Vangeli in cui compare, non dice una parola. Obbediente, fiducioso, premuroso.

    Per questo vogliamo proporre una sua immagine artistica particolare, dove per una volta non è Maria a tenere in braccio il Bambino Gesù, a cullarlo, a rimirarlo, ma proprio lui, Giuseppe.

    Nel Museo Diocesano di Milano, è conservato un dipinto di struggente bellezza (raffigurato qui a lato), capolavoro del pittore bolognese Guido Reni.

    Giuseppe è raffigurato in piedi, mentre sorregge il Divino infante, nudo e libero dalle fasce, che giace quieto, come nella mangiatoia di Betlemme. La testolina di Gesù e il profilo del padre putativo si stagliano sullo sfondo di un paesaggio montano, con la diagonale della cresta che separa e unisce cielo e terra, richiamando così la duplice natura del Cristo, vero uomo e vero Dio.

    Ogni singolo dettaglio è sorprendente in questa magnifica tela: il roseo e realistico incarnato del neonato; la resa del panneggio del mantello dell’uomo; il virtuosistico effetto dei ciuffi argentati della barba e dei capelli; fino alla scena della fuga in Egitto, che si scopre inaspettatamente dietro alle spalle di Giuseppe.

    L’opera databile attorno al 1630, può essere considerata la prima di una serie di quadri con san Giuseppe che “culla” il Bambin Gesù, realizzati fino agli ultimi anni e oggi conservati all’Ermitage di San Pietroburgo e in altre collezioni.

    A ben osservare il quadro milanese, tuttavia, si può cogliere come, oltre alla dolcezza della scena, vi sia come una nota malinconica, quasi un fremito di timore. Giuseppe e Gesù, del resto, non si stanno guardando negli occhi. Mentre il Cristo leva gli occhi al cielo, infatti, quelli del padre putativo sembrano fissarsi in un pensiero tutto interiore, come una premonizione: una sensibilità che qui sembra manifestarsi anche in Giuseppe, quasi concentrato sul destino di questo “figlio”, porgendolo inconsciamente alla nostra contemplazione nel gesto dell’offerta sacrificale…

  • Il tunnel del divertimento

    Il tunnel del divertimento

    Nel tentare Gesù, il diavolo lo invita anche a buttarsi dal punto più alto del tempio: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». A parte l’uso distorto di un Salmo, il tentatore invita Gesù a un gesto tanto
    spettacolare quanto inutile. Non sappiamo se l’esperimento sarebbe riuscito: come credere a un menzognero e manipolatore? Ciò che sappiamo è che di fronte ai miracoli più clamorosi di Gesù – guarigioni, moltiplicazioni di pani, acqua trasformata in vino, risurrezioni…– c’era chi giungeva a credere con maggiore forza, chi insisteva nella scelta di non credere, chi se ne andava indifferente.

    E infatti i miracoli di Gesù, come quelli degli apostoli oppure legati alle apparizioni di Maria o alla proclamazione di Santi e Beati, non sono spettacoli per attrarre consenso né prove inconfutabili della fede, ma segni, affinché ciascuno rientri in se stesso e decida quale valore dare alla presenza di Gesù nella sua vita e come orientarla nella direzione dell’amore che Gesù ha insegnato e praticato.

    L’opera diabolica è di bloccare il percorso esclusivamente a ciò che è spettacolare, divertente, superficiale, appariscente, stupefacente (in tutti i sensi!). Stravolti dalle fatiche quotidiane del lavoro, da impegni familiari, dalle paure indotte da malattie e guerre, dalle incognite sul futuro, l’evasione potrebbe diventare il primo desiderio e criterio fondamentale di scelta. D’altra parte nel nostro mondo quasi tutti hanno le possibilità economiche per raggiungere questo risultato. Che alla fine potrebbe esprimersi solo in una gioia sguaiata e ridanciana, con il retrogusto amaro di essere rimasti alla superficie anche di ciò che avrebbe dovuto essere piacevole.

    Certo, molti affrontano responsabilmente i momenti dell’evasione: è giusto andare in vacanza, ascoltare musica, organizzare bei banchetti, giocare a carte, appassionarsi per lo sport ecc. In genere questi hanno già affrontato altrettanto responsabilmente il resto della settimana.

    Preoccupa invece veder idolatrare modelli da paese dei balocchi, dove nulla è serio e tutto viene buttato sul ridere o sul piacere effimero; dove l’apparenza conta più della verità: ci si butta dalla torre, ma ci si schianta al suolo in una vita dove nulla ha senso.

    (Il tunnel del divertimento cita una divertente sigla di Zelig di tanti anni fa).

  • Terza settimana di Quaresima

    Terza settimana di Quaresima

    Vivere da figli

    Si dice spesso che fare il genitore non sia il mestiere più facile del mondo. E probabilmente è vero. Spesso, però, anche vivere da figli non è altrettanto semplice.

    Corriamo il rischio di confondere la nostra posizione, e vivere come schiavi, più che come figli. Spesso riteniamo che siamo oggetto del “destino” o delle scelte che Dio fa per noi. Spesso cadiamo nell’amare i doni che ci vengono consegnati, piuttosto di colui che ce li consegna.

    Ci dimentichiamo che Dio ama la nostra libertà più di ogni cosa al mondo. È un
    padre che vuole essere amato per ciò che è, per ciò che rappresenta nella nostra
    vita. E’ un padre che ci riempie di doni, che sa che spesso e volentieri ci allontaniamo da lui e come figli ingrati pretendiamo che ci vengano esauditi desideri
    senza dare nulla in cambio. “Voi mietete ciò che altri hanno seminato” ci ripete Gesù nel Vangelo.

    È questo può essere il paradigma dell’amore di Dio, amore di padre che si preoccupa costantemente per i propri figli, anche quando sono lontani, e che
    ogni volta che ci allontaniamo da Lui, ci aspetta con trepidazione, con un amore
    viscerale che non conosce confini. Amore di un padre che si dona completamente per i propri figli; padre disposto ad educare, ad ascoltare, a farsi presente in maniera silenziosa e discreta.

    In questa settimana vogliamo meditare sulla preghiera più semplice e importante
    che ci è stata consegnata direttamente da Gesù: una preghiera che inizia proprio
    con l’appellativo di “padre nostro” per indicare la figliolanza che abbiamo tutti grazie a Gesù.

    Vogliamo prenderci qualche minuto nelle nostre giornate per recitare questa preghiera che ci avvicina a Dio più di ogni altra preghiera, lentamente e meditando
    ogni parola che contiene, per comprendere che spesso non è necessario esternare soliloqui, ma basta un semplice “Padre nostro” per sentirci davvero uniti a Lui.

  • Gesù insegnaci a pregare

    La Quaresima viene definita come il tempo “forte”, o come un periodo in cui la liturgia o le tradizioni ci propongono penitenze o fioretti di vario genere . O ancora un periodo in cui ricorrono e si ripetono diversi termini consueti quali rinuncia, sacrificio, deserto, passione, ecc… Noi ne abbiamo scelti 3, preghiera, silenzio e conversione e in queste settimane ne proponiamo una riflessione e una attualizzazione nella concreta vita quotidiana di ogni cristiano.

    Cosa ci dicono oggi queste parole? Sono portatrici di valori e stili di vita che hanno ancora un significato ai nostri giorni? O sono solo un retaggio del passato e del superficiale “si è sempre fatto così”?

    Siamo entrati nel tempo della Quaresima, periodo che ricorda i quaranta giorni di Gesù nel deserto, dove venne “condotto dallo Spirito per essere tentato dal diavolo” (Mt 4, 1).

    È in questo tempo che Gesù si prepara a vivere la sua missione nel mondo, è qui nella solitudine, nel silenzio che lo circonda, fuori dal rumore del mondo, che Gesù vince la SUA battaglia con il male. I Vangeli narrandoci la vita del figlio unigenito, parlano anche alla nostra vita.

    Anche noi possiamo vivere questi quaranta giorni, il nostro tempo di deserto, tornando a scegliere di vivere da: “Figli del Padre vostro celeste…” (Mt 5,45). Solo da questa consapevolezza (sentirsi figli), può nascere un dialogo, un affidamento fiducioso, la speranza che la nostra vita non è un insieme di cellule che vivono fino ad esaurirsi e poi più nulla! Siamo fatti per l’eternità… Eppure tutto questo troppo spesso facciamo fatica a crederlo o ricordarlo… è più facile che prevalga l’immagine di Dio come qualcuno che ci giudica, che ci chiede di fare cose che non comprendiamo, troppo lontano da noi, dalle nostre vite reali, piene di cose
    da fare e di problemi che non possono coinvolgere un Dio così lontano!

    I discepoli che seguivano Gesù, il “Maestro”, rimasero stupiti vedendolo pregare in questo modo: “Dopo aver congedato la folla, salì sul monte in disparte per pregare. E, fattosi sera, era là tutto solo” (MT14,23). Capivano però che da quella preghiera, da quel continuo rapporto intimo con il Padre, Egli traeva la propria forza. Ogni volta che doveva prendere una decisione importante, prima di una scelta, quando sentiva il bisogno di ritrovare la forza, di riposarsi un poco…la preghiera era la costante che gli permetteva di proseguire il cammino, il suo aiuto, il suo rimedio, il suo sollievo.
    Così gli domandarono: “…Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”. Ed egli disse loro: “Quando pregate, dite: Padre,…” (Lc 11, 1-2). Comincia così l’unica preghiera che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli,
    e che ancora oggi noi ripetiamo dopo 2000 anni. Nel vangelo di Luca, questa prima invocazione nasce dal cuore stesso di Gesù che sceso dalla montagna condivide con i suoi amici quello che ha vissuto nella sua preghiera. La prima parola che
    insegna Gesù è come chiamare DIO: “Padre (Abbà)” (il modo con cui i figli chiamano il Papà in famiglia, nell’intimità).

    Questo è il nome di Dio! Questo ha insegnato il Figlio da sempre unigenito ai suoi discepoli e a noi: sentirci figli come lo è Lui, amati da Colui che ci conosce da sempre e può vedere e comprendere cosa abita nel profondo del nostro cuore. Se
    riuscissimo a vivere così il nostro rapporto con Dio potremo trasformare la nostra preghiera in un vero dialogo d’Amore con Lui che ci chiede solamente di lasciarci amare.

    Fabrizio Zo

    LA PREGHIERA È IL RESPIRO DELL’ANIMA, SENZA IL RESPIRO CESSO DI VIVERE.
    Che significato può avere per te questo modo di vedere il senso della preghiera? È attuabile nella nostra vita quotidiana?

    PREGARE È METTERSI NELLE MANI DI DIO COSI’ COME SIAMO, con i nostri dubbi, i nostri bisogni, le nostre gioie e i nostri momenti di sconforto e delusione. E’ vero questo aspetto per te?

    SE MI AFFIDO A DIO NELLA PREGHIERA POSSO SENTIRE IL SUO CONFORTO, LA SUA PRESENZA.
    Spesso invece si sente dire ho pregato ma Dio non mi risponde: il grande mistero del silenzio di Dio.

  • Cresime adulti 2023

    Cresime adulti 2023

    Con la Cresima inizia il tempo della vita cristiana professata e testimoniata nella comunità.

    É il tempo della missione: col dono dello Spirito si è pronti a “prendere il largo”, a uscire, a rendere ragione della fede ricevuta. I cresimati sono i nuovi “discepoli-missionari”, «viandanti della fede, felici di portare Gesù in ogni strada, in ogni piazza, in ogni angolo della terra!» in famiglia, sul posto di lavoro e nella società, per una vita di fede che si apre al mondo.

    Gli incontri si terranno a Desio presso la Parrocchia dei Santi Siro e Materno (via Conciliazione, 2)
    e proseguiranno fino a maggio.

    PRIMO INCONTRO: Che cosa cercate? Giovedì 16 marzo, h.21